Cittadinanza, alcune buone ragioni per cui conviene a tutti allargarla
Articolo di Mauro Magatti pubblicato da Avvenire.
La politica contemporanea tende alla polarizzazione. Di fronte a ogni tema, si assumono posizioni opposte che si rinchiudono in una visione pregiudiziale e ideologica. Ci si scontra sui principi e ci si allontana sempre più dalla realtà delle cose.
Nel breve termine, crea più consensi un tweet polemico - e che magari strizza l’occhio al risentimento sociale - della paziente tessitura di una soluzione concreta. Ma è anche in questo modo che le democrazie soffrono e vanno in difficoltà. Lo dovremmo sapere. La storia l’ha insegnato tante volte: le ideologie irrigidiscono lo sguardo e impediscono quel dialogo che consente di vedere le diverse sfaccettature della realtà. E alla fine portano fuori strada.
Prendiamo la questione della migrazione. Uno dei principali terreni di scontro culturale e politico degli ultimi decenni, con posizioni polarizzate: da una parte quelli che sono per l’apertura tout court - sottovalutando la fatica di ogni comunità a integrare la provocazione che il migrante sempre a porta con sé; dall’altra parte, coloro che si oppongono per principio a ogni politica seria che provi ad affrontare il problema e a trasformarlo in opportunità. Nel rispetto del sacrosanto principio della dignità della persona umana che dovrebbe comunque essere rispettato.
In questo gioco delle parti, i temi veri vengono sempre rimandati. Col risultato di un continuo aggravamento del problema. Merito dunque di Forza Italia avere rotto lo schema proponendo - in questa calda estate 2024 - il tema dello ius scholae. Nei nostri istituti scolastici ogni giorno entra quasi un milione di ragazzi stranieri (circa 11% del totale). Un trend in crescita e che ha la sua massima concentrazione nella scuola primaria (32,7%). Questi ragazzi frequentano la nostra storia, sono amici dei nostri figli, studiano i programmi del nostro ministero. Ma per lo Stato italiano restano ombre. Non cittadini. Vincolare l’accesso alla cittadinanza al percorso scolastico è sensato per almeno tre ragioni.
Primo, perché serve a questi ragazzi che si possono così finalmente sentire parte di una comunità politica. Che dà loro accesso a diritti ma che chiede anche l’assunzione di doveri. Il che è molto importante per contrastare la tendenza ad avere due comunità (quella dei nativi e quella dei migranti) distinte e non comunicanti. Secondo, perché serve all’Italia, un paese che sta attraversando una gravissima crisi demografica e che non può che trarre giovamento dal rimpolpare il numero dei propri cittadini. Ancora non si comprende la gravità di questo fenomeno. E, detto che comunque non basteranno i ragazzi immigrati a risolvere il problema, il loro contributo sarà fondamentale per mantenere il paese su una linea di possibile sviluppo. E infine, perché serve a tutti per contrastare il risorgente razzismo che, in palese contrasto con lo spirito della Costituzione italiana, corrode la convivenza civile. Che nell’art.3 recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
L’identità di un Paese è importante. Ma l’identità che pensa di volere conservare se stessa rifiutando il rapporto con il mondo è destinata all’autodistruzione. L’identità è un processo in continua evoluzione. Che affonda le sue radici in una tradizione, in una lingua, in una storia ma che, al tempo stesso, continuamente si innerva nel dialogo con i nuovi accadimenti. È solo nel rapporto tra vecchio e nuovo che l’identità sussiste. Rimanendo sé stessa eppure cambiando in continuazione. Tradizione e innovazione non sono degli opposti che si combattono. Ma sono sorelle che si tengono la mano. E che consentono a un gruppo sociale di continuare a vivere nella storia e con gli altri. Dare la cittadinanza ai ragazzi e alle ragazze che frequentano la scuola italiana non è perdere l’identità italiana. Esattamente il contrario: è farla vivere nel nuovo secolo. Incardinandola in persone che vengono da culture diverse. E che la arricchiscono con il loro contributo.
Per il governo di centrodestra si tratta di un’ottima occasione per dimostrare la sua capacità di non rimanere inchiodato a posizioni ideologiche e di saper affrontare pragmaticamente e con intelligenza i problemi reali. Per la sinistra è un modo per dimostrare che, per arrivare ad un risultato positivo, si può evitare di contrapporsi ideologicamente o pretendere di piantare la propria bandierina. L’Italia non avrebbe la lunga storia che ha alle proprie spalle se non avesse avuto il coraggio di rinnovarsi continuamente, amalgamando ciò che c’era prima con ciò che è venuto dopo. Lo ius scholae è prima di tutto un atto di giustizia. Ma poi anche di intelligenza. E infine di vitalità Se l’Italia è ancora viva, batta un colpo.
