Come affrontare il problema del gioco
“In viaggio per il gioco”, questo il tema della terza tappa del road show organizzato dal concessionario Admiral Gaming Network al Teatro Argentina di Roma.
Il tema affrontato è quello di "Un gioco di equilibrio, il punto di equilibrio tra due eccessi".
All'incontro, moderato dalla giornalista Olivia Tassara (Conduttrice di SKY TG), sono intervenuti anche i senatori Emilia De Biasi e Franco Mirabelli.
Qui di seguito i loro interventi: Il tema affrontato è quello di "Un gioco di equilibrio, il punto di equilibrio tra due eccessi".
All'incontro, moderato dalla giornalista Olivia Tassara (Conduttrice di SKY TG), sono intervenuti anche i senatori Emilia De Biasi e Franco Mirabelli.
Emilia De Biasi: Fare formazione sui ragazzi, anche quando si parla di gioco, è una cosa complessa. C’è una fragilità del mondo adolescente e molti interventi che vanno fatti. Il gioco d'azzardo patologico e una delle dipendenze su cui si può intervenire formando gli insegnanti, i formatori. Se l’educatore punta ad aumentare la responsabilità individuale abbiamo un approccio sicuramente più efficace. Altra questione importante è quella di monitorare il fenomeno, capire le sue dimensioni e stabilire quali e quante risorse sono necessarie.
L’osservatorio istituito dal Ministero della Salute è stato finanziato ma non ancora avviato. Come politico credo che questo ritardo sia uno scandalo. Solo con l’osservatorio potremo attivare anche gli strumenti di cura e intervento.
Importante anche il tema dei servizi territoriali. I distanziometri non servono a molto se non attiviamo servizi territoriali identificabili. Se gli insegnanti non si confrontano con le famiglie, se le famiglie non prestano attenzione al problema, se le industrie del settore non si impegnano a comunicare che il gioco è vietato ai minori, non raggiungeremo nessun obiettivo. Non basta eliminare la pubblicità se non usciamo dai luoghi comuni e se non cambiamo la cultura di approccio al gioco. Vietare la pubblicità di per sé serve solo a pulire le coscienze. Anche le imprese di settore non devono pensare si lavarsi la coscienza barattando la pubblicità e chiudendo la questione. Fare esclusivamente divieti non ci farà fare passi in avanti. Dobbiamo confrontarci, parlare insieme, industria, scuola, famiglia, enti locali, parlamento. Non possiamo nemmeno risolvere tutto intervenendo solo sulla leva economica. Non bisogna nemmeno lavorare a compartimenti stagni, inseriamo anche gli interventi sanitari. Collaborazione è la parola d’ordine.
Fonte: Jamma
Franco Mirabelli: Nella discussione di questi mesi riguardante il gioco d’azzardo, è evidente che ci sia anche qualche riflesso di chi pensa che occorra abolire totalmente il gioco. Quando si continua a far notare che la regolamentazione proposta non è mai sufficiente è perché evidentemente si mira ad altro.
In realtà, abbiamo bisogno di una regolamentazione seria del settore del gioco.
Un punto fermo che, a mio avviso, è necessario mantenere è la riserva statale, pur garantendo un ruolo a tutte le istituzioni e chiarendo in modo definito quali regole vanno applicate. Così come occorre avere chiari anche gli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere. Un obiettivo a cui mirare, secondo me, deve essere sicuramente quello di diminuire l’offerta di gioco.
Il ragionamento che si sta facendo in queste settimane sull’abolizione della pubblicità, quindi, ha un senso se sta dentro a questo quadro e dentro l’idea di diminuire la domanda di gioco.
La regolamentazione che occorre dare, dunque, deve servire a provare a ridurre l’offerta di gioco, non a penalizzare gli operatori.
Gli operatori devono poter lavorare ma occorre che lo facciano dentro ad una regolamentazione volta a favorire il gioco responsabile e consapevole, altrimenti il rischio è quello di lasciare spazio al gioco illegale.
Siamo, quindi, di fronte ad una materia molto complessa.
Il problema della legalità sta sparendo dal dibattito di questi mesi ma è una questione importante: l’alternativa alla regolamentazione del gioco legale è l’illegalità che, oltretutto, gli ultimi dati mostrano che sta crescendo. Illegalità vuol dire criminalità organizzata, vuol dire riciclaggio di denaro, vuol dire giocatori sottoposti a usura.
Il tema del gioco, quindi, deve essere affrontato seriamente e questo significa fare alcune scelte.
