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Più crescita e innovazione, sicurezza e migration compact

Written by Matteo Renzi.

Matteo Renzi
Lettera pubblicata dal Sole 24 Ore.

La più grande sconfitta degli ultimi anni – il no al referendum britannico – può diventare l’occasione più interessante per il rilancio del disegno europeo. Suona come un paradosso, lo so. Ma è la realtà. «Europa, svegliati», titola Il Sole 24 Ore il suo editoriale di ieri. Ci siamo svegliati male, venerdì mattina. Tutti. I primi messaggini che ricevevo, non da addetti ai lavori, avevano lo stesso tenore: che impressione! Impressione, emozione, sentimento.
Non un calcolo razionale sui problemi dei mercati o sulle questioni giuridiche di questa separazione: che impressione! Perché dopo aver aperto le porte a tanti Paesi, dai sei fondatori dei Trattati di Roma del 1957, per la prima volta qualcuno se ne va. E se quel qualcuno è il Regno Unito lo shock è ancora più forte.
Proviamo a svegliarci, allora. A svegliarci meglio di venerdì.
L’Europa è la nostra casa. La casa in cui viviamo, ma anche la casa che lasceremo ai nostri figli. La casa che non è solo un luogo fisico ma – come tutte le case – un mix di emozioni e sentimenti che non si possono spiegare con le parole. Questa casa ha bisogno urgente di essere rinfrescata, ristrutturata, rimessa a posto.
L’Italia lo dice da qualche anno. Lo dice sull’immigrazione, sulla crescita, sull’innovazione, sulla sicurezza interna. Su alcuni punti abbiamo registrato oggettivi passi in avanti. Ma adesso è tempo di muoverci con ancora più determinazione. La sconfitta britannica lo permette e per certi versi, addirittura, lo impone.
L’Europa ci ha regalato settant’anni di pace che questo territorio – nella storia – non aveva mai conosciuto. È una comunità di oltre 400 milioni di persone, tra le più innovative del mondo. È un punto di riferimento per la sua cultura, per i suoi valori, per i suoi ideali. L’Europa c’è. Non è finita giovedì nel voto di qualche quartiere inglese devastato dalla crisi della manifattura e dalla mancanza di speranza nel futuro. L’Europa non è finita, c’è. Va solo liberata dal risentimento, dalle procedure, dalle miopie. Deve riprendersi la propria identità.
Le politiche di austerity hanno cancellato l’orizzonte. Hanno trasformato il futuro in una minaccia. Hanno spinto alla paura.
Tenere i conti in ordine è un valore. Un dovere. Qui nessuno fa il tifo per le cicale contro le formiche. Ma senza crescita non c’è lavoro. Senza investimenti non c’è domani. Senza flessibilità non c’è comunità.
L’immigrazione non può essere senza limiti, è ovvio. Ma nessun muro ci salverà dal mondo che preme fuori dal nostro perimetro. Ecco perché occorre un Migration compact finanziato con strumenti innovativi, che ci porta a investire in Africa, creando le condizioni perché da quelle terre non si parta in massa verso la nuova presunta Terra promessa.
Le regole servono, ovvio. Senza un patrimonio normativo chiaro vince l’anarchia. Ma la prima regola deve essere il buon senso: viviamo un periodo di crisi europea. Lavoriamo sul come uscirne senza cedere ai pregiudizi burocratici di chi dice quasi sempre: non si può.
La sicurezza è un problema. Stare insieme, condividere le informazioni, cooperare a livello internazionale, avere una politica unitaria di difesa non è un segnale di debolezza, ma di forza. E farlo seguendo il principio italiano per cui per ogni euro investito in sicurezza deve corrispondere un euro investito in cultura è oggi una necessità assoluta. I killer degli attentati nelle nostre città sono cresciuti nelle periferie europee, non lontano da noi.
L’Italia c’è. Verrebbe da dire, l’Italia è tornata. Le riforme di questi anni infatti – dal mercato del lavoro alle riforme istituzionali, dai diritti alle tasse – ci hanno consegnato la stabilità che non è un valore, ma la pre-condizione per poter essere competitivi. Il passaggio referendario che ci attende acquisisce un significato ancora più importante, adesso: è lo spartiacque tra un sistema solido che favorisce la governabilità e l’incertezza permanente. Come ha ricordato il presidente di Confindustria Boccia: con un no al referendum di ottobre, l’Italia torna in recessione.
Ma la vera sfida è quella di aiutare l’Europa a recuperare smalto, energia, ideali. Con questo spirito ieri a Parigi, domani a Berlino, martedì a Bruxelles dovremo portare il senso di responsabilità e il coraggio che hanno contraddistinto per anni gli italiani.
Perché alla fine dei conti svegliarsi per l’Europa significa semplicemente tornare se stessa: una terra che ha scelto la pace perché i suoi padri avevano conosciuto la guerra. Che ha investito sulla crescita perché i suoi padri avevano conosciuto la fame. Che costruisce i ponti perché sa quanto male hanno fatto i muri. E che deve riprendersi gli ideali, non solo i parametri e i vincoli.
Ci proveremo con tutta la nostra forza. Viva l’Italia, viva l’Europa.
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