Beppe Sala sindaco
Una decina di minuti dopo la mezzanotte Milano ha il suo nuovo sindaco: è Beppe Sala.
I voti dicono che a entrare a Palazzo Marino è Mr Expo. Lo hanno votato 264mila elettori, il 51.7% dei milanesi.
Il candidato del centrodestra Stefano Parisi si è fermato al 48.3%, 17mila voti in meno rispetto al vincitore, al primo turno, invece, la distanza tra i due era stata risicatissima: solo 5mila voi.
Al ballottaggio hanno votato in 521.560, cioé il 51,8% dei cittadini, un dato più basso rispetto al primo turno quando l'affluenza alle urne era stata del 54.6%.
I voti dicono che a entrare a Palazzo Marino è Mr Expo. Lo hanno votato 264mila elettori, il 51.7% dei milanesi.
Il candidato del centrodestra Stefano Parisi si è fermato al 48.3%, 17mila voti in meno rispetto al vincitore, al primo turno, invece, la distanza tra i due era stata risicatissima: solo 5mila voi.
Al ballottaggio hanno votato in 521.560, cioé il 51,8% dei cittadini, un dato più basso rispetto al primo turno quando l'affluenza alle urne era stata del 54.6%.
"Ce l'abbiamo fatta" scrive su Twitter il vincitore quando gli è chiaro che la rimonta del suo avversario è ormai impossibile. Poi ai suoi sostenitori dice commosso: "Ora lavoreremo perché tutte le promesse fatte in campagna elettorale diventino realtà. Sentirsi portatori di speranza è gratificante e io mi sento così a Milano". Il primo impegno da sindaco? "Andrò in un asilo a mangiare con i bambini, perchè bisogna ripartire dai bambini". E poi "le periferie, che sono la mia ossessione". Intanto però Mr Expo lascia il quartier generale ed entra a Palazzo Marino insieme all'ormai ex sindaco Giuliano Pisapia. Centinaia di persone lo aspettano, lo festeggiano e cantano "Bella ciao". "E' una grande emozione - ha detto Sala - ma per come sono fatto io sto già pensando alle cose da fare. Altri cinque anni di governo aiuteranno a completare quello che è stato fatto nei cinque anni precedenti".
Fonte Repubblica.
Il ritratto di Beppe Sala fatto da Repubblica:
http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/06/19/news/ballottaggio_milano_risultati_sindaco-142378531/ Dal Decumano a Palazzo Marino. Beppe Sala l'ha ripetuto spesso, in questa lunga corsa. Lo ha spiegato anche lì, nel suo primo discorso da sindaco di Milano: "Ho fatto tante cose complesse nella mia vita, ma mai come in questo caso ho capito quanto sono importanti gli altri". Perché è questo, raccontava agli amici alla vigilia del voto, che gli ha insegnato la politica: quanto avere a che fare con il bene pubblico, ti carichi di responsabilità. E così, a 58 anni appena compiuti, il manager cambia ancora pelle. Ed entra in Comune - questa volta indossando la fascia tricolore - dove era già stato da city manager dal 2009 al 2010 con Letizia Moratti, prima di essere chiamato a quella che finora era stata la sua maggiore impresa: prendere in mano le redini di un'Esposizione universale che rischiava di non decollare neppure, conducendo - nonostante i ritardi iniziali, le difficoltà, le inchieste giudiziarie - la barca in porto.