La politica contemporanea tende alla polarizzazione. Di fronte a ogni tema, si assumono posizioni opposte che si rinchiudono in una visione pregiudiziale e ideologica. Ci si scontra sui principi e ci si allontana sempre più dalla realtà delle cose.
Nel breve termine, crea più consensi un tweet polemico - e che magari strizza l’occhio al risentimento sociale - della paziente tessitura di una soluzione concreta. Ma è anche in questo modo che le democrazie soffrono e vanno in difficoltà. Lo dovremmo sapere. La storia l’ha insegnato tante volte: le ideologie irrigidiscono lo sguardo e impediscono quel dialogo che consente di vedere le diverse sfaccettature della realtà. E alla fine portano fuori strada.
Prendiamo la questione della migrazione. Uno dei principali terreni di scontro culturale e politico degli ultimi decenni, con posizioni polarizzate: da una parte quelli che sono per l’apertura tout court - sottovalutando la fatica di ogni comunità a integrare la provocazione che il migrante sempre a porta con sé; dall’altra parte, coloro che si oppongono per principio a ogni politica seria che provi ad affrontare il problema e a trasformarlo in opportunità. Nel rispetto del sacrosanto principio della dignità della persona umana che dovrebbe comunque essere rispettato.
In questo gioco delle parti, i temi veri vengono sempre rimandati. Col risultato di un continuo aggravamento del problema. Merito dunque di Forza Italia avere rotto lo schema proponendo - in questa calda estate 2024 - il tema dello ius scholae. Nei nostri istituti scolastici ogni giorno entra quasi un milione di ragazzi stranieri (circa 11% del totale). Un trend in crescita e che ha la sua massima concentrazione nella scuola primaria (32,7%). Questi ragazzi frequentano la nostra storia, sono amici dei nostri figli, studiano i programmi del nostro ministero. Ma per lo Stato italiano restano ombre. Non cittadini. Vincolare l’accesso alla cittadinanza al percorso scolastico è sensato per almeno tre ragioni.
Primo, perché serve a questi ragazzi che si possono così finalmente sentire parte di una comunità politica. Che dà loro accesso a diritti ma che chiede anche l’assunzione di doveri. Il che è molto importante per contrastare la tendenza ad avere due comunità (quella dei nativi e quella dei migranti) distinte e non comunicanti. Secondo, perché serve all’Italia, un paese che sta attraversando una gravissima crisi demografica e che non può che trarre giovamento dal rimpolpare il numero dei propri cittadini. Ancora non si comprende la gravità di questo fenomeno. E, detto che comunque non basteranno i ragazzi immigrati a risolvere il problema, il loro contributo sarà fondamentale per mantenere il paese su una linea di possibile sviluppo. E infine, perché serve a tutti per contrastare il risorgente razzismo che, in palese contrasto con lo spirito della Costituzione italiana, corrode la convivenza civile. Che nell’art.3 recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
L’identità di un Paese è importante. Ma l’identità che pensa di volere conservare se stessa rifiutando il rapporto con il mondo è destinata all’autodistruzione. L’identità è un processo in continua evoluzione. Che affonda le sue radici in una tradizione, in una lingua, in una storia ma che, al tempo stesso, continuamente si innerva nel dialogo con i nuovi accadimenti. È solo nel rapporto tra vecchio e nuovo che l’identità sussiste. Rimanendo sé stessa eppure cambiando in continuazione. Tradizione e innovazione non sono degli opposti che si combattono. Ma sono sorelle che si tengono la mano. E che consentono a un gruppo sociale di continuare a vivere nella storia e con gli altri. Dare la cittadinanza ai ragazzi e alle ragazze che frequentano la scuola italiana non è perdere l’identità italiana. Esattamente il contrario: è farla vivere nel nuovo secolo. Incardinandola in persone che vengono da culture diverse. E che la arricchiscono con il loro contributo.
Per il governo di centrodestra si tratta di un’ottima occasione per dimostrare la sua capacità di non rimanere inchiodato a posizioni ideologiche e di saper affrontare pragmaticamente e con intelligenza i problemi reali. Per la sinistra è un modo per dimostrare che, per arrivare ad un risultato positivo, si può evitare di contrapporsi ideologicamente o pretendere di piantare la propria bandierina. L’Italia non avrebbe la lunga storia che ha alle proprie spalle se non avesse avuto il coraggio di rinnovarsi continuamente, amalgamando ciò che c’era prima con ciò che è venuto dopo. Lo ius scholae è prima di tutto un atto di giustizia. Ma poi anche di intelligenza. E infine di vitalità Se l’Italia è ancora viva, batta un colpo.