Il profilo culturale a cui tendere
Matteo Renzi ci ha offerto ampi spunti per una completa riflessione di alto spessore culturale per scelte strategiche di medio e lungo respiro.
Già in diverse occasioni il giovane Presidente del Consiglio ha evidenziato di avere una visione complessiva dei numerosi ed articolati problemi, alcuni dei quali si trascinano da lungo tempo, mentre altri irrompono nel nostro vissuto quotidiano.
Già in diverse occasioni il giovane Presidente del Consiglio ha evidenziato di avere una visione complessiva dei numerosi ed articolati problemi, alcuni dei quali si trascinano da lungo tempo, mentre altri irrompono nel nostro vissuto quotidiano.
Giova ricordare come l’evoluzione ed il progresso economico e sociale, conseguito nei primi decenni dell’Italia repubblicana, sia stato raggiunto, principalmente, attraverso spinte corporative di categoria o di settore; difficilmente mediante strategie globali dei Governi che si sono succeduti nel tempo, quindi ampiamente condivise. I lavoratori della grande industria - sostenuti dalle loro Organizzazioni Sindacali - lottavano per aumenti salariali e condizioni lavorative migliori; coloro che svolgevano lavoro autonomo puntavano ad ottenere la pensione, pur in mancanza di una effettiva contribuzione versata all’Inps. Nascevano e si incrementavano numerosi Fondi di previdenza speciali che erogavano pensioni di gran lunga più redditizie rispetto alla stragrande maggioranza dei pensionati. I favori accordati a tutto l’ampio settore della Pubblica Amministrazione hanno prodotto abissali sperequazioni economiche dei lavoratori e dei pensionati che gravano tutt’oggi sull’intera collettività. Nella “libera professione” abbiamo conosciuto tutele molto particolari per gli iscritti. Il sistema mutualistico era suddiviso in tante mutue, tra cui l’Inam.
Da oltre vent’anni molte cose sono cambiate; le componenti sociali si sono rimescolate e l’influenza di settore riguardo alle scelte governative notevolmente diminuita. Con la riforma pensionistica del 1995, legge Dini, gli antichi privilegi hanno lasciato spazio al una maggiore razionalità delle risorse, smussando parecchio le disparità dei trattamenti attinenti gli stipendi e le pensioni future.
Intanto tutto il contesto sociale si è radicalmente trasformato, come pure le opportunità di lavoro e la stessa organizzazione e gestione delle attività lavorative. Per molti aspetti la vita delle persone notevolmente migliorate, ma predomina un diffuso disagio e l’incertezza per il futuro per i giovani, i quali poco vengono coinvolti in modo costruttivo. Non sempre coloro che rivestono ruoli di responsabilità istituzionale sono all’altezza del ruolo ricoperto ed a stento agiscono nella ricerca del bene comune possibile in questo momento storico, sia a livello locale, nazionale ed europeo.
Troppe volte i dirigenti nei vari settori, così pure i politici, sono prigionieri del proprio orticello, quindi incapaci di recepire le innovazioni intervenute e di orientare il proprio impegno sociale e politico verso un modello di società più coesa, dove tutto il corpo sociale possa crescere e svilupparsi con una visione d’insieme, sia dei problemi che delle opportunità, per equilibrate e giuste soluzioni nell’interesse di tutti; mai in contrapposizione strumentale.
Mi pare che l’orientamento e lo sforzo del più giovane governo degli italiani sia per la autorevolezza e la responsabilità di assumere decisioni sostenibili nel medio e lungo periodo, e che mai producano divisioni settarie, o conflitti di interesse. Nonostante questo chiaro messaggio del Premier Renzi in merito alla strada da percorrere ci sono ancora parecchi nostalgici di un passato dove la forza numerica delle categorie faceva traballare i governi, che oggi provocherebbe gravissime devastazioni economiche e sociali per l’intera Italia.