Le prossime amministrative
Ex sindaco di discretamente lungo corso, pur se di un paesotto, è mia opinione che, terminato il mandato, è meglio che gli "ex" facciano, appunto, gli "ex", e lascino spazio ad altri. Definitivamente. Sono però parimenti convinto che si tratta di una questione di "opportunità", da non "codificare" in assoluto. Perché le situazioni sono diverse, qui e là, e ognuna esige una soluzione peculiare.
Resto favorevole alle primarie, da intendere però in senso non "dogmatico": vi possono essere cioè casi in cui appare inopportuno sottoporre un candidato, se di forte caratura, e di evidente, grande popolarità e consenso interno, allo stress di seggi "preventivi".
Più nel concreto, con riferimento alle fibrillazioni in atto nel Pd in vista delle amministrative 2016, intendo dire che, quanto a Bassolino, premesso che non conosco da vicino la situazione di Napoli, nel confermare, per le ragioni dette, una certa perplessità sulla sua autocandidatura, ritengo che un'eventuale norma generale che impedisca agli ex sindaci, appunto, di partecipare alle primarie, apparirebbe, a questa data, quale una norma "contra personam", dunque scorretta.
Più nel concreto, con riferimento alle fibrillazioni in atto nel Pd in vista delle amministrative 2016, intendo dire che, quanto a Bassolino, premesso che non conosco da vicino la situazione di Napoli, nel confermare, per le ragioni dette, una certa perplessità sulla sua autocandidatura, ritengo che un'eventuale norma generale che impedisca agli ex sindaci, appunto, di partecipare alle primarie, apparirebbe, a questa data, quale una norma "contra personam", dunque scorretta.
Le prossime elezioni comunali, è evidente, saranno non poco condizionate da fatti politici "esterni". In primis, la questione immigrazione, che la destra, una destra che Arcore non riuscirà certo a moderare, legherà con crescente spregiudicatezza al terrorismo. Cinquestelle, per parte sua, intorbidirà ulteriormente le acque mescolando populismo di destra e di sinistra.
Per il Pd, e per Renzi, i rischi sono dunque molti.
Fatto l'accenno a Napoli, tra le altre città al voto è ovvio che Roma e Milano sono le più emblematiche. Ma anche qui il Pd è in ambasce sul "da farsi". In argomento io considero questo: nella capitale, dopo le note, sconfortanti vicende (che hanno peraltro responsabilità plurime), il partito dovrebbe essere capace di scovare, senza primarie, una personalità fortissima, un poco esterna, che rappresenti il tentativo di avviare una, sperabilmente non lunga, fase di transizione dal "vecchio" sistema a uno nuovo. Un traghettamento che segni dunque una fase di discontinuità, e che veda lo stesso Pd un pizzico defilato, mi verrebbe da dire, immaginando che c'intendiamo in qual senso.
Per Milano, il quadro è diverso. Qui c'è bisogno, al contrario, di marcare una certa, significativa continuità con l'esperienza positiva di Pisapia. Quassù, comunque sia, le primarie hanno senso, considerando le possibili diverse candidature. Tra queste, quella di Giuseppe Sala? Certo, il nome è interessante per le ragioni che sappiamo, e a taluno non spiacerebbe addirittura vederlo quale candidato unico senza preventive consultazioni di sorta. Perché è un nome, dicono, che, diversamente da altri, potrebbe tra l'altro attrarre voti "moderati". C'è però una valutazione seria da fare, a me sembra. Una scelta, quassù, poco segnata "politicamente" (ma il mio riferimento è a una politica in ogni caso aperta al 'sociale' e alla città, non circoscritta ai militanti) e simboleggiata dalla figura di un candidato visto essenzialmente quale "manager" (pur bravo), non finirebbe col suggerire in qualche modo l'equazione, letta in senso negativo, "Milano come Roma"? Dunque, due situazioni "eccezionali" nelle due città principali, meritevoli entrambi di una soluzione "eccezionale". Ma questo, a ben pensarci, farebbe davvero l'interesse del Partito democratico? "A breve", forse, ma dopo?