La morte di Jacques Delors
Articolo di Pierluigi Castagnetti.
La morte di Jacques Delors, pur 98enne, lascia un vuoto nella sinistra riformista francese. La sua biografia è infatti abbastanza singolare. Personalmente ho avuto l’opportunità a fine del 1994 di accompagnarlo per le sale del Parlamento europeo a salutare prima il gruppo del PSE poi quello del PPE al termine del suo mandato di Presidente della Commissione europea.
Fece ad entrambi i gruppi più o meno lo stesso discorso: “vi ringrazio per gli anni di preziosa collaborazione, senza il vostro sostegno la mia presidenza non avrebbe potuto realizzare i tanti obiettivi che conoscete, anche se debbo confessarvi che qualche volta ho avvertito un velo di diffidenza perché sono socialista, ma sono anche cattolico e sono stato democristiano” . Mezz’ora più tardi l’ho accompagnato nella sala del gruppo PPE e, anche lì, lo stesso discorso: “…voi sapete che sono cattolico, e ho cominciato a fare politica nel MRP, ma sapete anche che da decenni ormai sono iscritto al Partito Socialista”. E poi, ancora. “…quel sottile velo di diffidenza”.
Insomma parliamo di quel complicato destino di una parte dei cristiani impegnati in politica di essere a volte accompagnati dal sospetto (come insinuava Sorel) di disporre di una sorta di doppia cittadinanza, quella terrena e quella celeste. Peccato, non tanto per i sospettati quanto per i sospettanti che, se capissero la ricchezza di conciliare quelle “due cittadinanze”, vivrebbero meglio le relazioni con quest’altra “tipologia umana”.
La morte di Jacques Delors, pur 98enne, lascia un vuoto nella sinistra riformista francese. La sua biografia è infatti abbastanza singolare. Personalmente ho avuto l’opportunità a fine del 1994 di accompagnarlo per le sale del Parlamento europeo a salutare prima il gruppo del PSE poi quello del PPE al termine del suo mandato di Presidente della Commissione europea.
Fece ad entrambi i gruppi più o meno lo stesso discorso: “vi ringrazio per gli anni di preziosa collaborazione, senza il vostro sostegno la mia presidenza non avrebbe potuto realizzare i tanti obiettivi che conoscete, anche se debbo confessarvi che qualche volta ho avvertito un velo di diffidenza perché sono socialista, ma sono anche cattolico e sono stato democristiano” . Mezz’ora più tardi l’ho accompagnato nella sala del gruppo PPE e, anche lì, lo stesso discorso: “…voi sapete che sono cattolico, e ho cominciato a fare politica nel MRP, ma sapete anche che da decenni ormai sono iscritto al Partito Socialista”. E poi, ancora. “…quel sottile velo di diffidenza”.
Insomma parliamo di quel complicato destino di una parte dei cristiani impegnati in politica di essere a volte accompagnati dal sospetto (come insinuava Sorel) di disporre di una sorta di doppia cittadinanza, quella terrena e quella celeste. Peccato, non tanto per i sospettati quanto per i sospettanti che, se capissero la ricchezza di conciliare quelle “due cittadinanze”, vivrebbero meglio le relazioni con quest’altra “tipologia umana”.