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Dopo il referendum

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento a SkyTg24

Le trivellazioni entro le 12 miglia erano già state proibite dalla Legge di Stabilità, quindi, si è trattato di un referendum che avrebbe portato solo alla chiusura di alcuni impianti soprattutto di gas combustibile, di cui l’Italia ha bisogno, e che avrebbe avuto delle ripercussioni anche sull’occupazione. È stato positivo, quindi, che la maggior parte degli italiani abbia compreso l’inutilità di questo referendum. Questo non vuol dire che non andremo avanti ad investire nelle energie rinnovabili o sull’efficientamento energetico, come abbiamo fatto con l’ecobonus.
Prendiamo atto, però, che in questo Paese, ancora per un lungo periodo, una quota di produzione di energia da idrocarburi servirà e teniamoci quel poco che abbiamo, senza aprire nuovi impianti perché sono proibiti.
C’è poi una lettura politica che è stata fatta del referendum che francamente faccio fatica a capire e che credo sia anche una delle origini di questo dato: alcune forze politiche hanno cercato di trasformare questo referendum in un referendum contro il governo e, allora, si prenda atto che se questo era un referendum contro il governo, solo il 31% degli italiani è andato a votare e tra questi più di 2 milioni di cittadini hanno votato no.
Sono colpito dal fatto che anche il giorno dopo il referendum se ne dia una lettura tutta in funzione del Presidente del Consiglio. Da cittadino trovo questa discussione assolutamente incomprensibile. Sono d’accordo con il Presidente del Consiglio quando ha detto che la scelta di non andare a votare non è una scelta semplice o scontata.
Tutto, invece, viene letto dalle opposizioni come un referendum pro o contro Renzi e non penso che così facciamo un buon servizio alla democrazia.
Non voglio pensare che anche una parte del Partito Democratico abbia cercato di usare questo referendum contro il Presidente del Consiglio. Anche tra di noi dobbiamo fare una riflessione, la dobbiamo fare sul merito e sull’idea di Paese, avremo un congresso e ognuno avrà la possibilità di esprimersi ma sfruttare ogni occasione per aggiungersi ad altri per mettere in difficoltà il Presidente del Consiglio trovo che sia una cosa sbagliata.
Una lettura fortemente politicizzata non ha nulla a che fare con il referendum appena svolto. Il risultato referendario dice che la stragrande maggioranza di cittadini ha considerato questo referendum inutile e non è caduta nella trappola di considerarlo un referendum pro o contro Renzi o il Governo.
Chi ha spiegato che era un referendum contro le trivelle e per una nuova politica energetica non è riuscito a spiegarlo alle persone. Inoltre, non era neanche un referendum per costruire una nuova politica energetica perché la politica energetica che investe sulle rinnovabili è già stata messa in atto e l’Italia ha già raggiunto gli obiettivi fissati per il 2020 rispetto alla produzione e al consumo delle energie rinnovabili, senza dimenticare che abbiamo iniziato anche a chiudere le centrali a carbone e due saranno riconvertite, abbiamo investito tanto sugli ecobonus perché dobbiamo risparmiare energia. Il Governo, quindi, sta lavorando in questa direzione da tempo.
Altri hanno spiegato che era un referendum pro o contro Renzi e ancora adesso si discute di Renzi ma Renzi non ha detto “Ho vinto io”, ha detto “hanno vinto i lavoratori”.
In merito al referendum sulle riforme previsto per ottobre, invece, va considerato il fatto che il governo ha fatto della riforma costituzionale uno dei pilastri di questa legislatura, quindi, è evidente che se il referendum di ottobre fosse bocciato dai cittadini si dovrebbero anche trarre delle conseguenze politiche ma da questo a trasformarlo anche in referendum sul governo a prescindere dal merito, come si è fatto sulle trivellazioni, trovo che ce ne passi.
Dovremo mettere i cittadini nelle condizioni di capire che cosa c’è scritto nella riforma costituzionale e decidere sulla base dei cambiamenti che questa prevede.
Sulla questione dei referendum, gli esponenti di M5S dimenticano che nella riforma costituzionale (che loro non hanno votato) si introducono anche i referendum propositivi e si riduce il quorum se si raccolgono 800mila firme, proprio al fine di rilanciare questi strumenti di democrazia diretta.
Il referendum sulla riforma costituzionale ha sicuramente un valore politico, a prescindere dal Presidente del Consiglio. È evidente che questo governo ha fatto una bandiera della riforma costituzionale, del superamento del bicameralismo perfetto, della riduzione del numero dei parlamentari e della chiusura di alcuni istituti ma anche di una serie di norme sulle Regioni e sul Titolo V. Auspico che si potrà discutere nel merito di queste questioni, sarebbe stravagante se diventasse un referendum pro o contro qualcuno, vista anche la complessità della materia. C’è un’idea di Paese dentro a questa riforma costituzionale e dovremo spiegarla alle persone e cercheremo un confronto sul merito.
Se nel referendum di ottobre dovesse passare un’idea diversa rispetto al sostegno alla riforma costituzionale, è evidente che bisognerà trarne le conseguenze ma non solo il Presidente del Consiglio, perché significa che tutti non avremo saputo convincere che ciò per cui si è lavorato in questi due anni può essere un’occasione di rilancio e di fare una parte di quelle riforme di cui il Paese ha bisogno, a partire dalle istituzioni e dalla politica.
Il Presidente del Consiglio nel suo primo intervento aveva detto che l’Italia chiedeva di riformare la politica e noi avremmo dovuto essere in grado di riformarla a partire da noi stessi e dalle istituzioni. Alcune cose sono state fatte con l’abolizione del finanziamento pubblico; con la riforma costituzionale si fa un altro passo. Dovremo farlo capire agli italiani affinché le persone votino sul merito e non su Renzi.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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