I vantaggi di uno spostamento della City da Londra a Milano
Articolo pubblicato da L'Unità.
I “profughi” di Canary Warf valgono il 10% del Pil della Città Metropolitana. È questa la ricchezza che potrebbe essere trasferita da Londra a Milano nei prossimi 5 anni a seguito della Brexit. Una stima che potrebbe rivelarsi addirittura prudenziale rispetto ai valori in gioco ma la cui cifra reale dipende dalla volontà politica del Governo italiano e dall’audacia e velocità dell’amministrazione comunale di Milano.
A giudicare dalla reazione di Beppe Sala dopo il referendum del 23 giugno le condizioni sembrano essere molto favorevoli.
Il neo sindaco di Milano ha infatti dichiarato che “la posta in gioco riguarda la possibilità di attrarre a Milano istituzioni finanziarie che potrebbero migrare dalla City per servire meglio i loro clienti europei. Dobbiamo candidarci subito a ospitare l’Autorità bancaria europea (Eba)”.
Il neo sindaco di Milano ha infatti dichiarato che “la posta in gioco riguarda la possibilità di attrarre a Milano istituzioni finanziarie che potrebbero migrare dalla City per servire meglio i loro clienti europei. Dobbiamo candidarci subito a ospitare l’Autorità bancaria europea (Eba)”.
Ma quale potrebbe essere l’impatto di uno spostamento della City di Londra a Milano? In base agli studi elaborati dalla società di consulenza PWC per conto del Comune di Londra nella primavera di quest’anno, la Brexit potrebbe costare una perdita complessiva di PIL, entro il 2020, tra 55 e 100 miliardi di sterline rispetto ai valori del 2015. Limitandosi al sole settore finanziario, la perdita di PIL sarebbe tra 7 e 12 miliardi di sterline. A questo si aggiunga che ammonta a 300 miliardi di euro, pari al 12% del Pil britannico, la ricchezza generata ogni anno dalla City mentre sono 360mila i dipendenti di società della filiera dell’industria finanziaria impiegati a Canary Warf, il distretto finanziario della città.
Per raggiungere questo obiettivo Milano dovrà tuttavia affrontare un’agguerrita concorrenza. A cominciare da Dublino, Paese anglofono a due passi da Londra che ha un’aggressiva agenzia nazionale per gli investimenti e un hub finanziario che esiste dagli anni ’80 soprattutto nel campo del risparmio gestito (hedge fund), del trading e dei servizi per la clientela retail (back office). Poi c’è Parigi dove è già presente un importante distretto finanziario.
Il Presidente dell’Ile-de- France, Valérie Pécresse, subito dopo la Brexit ha dichiarato di essere “pronta ad accogliere tutti coloro che vogliono tornare in Europa”. “Benvenuti nella Regione di Parigi – ha poi aggiunto – la nuova Londra”. Infine Francoforte la cui Borsa si è da poco apparentata con quella di Londra, e di cui fa parte anche Milano, il principale hub finanziario d’Europa fuori dal Regno Unito.
Ma quali sono i principali vantaggi che può mettere in campo Milano? Per prima cosa un’anima storicamente “mercantile” della città forte tanto quanto quella Londinese. Aggiungiamo una qualità della vita decisamente migliore e affitti molto più bassi. Pensiamo ad esempio che nei grattacieli di Canary Warf si paga sino a 1.200 euro al mq all’anno contro i 350-500 di Milano.
Per l’accoglienza delle società e dei manager provenienti dalla City c’è la disponibilità di importanti aree a due passi dal centro da trasformare (lo scalo di Porta Romana per esempio) o più periferiche, ma di grande qualità e accessibilità, come Area Expo e Cascina Merlata. Non trascuriamo infine la presenza di Università economiche, tra le prime in Europa, che possono alimentare di giovani talenti i desk delle società finanziarie.
Se Milano dovesse riuscire quindi a intercettare, entro il 2020, anche solo il 10% del PIL perso dal Londra si tratterebbe di una cifra tra 6 e 12 miliardi di euro, pari al 10% del Pil attuale della Città Metropolitana.
Probabilmente il più grande catalizzatore di crescita dai tempi del dopoguerra.
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