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Guerra: mai più complici

Written by Carlo Borghetti.

Carlo Borghetti“Mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato”. E’ con queste parole che domenica scorsa, all’Angelus, il Papa ha invitato tutti, cristiani e non solo, a osservare, il 7 settembre, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria e nel mondo.
Un appello che sta registrando moltissime adesioni, da parte non solo della comunità cristiana, ma anche della società civile, associazioni e sindacati, del mondo politico (tra cui il ministro degli esteri Bonino) e di personalità come il Gran muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassou, leader spirituale dell’islam sunnita in Siria e Gregorio III Laham, patriarca grecocattolico di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti.
Ferma è stata la condanna del Papa all’uso delle armi chimiche, ma con forza ha anche ribadito che “Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!”.
“Con tutta la mia forza chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione»: questo l’appello lanciato alla comunità internazionale perché compia ogni sforzo per scongiurare l’escalation del conflitto siriano, per ricercare una soluzione diplomatica.
Era di pochi giorni fa anche la lettera appello di 250 organizzazioni della società civile araba a Putin e Obama, dove si chiedeva con urgenza alla comunità internazionale di mettere da parte le differenze e dare inizio a un processo negoziale credibile e inclusivo.
Secondo le organizzazioni, la crisi siriana rischia di destabilizzare l’intera regione mediorientale e se il conflitto proseguirà, «entro la fine dell’anno saranno 13 o 14 i milioni di persone colpite», di cui un quarto in Libano, Giordania e in altri paesi, la cui pace è minacciata dalla crisi in Siria.
Nella lettera si legge che il negoziato dovrebbe avere al centro un immediato cessate il fuoco in tutta la Siria, da parte di Governo e opposizione, con l’ obiettivo di prevenire ogni forma di violenza sui civili e sugli operatori umanitari, consentire ai civili di ricevere la necessaria assistenza umanitaria e abolire ogni divieto di spostamento di uomini e merci.
Il principale obiettivo deve essere un piano per il futuro della Siria, da adottare come road map, un processo di pace che sia trasparente e inclusivo, che garantisca l’adeguata rappresentanza di uomini e donne di tutte le diverse comunità della Siria, delle voci della società civile.
L’opzione militare in Siria sarebbe infatti destabilizzante per l’intera area, anche se l’obiettivo dichiarato è di un intervento limitato e mirato.
Quella del 7 settembre sarà una giornata importante, sarà la prima vera grande manifestazione di pace contro la guerra in Siria a cui, chiunque creda nella pace, non può tirarsi indietro, ciascuno col suo sentire e col proprio contributo.
La strada della pace è lunga, si pensi solo al fatto che che un anno fa, il 31 agosto 2012, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, dichiarava che la spesa militare globale annua, mai così alta nella storia dell’umanità, è “di 4,6 miliardi di dollari al giorno, somma che, da sola, è quasi il doppio del bilancio delle Nazioni Unite per un anno intero”.
Questo ci ricorda che l’impegno per il disarmo e la riduzione delle spese militari globali e nazionali è quanto mai attuale e non rinviabile.
Per altro in un’inchiesta pubblicata in questi giorni da Wired Italia si legge che dal 2001 il regime di Assad ha acquistato dall’Italia quasi 17 milioni di euro di armamenti, tra cui i visori per i carri armati.
Secondo i documenti ufficiali dell’Unione Europea e i dati resi disponibili dal Campaign Againts Arm Trae (Caat), l’Italia è il primo partner europeo per le spese militari del regime di Assad, cui seguono il Regno Unito, Austria, Francia, Germania e Repubblica Ceca.
Non si può più essere complici, ciascuno faccia la sua parte, perché la pace non sia solo una parola vuota.
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