La prima scelta da fare è quella di mantenere la riserva statale: ci deve essere una regolamentazione nazionale per il settore del gioco, perché su tutto il territorio devono valere le stesse norme mentre, fino ad oggi, Comuni e Regioni hanno svolto un ruolo di supplenza in assenza di una normativa statale. Questo non vuol dire che ora si debba togliere un ruolo a Comuni e Regioni ma occorre trovare una regolamentazione certa.
Quando si è deciso di mettere le slot machines e le macchinette con premi in denaro nei bar e nei locali pubblici senza alcuna regolamentazione, si è fatta una scelta criminale che ha prodotto un problema a cui i Comuni in qualche modo hanno dovuto provare a porre rimedio, assumendosi delle responsabilità, utilizzando le ordinanze e prendendo come metodo le limitazioni degli orari e delle distanze dai cosiddetti “luoghi sensibili”.
Ogni Comune ha fatto da sé e questo ha creato innanzitutto una disparità sul territorio nazionale e poi ha prodotto un’incertezza tra gli operatori perché è ovvio che diventava difficile attivarsi per chiedere una concessione allo Stato se poi non era più chiaro se le macchinette in determinati luoghi avrebbero potuto funzionare e quanto.
Sulle possibilità di gioco sul territorio, quindi, va costruita un’intesa tra Stato e Regioni, stabilendo delle regole precise come è scritto anche nel disegno di legge depositato a mia firma.
Già all’interno della Legge di Stabilità, comunque, è prevista la riduzione delle concessioni dei punti gioco dai 17.000 in scadenza a 15.000 licenze.
Un altro punto su cui lavorare è il fatto che occorre mettere delle norme molto restrittive sulle macchine con premi in denaro nei locali pubblici. Con il disegno di legge che abbiamo scritto, le macchinette nei bar si andrebbero a ridurre da 300mila a 200mila.
Da momento, però, che lo Stato è il concessionario occorre che si possa fare affidamento sul fatto che sia realmente in grado di dare le concessioni.
Un’altra questione riguarda la modifica della tassazione, con la necessità di passare dalla tassazione sulle somme giocate alla tassazione sul margine, così come succede in tutta Europa.
Ci sono, inoltre, due terreni che vanno ancora esplorati. Uno è il tema della proibizione della pubblicità che credo vada discusso per comprendere cosa significa realmente. Proibire la pubblicità per il gioco online ai concessionari italiani, cioè sui siti a dominio .it, ad esempio rischia di spostare tutto su ciò che c’è fuori dal .it e, spesso, quello che c’è è illegale. Dietro al dominio .com, ad esempio, non si capisce mai cosa ci sia perché non c’è alcun controllo.
Il tema della pubblicità, quindi, non è affatto scontato ed è un tema serio.
In televisione, chiunque guardi le trasmissioni sportive nei week end, capisce bene che occorre porre un freno alla pubblicità perché ogni minuto c’è qualcuno che invita a scommettere su ciò che accadrà nei minuti successivi, e questo non va bene, in quanto fa passare in modo ossessivo un messaggio sbagliato e diseducativo.
Un’altra questione riguarda la lotta all’illegalità.
Per contrastare l’illegalità, innanzitutto, occorre dare trasparenza e chiarezza al gioco legale. Inoltre, abbiamo bisogno di mettere in campo strumenti, norme che definiscano bene sanzioni penali e amministrative più chiare, apparati dello Stato dedicati al controllo e il controllo deve essere fatto sui soldi che entrano nel mercato, i soldi delle società che chiedono le concessioni ma anche sulle persone che ne fanno parte, e deve avvenire in maniera più forte di ciò che si è fatto fino ad ora.
L’ultimo tema riguarda l’informazione. Ci deve essere, innanzitutto, un’informazione corretta su ciò che è il gioco responsabile e sicuro, c’è poi una proposta di una Consulta permanente che riguarda la prevenzione.
A mio avviso, è giusto che questo venga pagato anche con una parte delle imposte che pagano gli operatori.
C’è, però, molta confusione sui dati dei malati patologici di gioco e, quindi, c’è anche un problema di finanziare la ricerca autonoma e indipendente su questo fenomeno, per capire cosa comporta il cambio di abitudini del gioco.
Oggi, ad esempio, si è visto che i minori scommettono, che gli anziani stanno abbandonando le slot per altri giochi.
Ci sono molte ricerche che presentano dati diversi e possono essere utili per capire i fenomeni e fare prevenzione.
La ricerca, però, deve essere finanziata dallo Stato per aiutarci a capire davvero il fenomeno. Altrimenti si alimenta una discussione confusa che non ci consente di ragionare seriamente per arrivare a dare regole chiare per battere l’illegalità e affrontare queste questioni.