Morte di una libreria, nascita di una speranza
Claudia rientra in casa, chiude la porta, si distende sul letto ed inizia a piangere a dirotto.
Ha appena visto chiudere per sempre la saracinesca dell’unica libreria rimasta nel suo quartiere.
I fatti si potrebbero, freddamente, sintetizzare così: oggi 28 febbraio 2016 chiude la libreria Feltrinelli del quartiere Corvetto di Milano. La chiusura è dettata da motivi economici, a causa delle scarse vendite. Nessun dipendente perderà il posto di lavoro.
Facciamo un passo indietro. Circa un mese fa si viene a sapere che il punto vendita Feltrinelli del Corvetto, quartiere alla periferia sud-est di Milano, chiuderà.
Claudia attiva una raccolta di firme presso la libreria, per chiedere a Feltrinelli di rivedere la propria posizione.
Altri, parallelamente, si muovono sul web: nasce l’hastag #savelibreriacorvetto e viene creata una pagina facebook.
Inizialmente le reazioni di molti sono del tipo: l’unico modo per salvare la libreria è comprare più libri, è una mobilitazione inutile!
Man mano che passano i giorni, però, le firme aumentano in modo esponenziale: è come se si fosse liberata un’energia sopita, un moto a cascata, irrefrenabile.
Diverse persone si mettono a disposizione della causa; ci si incontra, ci si conosce, ci si confronta.
Si è tutti d’accordo sul fatto che il Corvetto non è soltanto una periferia degradata (per certi aspetti lo è e nessuno vuole nasconderlo) ma è un quartiere con tante belle energie e voglia di rinascere. Un quartiere in cui spiccano valori alti come la solidarietà e la voglia di rinascita culturale.
Ognuno mette qualcosa di sé, delle sue capacità, delle sue idee o, semplicemente, del suo tempo.
Claudia si barrica per un mese intero in libreria, ferma la gente per strada, spiega, convince a firmare la petizione.
Una dedizione assoluta alla causa.
I media si interessano alla faccenda e, dopo tre settimane di mobilitazione, Feltrinelli chiede un incontro per spiegare le ragioni di una decisione non revocabile.
Lo fa in maniera molto garbata ma decisa, dando disponibilità a sostenere nuovi progetti culturali del quartiere purché siano discussi anche con le Istituzioni locali.
Si susseguono interviste ai giornali e televisioni, persino un servizio sulla Rai.
Il gruppo facebook organizza una bellissima manifestazione, un book-crossing. Più di cento persone scendono in piazza nel piazzale antistante la libreria per scambiarsi dei libri, per chiedere che non venga chiusa la libreria. Anche diverse famiglie con bambini partecipano all’evento.
Il leitmotiv che passa sui media è quello di un quartiere che c’è, che vuole progettare il proprio futuro, che non vuole più passare per una periferia degradata.
Era ora!
Nel giro di un mese, al 28/2/2016, la pagina facebook conta 528 followers ma, cosa ben più rilevante, sono esattamente ben 2585 le persone che si sono recate fisicamente in libreria per firmare la petizione e provare a salvare la “loro” libreria.
Mediamente hanno firmato 86 persone al giorno!
Ho avuto la fortuna, l’onore ed il piacere di lavorare su questo problema, insieme a persone meravigliose. Ho sentito sulla pelle l’energia di un gruppo vero, forte, fiero, libero.
Siamo stati circa in dieci a dare disponibilità per seguire in prima persona le diverse fasi ma, dietro di noi, sentivamo sempre la presenza, la forza e l’incoraggiamento di altre 2500 persone.
Ho visto le lacrime di delusione, lo sconforto per la battaglia persa!
Ricordo infatti, come fosse ora, l’espressione di Claudia, subito dopo avere appreso la notizia che non vi era nessuna speranza: la libreria avrebbe cessato di esistere il 28 febbraio!
Quell’espressione esprimeva un senso di profondo scoramento, di immensa delusione.
La magnitudo della delusione provata è pari a quella delle energie che ci hai regalato, cara Claudia, di quelle che ha liberato la tua idea, di quello che attiverà, di ciò che nascerà, se nascerà.
Un’immagine della manifestazione del book-crossing, in particolare, è rimasta impressa nella mia mente: le mani di un bambino che ha appena scambiato o scambierà il suo libro.
Quelle mani, che potrebbero essere di mio figlio come di qualsiasi altro bimbo del quartiere, mi fanno pensare che la battaglia è stata giusta: anche se abbiamo perso è stato giusto farla. Perché non sempre conta vincere o perdere; a volte, come in questo caso, conta esserci, stare insieme ad altre persone per la stessa causa. Conta sentirsi parte di una comunità che, anche con punti di vista differenti, con idee politiche diverse, desidera la stessa cosa. Una comunità che unisce le proprie forze per una buona ragione.
Mia figlia di 6 anni, quando ha saputo che la libreria ormai avrebbe chiuso, mi ha chiesto: papà ma quante firme ci sarebbero volute per non far chiudere la libreria? Se tutto il mondo avesse firmato ce l’avremmo fatta?
Ho risposto che non era una questione di firme, che quello che è accaduto è un semino piantato e che dobbiamo aspettare per vedere se germoglia. Se germoglierà verrà fuori un albero bellissimo perché è un seme portato da un vento di speranza e le speranze, si sa, soprattutto quelle dei bambini, prima o poi si avverano.
Claudia è già sveglia, sono le 5 del mattino di questo piovoso 29 febbraio 2016; dal balcone di casa sua vede la saracinesca della libreria ormai serrata. Il cielo è plumbeo, Milano, come sempre, sta rimettendosi in movimento. Le prende un nodo alla gola, si sente come svuotata: oggi non potrà raccogliere le firme, non potrà parlare del suo sogno e della sua speranza che una saracinesca non si chiuda.
Claudia però non sa ancora che, grazie al seme che ha contribuito a piantare, si è accesa una speranza, si è attivata un’energia nascosta, si è messa in movimento una giostra grippata.
Claudia non sa che sarà proprio lei ad inaugurare la nuova biblioteca del quartiere: è già scritto!
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