Sardegna: dal voto segnali importanti
Articolo di Piero Fassino.
Con il voto sardo è iniziato un intenso calendario elettorale che il 10 marzo vedrà alle urne elettrici ed elettori dell'Abruzzo, in aprile andrà al voto la Basilicata e il 9 giugno il Piemonte, oltre 4000 Comuni e il voto per il Parlamento europeo.
Passaggi tutti impegnativi in cui nessun esito è scontato, come non lo era il voto sardo, stante che nelle elezioni politiche del settembre 2022 l'elettorato della Sardegna aveva gratificato la destra di un largo voto che consentì alla coalizione guidata da Giorgia Meloni di conquistare tutti i collegi dell'isola. Negli ultimi anni è la prima elezione in cui uno schieramento progressista conquista una regione governata dalla destra. Un successo in cui hanno influito molti fattori: la maggiore credibilità di Alessandra Todde rispetto ad un candidato imposto dalla Meloni e nel quale i sardi non si sono riconosciuti, tant'è che ha avuto il suo peggior risultato nella città, Cagliari, di cui è Sindaco; la defezione di una parte dell'elettorato del Partito Sardo d'Azione frustrato dal siluramento del suo candidato; un primo appannamento dell'azione di governo. E infine ha sollecitato a votare per la Todde anche l'indignazione di molti elettori di fronte alla brutale aggressione della polizia agli studenti di Pisa.
Una sconfitta aggravata dalla forte riduzione dei consensi di Fratelli d'Italia - che dimezza i suoi voti rispetto alle elezioni politiche - e dalla dimensione insignificante dei voti raccolti dalla Lega. Insomma la destra - pur rimanendo forte - non è imbattibile. E tener conto di indicazioni che emergono dal voto sardo può essere utile per affrontare al meglio i prossimi passaggi elettorali. Una prima indicazione riguarda la credibilità delle candidature.
Gli elettori votano non soltanto sulla base dell'appartenenza politica, ma anche guardando alla affidabilità, alla competenza e alla esperienza dei candidati. Lo dimostra proprio il voto sardo dove la Todde ha raccolto un numero di voti superiore ai voti della coalizione che la sosteneva mentre Truzzu ha raccolto un consenso significativamente più basso dei voti ottenuti dalla coalizione di destra. Una seconda indicazione è la ennesima conferma - se ancora ce ne fosse bisogno - della regola per cui si può vincere se ci si presenta uniti.
PD è la forza politica che ci ha creduto di più e il voto l'ha premiato: primo partito dell'isola, i cui voti sono stati determinanti per la vittoria della Todde. Dal voto emerge anche che in un sistema politico pluripartitico, la spinta alle alleanze bipolarizza la competizione e riduce a testimonianza la pretesa di presentare agli elettori una posizione terza. Lo si è visto nel consenso limitato raccolto da Soru e ancor di più negli esiti minimi dei partiti del terzo polo. Il voto evidenzia anche quanto per una forza politica sia importante il radicamento territoriale. Come già in precedenti elezioni regionali e locali, anche in Sardegna il Movimento 5 Stelle non ha trasferito a livello locale il consenso di cui gode nazionalmente, nonostante peraltro il traino di un candidato presidente appartenente allo stesso movimento. Mentre il PD si è affermato come primo partito proprio grazie ad un diffuso radicamento territoriale.
E, infine, le elezioni sarde mettono in luce il ruolo delle leadership. Nel successo della coalizione e del PD ha pesato anche la determinazione e la tenacia con cui Elly Schlein ha perseguito l'unità, non facendosi frenare da troppe dietrologie e diffidenze. Non solo, ma la segretaria del PD si è spesa in modo generoso in campagna elettorale con una presenza continua in tutta la regione che ha motivato i militanti e mobilitato gli elettori. E il voto l'ha premiata. Adesso occorre affrontare i prossimi passaggi elettorali con la stessa determinazione e passione che ha consentito di vincere in Sardegna.
