Dalle onde gravitazionali alle onde emozionali
Caro lettore, cara lettrice: una breve premessa.
Ciò che troverai narrato nel seguito potrà sembrarti, in alcuni passaggi (spero pochi), noioso.
Durante la lettura, se non interromperai prima della fine, ti chiederai dove voglio andare a parare e come mai riporto tutti questi pedanti dettagli pseudo scientifici.
Mia moglie Daniela (unica lettrice in anteprima delle “cose” che scrivo), senza aver potuto fruire di questa premessa, scritta solo per te, a metà della lettura mi ha proprio chiesto cosa volevo dire, dove volevo arrivare e mi ha candidamente rivelato che lo scritto, sino a quel punto, risultava anche un po’ noioso.
Ebbene, ha resistito sino alla fine: il mio racconto le è piaciuto. Così come alla fine, caro lettore, valuterai anche Tu; se avrai l’ardire di resistere alla parte più noioso-tecnico-pseudo-scientifica della storia.
Iniziamo quindi e… buona lettura!
La foto che vedi qui sotto è una delle più celebri immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble.
L’immagine, rilasciata dalla NASA il 3 giugno 2014, è il risultato di diverse fotografie raccolte tra il settembre 2003 e il gennaio 2004.
Ritrae circa 10.000 mila galassie, una piccola parte dell’universo.
Ciò che troverai narrato nel seguito potrà sembrarti, in alcuni passaggi (spero pochi), noioso.
Durante la lettura, se non interromperai prima della fine, ti chiederai dove voglio andare a parare e come mai riporto tutti questi pedanti dettagli pseudo scientifici.
Mia moglie Daniela (unica lettrice in anteprima delle “cose” che scrivo), senza aver potuto fruire di questa premessa, scritta solo per te, a metà della lettura mi ha proprio chiesto cosa volevo dire, dove volevo arrivare e mi ha candidamente rivelato che lo scritto, sino a quel punto, risultava anche un po’ noioso.
Ebbene, ha resistito sino alla fine: il mio racconto le è piaciuto. Così come alla fine, caro lettore, valuterai anche Tu; se avrai l’ardire di resistere alla parte più noioso-tecnico-pseudo-scientifica della storia.
Iniziamo quindi e… buona lettura!
La foto che vedi qui sotto è una delle più celebri immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble.
L’immagine, rilasciata dalla NASA il 3 giugno 2014, è il risultato di diverse fotografie raccolte tra il settembre 2003 e il gennaio 2004.
Ritrae circa 10.000 mila galassie, una piccola parte dell’universo.
Una galassia è un grande insieme di stelle, sistemi, ammassi ed associazioni di corpi celesti.
La “nostra” galassia è la Via Lattea, di cui fa parte il sistema solare e quindi la terra.
Le galassie più piccole, quelle rosse nell’immagine, sono circa 100, tra le più distanti mai osservate e risalgono a quando l'universo aveva “appena” 800 milioni di anni.
L’immagine stimola la riflessione sull’infinitamente grande e, per contrasto, sull’infinitamente piccolo.
È dei giorni scorsi la notizia del rilevamento sperimentale delle cosiddette “onde gravitazionali”, teorizzate da Albert Einstein nel 1915. Einstein immaginò che una qualsiasi massa in movimento sia in grado di provocare deformazioni nello spazio-tempo (perché, sappilo, in realtà viviamo in un sistema a quattro dimensioni).
Queste deformazioni, chiamate appunto onde gravitazionali, viaggiano alla velocità della luce e si espandono senza incontrare praticamente alcun ostacolo.
Non me ne vogliano gli scienziati ma, per provare a visualizzare questo fenomeno molto complesso, pensiamo ad un tappo di sughero (la massa in movimento) che si muove sull’acqua di uno stagno (lo spazio-tempo), formando onde che si espandono (le onde gravitazionali).
Gli studi di Einstein, ed in particolare la teoria della relatività, rivoluzionarono il concetto di gravità.
