Dalle religioni una spinta possibile per la pace
Articolo di Avvenire.
Le religioni hanno ruolo importantissimo nel costruire la pace, «ma dimostrano ancora tanta debolezza». Intervistato da Radio Vaticana, poco prima di affrontare l’incontro pubblico sulla riconciliazione tra i popoli, il cardinale Matteo Zuppi, ieri sera, ha riproposto l’analisi esposta, aprendo il Meeting, dal cardinale Pizzaballa.
Che per il presidente della Cei «non è pessimista ma realista» nel parlare delle difficoltà di un negoziato che rappresenta “l’ultima spiaggia” e nel descrivere la complessità del rapporto tra perdono e giustizia «che vanno insieme».
Anche per Zuppi negoziare in Terra Santa è arduo ma «il vero coraggio è trovare quel compromesso che prepara il futuro e ricostruisce la fraternità divelta dalla guerra». Concetti che l’arcivescovo di Bologna ha riproposto poco dopo, davanti al popolo del Meeting. Un incontro cui doveva partecipareanche Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, segretario generale della Lega Musulmana Mondiale, trattenuto in Africa, e che ha inviato un videomessaggio in cui ha spiegato che «la riconciliazione è una delle componenti della stabilità a livello globale e abbiamo bisogno di riconciliazione e a tutti i livelli. È un alto valore morale ma dobbiamo capire cosa significhi. La nostra vita è piena di conflitti e differenze e anche se i conflitti terminano, restano quelli del cuore e non c’è nulla di peggio di quest’odio che sopravvive ai trattati di pace». Per superarlo, ha aggiunto, «bisogna ascoltare la ragione e la coscienza, affinché tutti possiamo tornare alla nostra origine vera: siamo una famiglia umana unica e se continuiamo a bruciarci a vicenda bruceremo tutti, mentre il nostro pianeta è unico e abbiamo bisogno di uno dell’altro». Le istituzioni religiose hanno grande influenza. La riconciliazione - è il messaggio del religioso islamico «capisce solo la lingua del dialogo e la lingua della ragione e le istituzioni religiose non debbono scadere nell’estremismo. La religione deve invitare alla pace altrimenti è ideologia».
Il dialogo su “educare alla conciliazione”, uno dei convegni promossi dall’Università Cattolica, è stato animato da Wael Farouq, professore di Lingua e Letteratura Araba, che ha portato il Meeting al Cairo e da anni tesse i rapporti tra Comunione e Liberazione e il mondo islamico. «Laddove non c’è educazione alla conciliazione si impone la maleducazione alla guerra e a quell’istinto deformato della giustizia che è la vendetta» aveva detto nell’intervista radiofonica Zuppi e una volta in sala ha spiegato tra l’altro che la riconciliazione «ci fa ritrovare l’essenziale e se non cerchiamo l’essenziale cerchiamo quello che non conta. Se non c’è la riconciliazione c’è il male, senza via di mezzo. L’odio non è mai inerte, smaltirlo richiede grande impegno. È bello condividere con Al-Issa queste idee, la consapevolezza che non è un problema degli altri, che siamo uniti in un’unica famiglia. Se non c’è riconciliazione lasciamo a chi ci segue più rifiuti tossici di quelli che abbiamo trovato».
«Se non veniamo educati alla conciliazione saremo come animali, invece noi siamo una grande famiglia» ha detto Al-Issa e il presidente della Cei si è detto molto colpito e molto concorde, insistendo sul ruolo dell’educazione: «Esiste il pregiudizio e l’educazione all’odio - ha sottolineato l’arcivescovo di Bologna - ed è fortissima. Dopo la guerra, ci sono stati molti regolamenti di conti dalle nostre parti. C’è stata forse riconciliazione? No. Un caso, forse, a Reggio Emilia, tra i parenti di un seminarista ucciso dopo il conflitto. Ma per il resto non ci fu riconciliazione e ancora oggi in alcuni paesi ci sono famiglie che non si parlano con altre, perché è successo “qualcosa”. Il male fa il suo mestiere e anche a distanza di anni non è impossibile che qualcosa ricominci». Quindi, la riconciliazione «non è facoltativa, ma è l’unico modo per smaltire questi nostri rifiuti tossici». Silenzio in sala di fronte alle parole più dure: «Il male è sempre fertile e noi cattolici abbiamo ancor di più il dovere alla riconciliazione». E a quelle più impegnative, su giustizia e perdono: «certo che vogliamo la giustizia, proprio perché perdoni puoi chiederla. Perché sei libero dalla vendetta. Non c’è giustizia senza perdono».
Zuppi ha insistito sull’importanza dell’idea di riparazione nei rapporti, una cosa che richiede pazienza e perdono: «invece gli tolgo l’amicizia sui social, lo distruggo, lo cancello» ha commentato. «La riparazione è l’arte di Dio» è la condizione che sta alla base di questa instancabile voglia di costruire ponti che accomuna il porporato a Cl.
