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Le partite della vita

Written by Giuseppe Sala.

Giuseppe Sala Intervista a Giuseppe Sala di Maurizio Giannattasio per Il Corriere della Sera.
Ci sono sfide e sfide. Quelle che devi affrontare pubblicamente. E quelle che combatti da solo dentro te stesso. Giuseppe Sala le ha sperimentate entrambe. Expo sarà un fallimento era la vulgata ricorrente degli scettici di professione. Così non è stato. Ma Expo, successo o meno, non ti cambia la vita: «È stata un’esperienza bellissima, ma non sento nessun vuoto, perché mi ha dato tantissimo». Quello che lo ha cambiato profondamente è successo molto tempo prima. Aveva 40 anni, nel pieno della sua attività professionale.
Un anno prima era stato nominato amministratore delegato di Pirelli pneumatici. Una visita medica, un esame di laboratorio e la scoperta drammatica di avere un linfoma. La stessa malattia che aveva portato via suo padre Gino cinque anni prima. «Ho passato le prime 48 ore a piangere - ricorda Mr Expo -. Poi ho cercato di fare un esercizio difficile che consiglierei a chi vive un’esperienza del genere. Non combattere contro il cancro, ma trovare la tua dimensione rispetto alla malattia e farla diventare un’esperienza costruttiva». A parole sembra facile. Ci sono voluti due lunghi anni di cure, un trapianto di staminali, e infine l’uscita dal tunnel. «Due anni in cui ho riflettuto su me stesso, dove ho riconsiderato tutta la mia vita. Non ho cambiato le mie abitudini, ma come essere umano ne sono uscito rivoluzionato. È difficile spiegare come ti senti, ti accorgi che sei molto più libero da tante sovrastrutture e non ti preoccupi più dei piccoli problemi quotidiani. Questo è stato il vero cambiamento: non mi preoccupo mai se non per questioni gravissime. Se hai la fortuna di uscirne, ne esci migliorato».
Ma forse è anche questione di carattere. E di educazione. Sala, milanese, classe 58, Gemelli, sposato con Dorothy, tifoso nerazzurro, si trasferisce in Brianza da piccolissimo. Suo padre ha un’azienda di arredamento e la Brianza è la patria della manifattura. Ecco le regole non scritte della dinastia Sala: «Famiglia, educazione, casa, lavoro. E poi dovere, dovere, dovere». E come tanti ragazzi la voglia di scappare, di tornare nella grande città. L’occasione scocca ai suoi 18 anni. La decisione di iscriversi alla Bocconi. Quella che Sala definisce la prima delle sue «due scelte felici». La seconda riguarda il lavoro. «Nel 1983 chiunque usciva dalla Bocconi con buoni voti riceveva molte offerte. Ho scelto la Pirelli per due motivi: perché era una azienda milanese e una vera multinazionale». Non perché fosse particolarmente innamorato del ruolo di un gigante economico, ma perché gli permetteva di coltivare una delle passioni che lo hanno accompagnato per tutta la vita: viaggiare. «Dalla provincia alla città, al giro del mondo». Forse i ricordi si accavallano in maniera confusa perché prima del tour mondiale nei vari continenti, Sala ha fatto la gavetta. Prima in fabbrica a Torino, poi a Brescia in un grande distributore di pneumatici. Ogni volta che gli operai montavano le gomme a un’auto la sua scrivania vibrava come scossa da un terremoto: «La gavetta è stata la mia fortuna: la concretezza e il pragmatismo sono l’eredità di quegli anni». E qui arriva un po’ di compiacimento: «Sono il perfetto prototipo del milanese che si fa da sé. La mia vita è stata centrata sul lavoro». Sembra un sunto de «L’Etica protestante e lo spirito del capitalismo» di Max Weber. Più semplicemente Sala la intende come quel desiderio che «ti fa andare avanti come un treno perché nel lavoro trovi la tua realizzazione. Non penso che per i giovani di oggi sia molto diverso anche se ora è molto più difficile. Loro sono molto più coraggiosi di noi, lasciano casa e vanno all’estero».
Lui resta a Milano. Pirelli viene acquisita da Telecom e Sala diventa direttore generale. Nel 2006, dopo 23 anni da uomo azienda, lascia. Si mette in proprio e con altri soci apre una società di consulenza. Ha più tempo. E il tempo, dopo la malattia, è merce preziosa. Lo sfrutta a pieno coltivando le sue passioni. Una è quella della barca a vela. E proprio mentre è impegnato nella traversata dell’Atlantico lo raggiunge la telefonata di Letizia Moratti che gli chiede se vuole fare il direttore generale del Comune. Accetta e parte la seconda fase della sua vita: quella dedicata al pubblico. Il resto è storia nota: dopo un anno e mezzo Sala prende in mano le redini della società Expo. Fino alla conclusione. E qui ritorna insistente il potere taumaturgico del tempo. Quello che ti permette di rimetterti in ordine con te stesso e riunire i pezzi della tua vita: «In questi sei mesi di esposizione ho detto milioni di parole. Avevo bisogno di un piccolo periodo di isolamento. Ho pensato che l’unico modo per stare da solo fosse il pellegrinaggio a Santiago de Compostela, cento chilometri a piedi in quattro giorni. E ho scoperto che ci sono parole essenziali. Quella che amo di più ha un sapore antico: si chiama il senso del dovere. È l’insegnamento dei miei».

Per seguire l'attività di Giuseppe Sala: sito web

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