La gravità, per Einstein, non è una forza (attrattiva) ma una geometria. Lo spazio e il tempo non sono lo sfondo immobile, statico e assoluto in cui avvengono tutti gli eventi che ci riguardano. Lo spazio ed il tempo sono qualcosa di plastico: come una tela che si deforma quando passano sopra di essa delle masse (stelle, pianeti, ecc.).
Nella visione di Einstein, la gravità è rappresentata da uno spazio-tempo curvato in cui, ad esempio, la massa del Sole crea una specie di buca in grado di curvare la traiettoria della Terra in modo da tenerla in orbita. La figura di seguito riportata ti mostra, intuitivamente, quanto detto sopra.
La “nostra” galassia è la Via Lattea, di cui fa parte il sistema solare e quindi la terra.
Le galassie più piccole, quelle rosse nell’immagine, sono circa 100, tra le più distanti mai osservate e risalgono a quando l'universo aveva “appena” 800 milioni di anni.
L’immagine stimola la riflessione sull’infinitamente grande e, per contrasto, sull’infinitamente piccolo.
È dei giorni scorsi la notizia del rilevamento sperimentale delle cosiddette “onde gravitazionali”, teorizzate da Albert Einstein nel 1915. Einstein immaginò che una qualsiasi massa in movimento sia in grado di provocare deformazioni nello spazio-tempo (perché, sappilo, in realtà viviamo in un sistema a quattro dimensioni).
Queste deformazioni, chiamate appunto onde gravitazionali, viaggiano alla velocità della luce e si espandono senza incontrare praticamente alcun ostacolo.
Non me ne vogliano gli scienziati ma, per provare a visualizzare questo fenomeno molto complesso, pensiamo ad un tappo di sughero (la massa in movimento) che si muove sull’acqua di uno stagno (lo spazio-tempo), formando onde che si espandono (le onde gravitazionali).
Gli studi di Einstein, ed in particolare la teoria della relatività, rivoluzionarono il concetto di gravità.
La gravità, per Einstein, non è una forza (attrattiva) ma una geometria. Lo spazio e il tempo non sono lo sfondo immobile, statico e assoluto in cui avvengono tutti gli eventi che ci riguardano. Lo spazio ed il tempo sono qualcosa di plastico: come una tela che si deforma quando passano sopra di essa delle masse (stelle, pianeti, ecc.).
Nella visione di Einstein, la gravità è rappresentata da uno spazio-tempo curvato in cui, ad esempio, la massa del Sole crea una specie di buca in grado di curvare la traiettoria della Terra in modo da tenerla in orbita. La figura di seguito riportata ti mostra, intuitivamente, quanto detto sopra.
Per Einstein (e per logica) tutto ciò doveva necessariamente avere un conseguenza: se un corpo si muove dentro qualcosa deve produrre delle onde (le onde gravitazionali, appunto).
Se lo spazio-tempo si deforma al passaggio di un corpo, devono vedersi delle onde!
Ma, per 100 anni, le onde non si sono viste!
Non si sono viste perché le onde gravitazionali, per loro natura, sono di lievissima entità e la loro misura richiede strumenti tecnici e tecnologici non disponibili ai primi del novecento.
Soltanto eventi che sprigionano una straordinaria quantità di energia, come la formazione di buchi neri, ad esempio, possono essere in grado di generare onde gravitazionali misurabili con gli strumenti di cui oggi l’umanità dispone. Tuttavia, nonostante l’enormità di questi eventi, le variazioni causate da essi sono inferiori alle dimensioni di un atomo.
Parliamo un attimo dei buchi neri: un buco nero è una regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così forte e intenso che nulla di ciò che sta al suo interno può sfuggire, nemmeno la luce.
I buchi neri sono, in altre parole, dei corpi celesti in cui la materia viene trasformata direttamente in energia.
Nei buchi neri muoiono le stelle!