Con il voto sardo è iniziato un intenso calendario elettorale che il 10 marzo vedrà alle urne elettrici ed elettori dell'Abruzzo, in aprile andrà al voto la Basilicata e il 9 giugno il Piemonte, oltre 4000 Comuni e il voto per il Parlamento europeo.
Passaggi tutti impegnativi in cui nessun esito è scontato, come non lo era il voto sardo, stante che nelle elezioni politiche del settembre 2022 l'elettorato della Sardegna aveva gratificato la destra di un largo voto che consentì alla coalizione guidata da Giorgia Meloni di conquistare tutti i collegi dell'isola. Negli ultimi anni è la prima elezione in cui uno schieramento progressista conquista una regione governata dalla destra. Un successo in cui hanno influito molti fattori: la maggiore credibilità di Alessandra Todde rispetto ad un candidato imposto dalla Meloni e nel quale i sardi non si sono riconosciuti, tant'è che ha avuto il suo peggior risultato nella città, Cagliari, di cui è Sindaco; la defezione di una parte dell'elettorato del Partito Sardo d'Azione frustrato dal siluramento del suo candidato; un primo appannamento dell'azione di governo. E infine ha sollecitato a votare per la Todde anche l'indignazione di molti elettori di fronte alla brutale aggressione della polizia agli studenti di Pisa.
Una sconfitta aggravata dalla forte riduzione dei consensi di Fratelli d'Italia - che dimezza i suoi voti rispetto alle elezioni politiche - e dalla dimensione insignificante dei voti raccolti dalla Lega. Insomma la destra - pur rimanendo forte - non è imbattibile. E tener conto di indicazioni che emergono dal voto sardo può essere utile per affrontare al meglio i prossimi passaggi elettorali. Una prima indicazione riguarda la credibilità delle candidature.
Gli elettori votano non soltanto sulla base dell'appartenenza politica, ma anche guardando alla affidabilità, alla competenza e alla esperienza dei candidati. Lo dimostra proprio il voto sardo dove la Todde ha raccolto un numero di voti superiore ai voti della coalizione che la sosteneva mentre Truzzu ha raccolto un consenso significativamente più basso dei voti ottenuti dalla coalizione di destra. Una seconda indicazione è la ennesima conferma - se ancora ce ne fosse bisogno - della regola per cui si può vincere se ci si presenta uniti.
PD è la forza politica che ci ha creduto di più e il voto l'ha premiato: primo partito dell'isola, i cui voti sono stati determinanti per la vittoria della Todde. Dal voto emerge anche che in un sistema politico pluripartitico, la spinta alle alleanze bipolarizza la competizione e riduce a testimonianza la pretesa di presentare agli elettori una posizione terza. Lo si è visto nel consenso limitato raccolto da Soru e ancor di più negli esiti minimi dei partiti del terzo polo. Il voto evidenzia anche quanto per una forza politica sia importante il radicamento territoriale. Come già in precedenti elezioni regionali e locali, anche in Sardegna il Movimento 5 Stelle non ha trasferito a livello locale il consenso di cui gode nazionalmente, nonostante peraltro il traino di un candidato presidente appartenente allo stesso movimento. Mentre il PD si è affermato come primo partito proprio grazie ad un diffuso radicamento territoriale.
E, infine, le elezioni sarde mettono in luce il ruolo delle leadership. Nel successo della coalizione e del PD ha pesato anche la determinazione e la tenacia con cui Elly Schlein ha perseguito l'unità, non facendosi frenare da troppe dietrologie e diffidenze. Non solo, ma la segretaria del PD si è spesa in modo generoso in campagna elettorale con una presenza continua in tutta la regione che ha motivato i militanti e mobilitato gli elettori. E il voto l'ha premiata. Adesso occorre affrontare i prossimi passaggi elettorali con la stessa determinazione e passione che ha consentito di vincere in Sardegna.