E' Expo che gli ha regalato la notorietà. Per tutti, in fondo, da allora Giuseppe Sala è diventato Beppe, come già lo chiamavano gli amici. Ed è da allora che il manager ha anche incarnato quel motto - "Sono Beppe, risolvo i problemi", versione brianzola del Mr Wolf di Pulp fiction - diventato lo slogan della sua campagna. Perché c'è un altro tratto che Sala - nato a Milano, ma cresciuto a Varedo dove il padre Gino aveva un'azienda di arredamento - ha sempre sottolineato: "L'ossessione per il lavoro". Un'etica meneghina del fare che, promette, porterà anche a Palazzo Marino. Eppure, chi lo conosce bene sa che Sala non incarna l'immagine del manager freddo. E a dimostrarlo c'è la sua propensione a infiammarsi facilmente, ancora di più quando qualcuno si scaglia contro Expo, la sua creatura. A Milano Sala - che ama la cotoletta, tifa Inter, è sposato con Dorothy e vive a Brera, a due passi dal tracciato storico di quei Navigli che vorrebbe riaprire - è arrivato per studiare alla Bocconi, dove si è laureato in Economia aziendale nel 1983. Da allora, sono state le aziende la sua seconda casa. A cominciare dalla Pirelli del vecchio Leopoldo, che diventerà il suo maestro e modello di manager. E' lì che Sala sbarca appena uscito dall'università. Ed è lì che fa tutto il cursus honorum, dal controllo di gestione fino ai vertici del settore pneumatici. "Una scuola di vita", ricorda spesso lui. Fino a quando nel 2001, Marco Tronchetti Provera scala Telecom e lui diventa prima chief financial officer di Tim e poi direttore generale del colosso telefonico. Ma l'esperienza finisce nel 2006, quando Sala entra in rotta di collisione con il giovane rampante Riccardo Ruggiero. Un'altra porta che si chiude: il manager lascia un posto di prestigio e uno stipendio da diversi zeri e apre un altro capitolo della sua vita. Per circa due anni fa il consulente e lavora anche per la multinazionale giapponese Nomura. Poi il passaggio dal privato al pubblico, il momento cruciale della sua carriera. Luciana, la storica assistente personale dell'allora sindaco Letizia Moratti, lo chiama per fissare immediatamente un appuntamento. "Vento permettendo, sono a Milano tra sette o otto giorni", risponde lui. Che in quel momento è in mezzo all'oceano Atlantico, impegnato in una regata con gli amici. E' la fine del 2008 e Palazzo Marino ha bisogno di un direttore generale in grado di rimettere ordine tra i tanti dossier aperti. Prima di allora e del colloquio che all'inizio del 2009 lo fa approdare in piazza Scala, Sala non aveva mai conosciuto Moratti. A suggerire il suo nome fu Bruno Ermolli: i due si erano conosciuti ai tempi di Telecom, quando il manager era l'uomo di fiducia di Tronchetti ed Ermolli quello di Silvio Berlusconi. Comincia così l'avventura da manager pubblico. Anche se l'intesa con Moratti finisce presto. Il maggior punto di attrito: un piano ideato da Sala e chiamato con l'ambrosianissimo nome di "Ambrogio" per creare una holding che gestisse al meglio le società municipalizzate. Tutto bloccato dal centrodestra. E così, nel giugno del 2010, arriva a Expo. Sala sostituisce Lucio Stanca, l'ex ministro e amministratore delegato di una spa che arranca. Ha un compito: passare alla fase operativa, dare solidità ai conti, trovare sponsor, aprire i cantieri. Non è un compito facile anche perché, nel 2014, un anno prima dell'apertura, arrivano le inchieste che travolgono alcuni manager della società. Potrebbe essere la fine. Sala pensa alle dimissioni. Tutti, a cominciare dal sindaco Pisapia, le respingono. La svolta, però, arriva una domenica mattina con la telefonata dell'ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che lo invita a resistere. E così fa. Il governo interviene, e manda il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone a vigilare su bandi e contratti. Gli arresti dei suoi collaboratori, ricorda, sono stati uno dei momenti più duri. Anche se la vera prova, in fondo, per lui era arrivata ai tempi di Pirelli: la notizia avuta a 40 anni di avere il linfoma di Hodgkin, lo stesso tumore che aveva portato via sua padre. E' stata la battaglia contro la malattia, ha spiegato, ad averlo cambiato. Il resto è storia recente. Expo ce l'ha fatta, nonostante tutto. E lui, che sul Decumano ha ricevuto il mondo - da Michelle Obama a Vladimir Putin - alla fine ha detto sì, accettando il corteggiamento del centrosinistra. Lo scorso dicembre, dopo un ultimo faccia a faccia con Matteo Renzi, ha deciso di candidarsi e partecipare alle primarie. L'ex commissario straordinario vince contro la vicesindaco Francesca Balzani - appoggiata da Pisapia - e contro l'assessore Pierfrancesco Majorino. Ma la strada non è in discesa. Ci sono le perplessità della sinistra, il refrain di essere troppo simile a Stefano Parisi, le polemiche legate al suo ruolo in Expo: le accuse di non fare chiarezza sui conti dell'Esposizione, la casa in Liguria a cui ha lavorato anche un architetto di Expo, non aver denunciato nella dichiarazione fatta come manager pubblico, un'altra casa in Svizzera. Fino alle battaglie legali legate alle sue dimissioni da commissario e a una sua presunta incandidabilità. Alla fine, però, ha vinto lui.