Le onde gravitazionali, teorizzate da Einstein, sono state rilevate in modo diretto per la prima volta da due strumenti gemelli Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (LIGO), negli Stati Uniti (a Livingston, in Louisiana, e a Hanford, nello Stato di Washington) e dallo strumento VIRGO, costruito dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dal Centre National de Recherche Scientifique, nei pressi di Pisa (Cascina) presso l’European Gravitational Observatoy.
Le onde gravitazionali rilevate sono state prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri in un unico buco nero ruotante più massiccio. I due buchi neri avevano masse rispettivamente di circa 29 e 36 volte quella del sole e sono collassati uno sull'altro dando origine a un unico buco nero ruotante più grande (circa 62 masse solari).
Le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa, durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma di onde gravitazionali.
Questa fusione tra due buchi neri, le cui onde gravitazionali sono state rilevate nei mesi scorsi sulla terra, è avvenuto più di un miliardo di anni fa ad una distanza di 1,3 miliardi di anni luce dalla terra! Cosa ci dice l’importante scoperta di questi giorni?
Innanzitutto dimostra che quanto teorizzato da Einstein nel 1915 è vero. Attraverso le onde gravitazionali sarà possibile studiare i buchi neri: l’umanità continuerà il proprio viaggio alla scoperta delle leggi del creato.
Quello che ho cercato di raccontare è, però, anche una storia di infinita grandezza e di profonda piccolezza: una storia di relatività.
Una scoperta che viene giustamente osannata come un monumento alla grandezza dell’umanità sta lì a ricordarci esattamente l’opposto: l’umanità ha impiegato milioni di anni per scoprire qualcosa che esiste sin da quando ebbe origine l’universo.
Questa storia ci conferma, ancora una volta, che l’universo tutto ed il creato in generale, rispondono a leggi matematiche. Ci racconta di come la mente di un grande uomo sia arrivata con cento anni di anticipo rispetto alla tecnica ed alla tecnologia dell’umanità intera.
Ci ricorda, con forza, che l’uomo è ben distante da Dio e che le scienze non sono altro che l’affannoso, geniale e maldestro tentativo di decifrare l’alfabeto di Dio.
L’angosciante percezione di questo infinitamente grande e dell’infinita nostra piccolezza ci invitano, probabilmente, a smetterla di attribuire eccessiva importanza a molte “cose” della nostra vita quotidiana.
Correre, accumulare ricchezze per non goderne, crederci forti o invulnerabili davanti ad altri uomini, fragili e piccoli né più né meno come di ciascuno di noi stessi.
L’infinitamente piccolo ci riporta alla nostra dimensione di vita: ci sussurra che dobbiamo godere con leggerezza delle meraviglie del creato, di ciò che i nostri occhi e le nostre menti riescono a vedere, di quello che la nostra mente riesce ad immaginare, di ciò che il nostro cuore riesce a sentire.
Viviamo ogni attimo con gioia: non lasciamoci intrappolare dalle troppe regole e convenzioni.
Perdiamoci più spesso, senza limiti, nello sguardo e negli abbracci delle persone che amiamo. Non poniamo freni alle nostre “onde emozionali”.
Impegniamoci, impegniamoci fortemente, se il nostro impegno servirà a regalare un sorriso, un sogno, una speranza, una suggestione.
Lasciamoci trascinare dalle belle letture, dall’arte, dalla poesia, da un abbraccio, da uno sguardo, da un sorriso, da tutto ciò che è leggero, come leggera è la meravigliosa esistenza che ci è stata donata.
Caro lettore, le mie congratulazioni per avere resistito!
A presto.
Se lo spazio-tempo si deforma al passaggio di un corpo, devono vedersi delle onde!
Ma, per 100 anni, le onde non si sono viste!
Non si sono viste perché le onde gravitazionali, per loro natura, sono di lievissima entità e la loro misura richiede strumenti tecnici e tecnologici non disponibili ai primi del novecento.
Soltanto eventi che sprigionano una straordinaria quantità di energia, come la formazione di buchi neri, ad esempio, possono essere in grado di generare onde gravitazionali misurabili con gli strumenti di cui oggi l’umanità dispone. Tuttavia, nonostante l’enormità di questi eventi, le variazioni causate da essi sono inferiori alle dimensioni di un atomo.