Le religioni hanno ruolo importantissimo nel costruire la pace, «ma dimostrano ancora tanta debolezza». Intervistato da Radio Vaticana, poco prima di affrontare l’incontro pubblico sulla riconciliazione tra i popoli, il cardinale Matteo Zuppi, ieri sera, ha riproposto l’analisi esposta, aprendo il Meeting, dal cardinale Pizzaballa.
Che per il presidente della Cei «non è pessimista ma realista» nel parlare delle difficoltà di un negoziato che rappresenta “l’ultima spiaggia” e nel descrivere la complessità del rapporto tra perdono e giustizia «che vanno insieme».
Anche per Zuppi negoziare in Terra Santa è arduo ma «il vero coraggio è trovare quel compromesso che prepara il futuro e ricostruisce la fraternità divelta dalla guerra». Concetti che l’arcivescovo di Bologna ha riproposto poco dopo, davanti al popolo del Meeting. Un incontro cui doveva partecipareanche Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, segretario generale della Lega Musulmana Mondiale, trattenuto in Africa, e che ha inviato un videomessaggio in cui ha spiegato che «la riconciliazione è una delle componenti della stabilità a livello globale e abbiamo bisogno di riconciliazione e a tutti i livelli. È un alto valore morale ma dobbiamo capire cosa significhi. La nostra vita è piena di conflitti e differenze e anche se i conflitti terminano, restano quelli del cuore e non c’è nulla di peggio di quest’odio che sopravvive ai trattati di pace». Per superarlo, ha aggiunto, «bisogna ascoltare la ragione e la coscienza, affinché tutti possiamo tornare alla nostra origine vera: siamo una famiglia umana unica e se continuiamo a bruciarci a vicenda bruceremo tutti, mentre il nostro pianeta è unico e abbiamo bisogno di uno dell’altro». Le istituzioni religiose hanno grande influenza. La riconciliazione - è il messaggio del religioso islamico «capisce solo la lingua del dialogo e la lingua della ragione e le istituzioni religiose non debbono scadere nell’estremismo. La religione deve invitare alla pace altrimenti è ideologia».
Il dialogo su “educare alla conciliazione”, uno dei convegni promossi dall’Università Cattolica, è stato animato da Wael Farouq, professore di Lingua e Letteratura Araba, che ha portato il Meeting al Cairo e da anni tesse i rapporti tra Comunione e Liberazione e il mondo islamico. «Laddove non c’è educazione alla conciliazione si impone la maleducazione alla guerra e a quell’istinto deformato della giustizia che è la vendetta» aveva detto nell’intervista radiofonica Zuppi e una volta in sala ha spiegato tra l’altro che la riconciliazione «ci fa ritrovare l’essenziale e se non cerchiamo l’essenziale cerchiamo quello che non conta. Se non c’è la riconciliazione c’è il male, senza via di mezzo. L’odio non è mai inerte, smaltirlo richiede grande impegno. È bello condividere con Al-Issa queste idee, la consapevolezza che non è un problema degli altri, che siamo uniti in un’unica famiglia. Se non c’è riconciliazione lasciamo a chi ci segue più rifiuti tossici di quelli che abbiamo trovato».
«Se non veniamo educati alla conciliazione saremo come animali, invece noi siamo una grande famiglia» ha detto Al-Issa e il presidente della Cei si è detto molto colpito e molto concorde, insistendo sul ruolo dell’educazione: «Esiste il pregiudizio e l’educazione all’odio - ha sottolineato l’arcivescovo di Bologna - ed è fortissima. Dopo la guerra, ci sono stati molti regolamenti di conti dalle nostre parti. C’è stata forse riconciliazione? No. Un caso, forse, a Reggio Emilia, tra i parenti di un seminarista ucciso dopo il conflitto. Ma per il resto non ci fu riconciliazione e ancora oggi in alcuni paesi ci sono famiglie che non si parlano con altre, perché è successo “qualcosa”. Il male fa il suo mestiere e anche a distanza di anni non è impossibile che qualcosa ricominci». Quindi, la riconciliazione «non è facoltativa, ma è l’unico modo per smaltire questi nostri rifiuti tossici». Silenzio in sala di fronte alle parole più dure: «Il male è sempre fertile e noi cattolici abbiamo ancor di più il dovere alla riconciliazione». E a quelle più impegnative, su giustizia e perdono: «certo che vogliamo la giustizia, proprio perché perdoni puoi chiederla. Perché sei libero dalla vendetta. Non c’è giustizia senza perdono».
Zuppi ha insistito sull’importanza dell’idea di riparazione nei rapporti, una cosa che richiede pazienza e perdono: «invece gli tolgo l’amicizia sui social, lo distruggo, lo cancello» ha commentato. «La riparazione è l’arte di Dio» è la condizione che sta alla base di questa instancabile voglia di costruire ponti che accomuna il porporato a Cl.