Vogliamo continuare a cambiare Milano
Le primarie sono una grande occasione di confronto pubblico. Vogliamo sfruttarle per raccogliere idee e proposte utili a tutti.
In questa fase stiamo delineando i punti cardine del nostro programma elettorale. Sviluppo economico, innovazione, ambiente, mobilità, efficienza amministrativa, qualità della vita, internazionalizzazione, giovani e cultura sono i temi cui stiamo lavorando.
La domande più importante di tutte, per me, è questa: “per chi vogliamo continuare a cambiare Milano?”. Quali sono i soggetti, i comportamenti e gli atteggiamenti che vogliamo favorire con la nostra azione.
Quando penso a Milano, penso ad una città in grado di abilitare chi la sceglie. Penso a una città che rende possibile che le cose accadano. Sono convinto che per rendere questa città ancora più bella, attrattiva, dinamica e solidale occorra scommettere su chi già sta scommettendo su se stesso, e sul futuro.
In questi anni di lavoro ho imparato che ogni passaggio di carriera o contesto porta con sé una nuova sfida. Sempre si avverte una tensione tra chi genera valore (economico, sociale, ambientale) e chi lo consuma, tra chi è orientato al raggiungimento di un risultato o all’acquisizione di un diritto e chi è orientato alla conservazione di uno status, tra chi costruisce relazioni e comunità e chi prospera sul rancore, tra chi investe sulla cultura, sugli spazi pubblici e sulla condivisione di competenze e opportunità e chi preferisce che bellezza e saperi siano appannaggio di pochi.
Di fronte a questa scelta di campo, non ho dubbi. Se vogliamo che questa città continui ad essere dinamica e vitale dobbiamo investire sui settori più intraprendenti ed innovativi della città, facendo sempre attenzione a tenere le porte aperte per i protagonisti dei prossimi 5, 10 o 20 anni. Quelli che ancora non conosciamo, semplicemente perché oggi si stanno formando nelle scuole o nelle università. O a perché al momento vivono in un’altra città o in un altro Paese. E noi dovremo essere in grado di offrire a tutti opportunità di crescita.
Se ci pensate, gran parte delle cose belle accadute da questi ultimi 5 anni sono determinate da un solo elemento: la giunta Pisapia ha saputo risvegliare la città, dimostrandosi aperta al dialogo con tanti interlocutori diversi e investendo sui portatori sani di buone progettualità.
Per continuare su questa strada ci sono tante azioni da mettere. Ma il primo passo è costruire un’alleanza contro tutte le forme di rendita. E’ questa la principale alleanza politica che mi interessa.
Per continuare a crescere Milano deve essere sempre più una città capace di offrire opportunità a chi la sceglie, a chi si assume dei rischi, a chi innova, a chi genera valore, non solo economico ma anche sociale.
Solo in questo modo sarà possibile proseguire quel percorso di crescita che ha trasformato la città in questi ultimi anni.
Ma cosa vuol dire per una città abilitare opportunità? Come cambia il ruolo della Pubblica Amministrazione? In questi giorni mi capita di ripetere spesso che Milano è un cavallo che corre, che ci chiede nutrimento per continuare a correre. Ci credo davvero. La città è piena di risorse ed energie che riescono a produrre risultati straordinari, tanto in campo economico che sociale.
Dobbiamo però riuscire a metterle pienamente a frutto. Perché ci sono ancora troppe opportunità che ancora non vengono colte o nemmeno create. Tanti talenti, specialmente giovani e donne, che non hanno l’occasione di esprimersi.
Da soli, contando esclusivamente sulle risorse che il Comune di Milano ha a disposizione, rischiamo di non essere all’altezza delle sfide economiche, ambientali e sociali che abbiamo di fronte. Se invece immaginiamo di non dover essere solo dei fornitori di servizi, ma degli abilitatori di azioni individuali e collettive, allora possiamo sperare di farcela.
In questo scenario la pubblica amministrazione deve essere qualcosa di più di uno sportello dove mettersi in fila. Dobbiamo avere la capacità di definire una direzione di sviluppo; rendere disponibili tutte le informazioni possibili relative alle condizioni di contesto; definire un quadro di regole il più possibile semplici; facilitare il compito di chi innova; favorire l’assunzione di rischi e una molteplicità di sperimentazioni; imparare a coinvolgere cittadini attivi, università, imprese, associazioni e organizzazioni di volontariato, dipendenti pubblici tanto nella definizione degli obiettivi che nella ideazione ed erogazione di servizi; impegnarsi a favorire la massima apertura e trasparenza di tutti i processi, rendicontato i risultati ottenuti.