Parliamo un attimo dei buchi neri: un buco nero è una regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così forte e intenso che nulla di ciò che sta al suo interno può sfuggire, nemmeno la luce.
I buchi neri sono, in altre parole, dei corpi celesti in cui la materia viene trasformata direttamente in energia.
Nei buchi neri muoiono le stelle!
Le onde gravitazionali, teorizzate da Einstein, sono state rilevate in modo diretto per la prima volta da due strumenti gemelli Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (LIGO), negli Stati Uniti (a Livingston, in Louisiana, e a Hanford, nello Stato di Washington) e dallo strumento VIRGO, costruito dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dal Centre National de Recherche Scientifique, nei pressi di Pisa (Cascina) presso l’European Gravitational Observatoy.
Le onde gravitazionali rilevate sono state prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri in un unico buco nero ruotante più massiccio. I due buchi neri avevano masse rispettivamente di circa 29 e 36 volte quella del sole e sono collassati uno sull'altro dando origine a un unico buco nero ruotante più grande (circa 62 masse solari).
Le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa, durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma di onde gravitazionali.
Questa fusione tra due buchi neri, le cui onde gravitazionali sono state rilevate nei mesi scorsi sulla terra, è avvenuto più di un miliardo di anni fa ad una distanza di 1,3 miliardi di anni luce dalla terra! Cosa ci dice l’importante scoperta di questi giorni?
Innanzitutto dimostra che quanto teorizzato da Einstein nel 1915 è vero. Attraverso le onde gravitazionali sarà possibile studiare i buchi neri: l’umanità continuerà il proprio viaggio alla scoperta delle leggi del creato.
Quello che ho cercato di raccontare è, però, anche una storia di infinita grandezza e di profonda piccolezza: una storia di relatività.
Una scoperta che viene giustamente osannata come un monumento alla grandezza dell’umanità sta lì a ricordarci esattamente l’opposto: l’umanità ha impiegato milioni di anni per scoprire qualcosa che esiste sin da quando ebbe origine l’universo.
Questa storia ci conferma, ancora una volta, che l’universo tutto ed il creato in generale, rispondono a leggi matematiche. Ci racconta di come la mente di un grande uomo sia arrivata con cento anni di anticipo rispetto alla tecnica ed alla tecnologia dell’umanità intera.
Ci ricorda, con forza, che l’uomo è ben distante da Dio e che le scienze non sono altro che l’affannoso, geniale e maldestro tentativo di decifrare l’alfabeto di Dio.
L’angosciante percezione di questo infinitamente grande e dell’infinita nostra piccolezza ci invitano, probabilmente, a smetterla di attribuire eccessiva importanza a molte “cose” della nostra vita quotidiana.
Correre, accumulare ricchezze per non goderne, crederci forti o invulnerabili davanti ad altri uomini, fragili e piccoli né più né meno come di ciascuno di noi stessi.
L’infinitamente piccolo ci riporta alla nostra dimensione di vita: ci sussurra che dobbiamo godere con leggerezza delle meraviglie del creato, di ciò che i nostri occhi e le nostre menti riescono a vedere, di quello che la nostra mente riesce ad immaginare, di ciò che il nostro cuore riesce a sentire.
Viviamo ogni attimo con gioia: non lasciamoci intrappolare dalle troppe regole e convenzioni.
Perdiamoci più spesso, senza limiti, nello sguardo e negli abbracci delle persone che amiamo. Non poniamo freni alle nostre “onde emozionali”.
Impegniamoci, impegniamoci fortemente, se il nostro impegno servirà a regalare un sorriso, un sogno, una speranza, una suggestione.
Lasciamoci trascinare dalle belle letture, dall’arte, dalla poesia, da un abbraccio, da uno sguardo, da un sorriso, da tutto ciò che è leggero, come leggera è la meravigliosa esistenza che ci è stata donata.
Caro lettore, le mie congratulazioni per avere resistito!
A presto.
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