Una pubblica amministrazione moderna può e deve essere capace di rendersi utile. Investendo sul protagonismo di chi vive la città; creando le condizioni perché differenti forme di attivazione siano possibili. Per far questo dovremo decidere su quali infrastrutture puntare, su quali competenze è più utile investire, quali servizi potenziare e quali riorganizzare, quali tipologie di finanziamento cercare per generare effetti migliori in termini sociali e ambientali, che tipologia di imprenditoria favorire e così via. E’ sulla qualità delle nostre scelte che ci giochiamo il nostro futuro. E dobbiamo esserne tutti consapevoli.
Milano oggi è ad un bivio e dobbiamo tutti esserne consapevoli. La città ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per resistere durante i lunghi anni della crisi ed è oggi tra le poche aree urbane italiane in grado di tornare a trainare il Paese. In questi anni, lo abbiamo già detto più volte, Milano è rifiorita sotto molti aspetti. Il 2015 in particolare ha svelato all’Italia e al mondo quanto alto ancora sia il prestigio di cui godiamo. Gli stessi milanesi hanno riscoperto un attaccamento non scontato per la propria città. Milano è oggi una città di cui si può finalmente essere orgogliosi, perché ci si vive bene.
Abbiamo di fronte a noi due strade: possiamo decidere di continuare in questo percorso di miglioramento ed ambire ad essere una delle città più attrattive in Europa e nel mondo, accettando di prendere parte ad una competizione a livello globale. O possiamo richiuderci in noi stessi e dirci che tutto sommato ci va bene così, perché proprio così male non stiamo.
Personalmente, credo che l’alternativa non si ponga. Perché in un mondo che corre e cambia ad una velocità mai vista prima, scegliere di stare fermi vuol dire scegliere di regredire. E noi non ce lo possiamo permettere.
Partiamo dai più giovani: in provincia di Milano il tasso di disoccupazione per gli under 30 è cresciuto pericolosamente negli anni della crisi economica, passando dal 13,6% del 2009 al 21,6% del 2014. Stiamo parlando di quasi 60 mila giovani milanesi a cui la città non sta offrendo un futuro. A cui si devono aggiungere altre decine di migliaia di ragazzi e ragazze che un lavoro hanno smesso di cercarlo. O l’hanno cercato all’estero emigrando.
Decine di migliaia di giovani adulti che sono costretti a posticipare un percorso di autonomia e indipendenza. E che saranno doppiamente penalizzati in futuro. Ritardando il loro ingresso sul mercato del lavoro vedranno le loro retribuzioni crescere più lentamente e si ritroveranno con delle pensioni che difficilmente potremo definire dignitose.
Stiamo letteralmente sprecando quella che è la nostra risorsa più importante, linfa vitale per la nostra economia. Per garantire un futuro equilibrato alla nostra società in costante invecchiamento abbiamo infatti bisogno di fare due cose: generare opportunità per quei giovani italiani a cui rischiamo di togliere la speranza di una vita serena ed attirare ed accogliere altrettanti giovani stranieri, per controbilanciare il calo delle nascite.
Per questo motivo, dal mio punto di vista, dobbiamo necessariamente impegnarci per fare in modo che Milano vinca le sfide dell’innovazione, dell’internazionalizzazione e della crescita. Non solo e non tanto per il gusto di vivere in una città cosmopolita. Ma per garantire un futuro ai nostri figli.
La fortuna che abbiamo è che per invertire questa tendenza dobbiamo solo convincerci ad investire sui giovani talenti di cui Milano è ricca. Che sono una risorsa straordinaria perché almeno virtualmente sarebbero in grado di porre rimedio alle principali criticità del nostro sistema imprenditoriale, grazie al loro saper fare, alla loro familiarità con le nuove tecnologie, alla loro propensione a viaggiare ed imparare le lingue, alla capacità di coniugare in maniera naturale innovazione, cultura e lavoro, collaborazione ed inclusione. Una generazione di italiani che spesso non chiede lavoro, ma le condizioni per potersi inventare nuovi lavori.
Milano su questo fronte ha già fatto molto. Ma se vogliamo davvero riuscire ad estendere le opportunità che la città genera dobbiamo impegnarci a fare ancora di più. Ponendoci l’obiettivo di abilitare con forza l’ingresso di questi soggetti al centro della scena sociale, culturale ed economica della città. Con particolare attenzione per le giovani donne, che hanno il diritto di poter pensare di essere allo stesso tempo madri e lavoratrici.
Fonte: BeppeSala.it
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