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Human Technopole. Italy 2040

Written by Associazione Democratici per Milano.

Padiglione Italia Expo
Il progetto per il dopo-Expo e il dibattito sulla stampa di questi giorni.
Una panoramica di quanto pubblicato dai giornali.

Nei giorni scorsi è stato anticipato dal Corriere della Sera il progetto dello “Human Technopole. Italy 2040” o “Milano 2040” (il nome è ancora provvisorio) per il dopo-Expo, in cui si propone di realizzare in 25 anni una strategia di sviluppo delle tecnologie umane. [“Tecnologie per la qualità della vita. Dove c’era Expo, 1.600 scienziati”, Corriere della Sera, 8 novembre 2015 – file PDF]
Alla base vi è l’idea di costruire a Milano una sorta di “Città della Scienza”, facendo del capoluogo Lombardo una delle capitali europee anche dal punto di vista della ricerca e dell’innovazione. In questo modo, per Expo 2015, che si è appena conclusa dal punto di vista espositivo, potrebbe essere una sorta di continuità almeno ideale di ciò che c’è stato a Milano per i sei mesi in cui si è svolta la manifestazione. Inoltre, un progetto di tale portata da concretizzarsi in quelle aree può servire anche a dare l’idea che con il 31 ottobre e lo smantellamento dei Padiglioni non si perde il senso di quanto realizzato nei sei mesi di Expo ma anzi lo si usi come una sorta di trampolino di lancio per un progetto più ampio che coinvolge lo sviluppo di Milano e non solo e collega le intelligenze italiane al resto del mondo.
In sostanza, si tratta di una nuova scommessa per Milano. «Milano è da tempo la capitale della moda e del design, è ancora un centro finanziario importante, ha guadagnato moltissimo in termini di "brand" grazie al lavoro degli ultimi anni, ma in quanto a ricerca, scienza e innovazione ancora non ci siamo. Ecco perché sull'area dell'Expo si punta a far sorgere una Città della Scienza, qualcosa che unisca la ricerca (con il campus della Statale), la scienza (con il centro di ricerca avanzata con l'Istituto italiano di tecnologia di Genova) e l'innovazione (con l'hub delle imprese innovative che vuole Assolombarda). Un progetto a lunghissimo termine, da qui al 2040 (anche se la data, va detto, è assolutamente simbolica)», spiega Andrea Signorelli su 02Blog.it.
Concetto questo, espresso anche da Dario Di Vico sul Corriere della Sera: «Capitale riconosciuta della moda e del design, la città punta a diventare un grande crocevia della tecnologia più moderna e la sfida di Rho arriva quantomeno con il timing giusto. Non ci fosse stata l’Expo avremmo dovuto inventarci una motivazione alla sua altezza per avanzare una proposta capace di mettere in sintonia le ambizioni di Milano con le grandi trasformazioni dell’economia. Del resto il cambiamento di pelle della città, gli avvicendamenti di culture e di personalità che stanno rinnovando il sistema delle élite, la capacità di capire meglio di altri le discontinuità richieste dal dopo-crisi sono tutti segnali che legittimano quelle aspirazioni e che hanno già ridotto la distanza che la separava dagli altri grandi hub della modernità europea».

Il progetto del centro tecnologico da 1.600 scienziati da realizzare dove è appena finita l’Expo anticipato dalle pagine del Corriere della Sera, tuttavia ha suscitato una serie di reazioni, non tutte entusiaste, non tanto per la proposta in sé quanto perché nell’annuncio vi era contenuta anche l’ipotesi di affidarne la guida a tre realtà (Istituto italiano tecnologia di Genova, Institute for international interchange di Torino, Edmund Mach Foundation di Trento) rispetto a cui le “eccellenze” milanesi parrebbero venirsi a trovare perlomeno in seconda fila. «Il nocciolo duro di Human Technopole - spiega Dario Di Vico in un altro articolo del Corriere della Sera - è rappresentato proprio dagli uomini e dalle competenze dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova ed anche questa è una novità di cui non ci si può che rallegrare. È una testimonianza (rara) di capacità dello Stato di programmare l’innovazione in Italia e di utilizzare al meglio i nostri scienziati. Come Roberto Cingolani e Giorgio Metta. Tuttavia, sarebbe singolare che il dopo Expo fosse ristretto a Human Technopole e per di più vedesse uno scarso coinvolgimento di Milano e dei suoi punti di forza. Singolare perché si muoverebbe in controtendenza con tutte le analisi di economisti e sociologi che monitorano i flussi di uomini e idee lungo l’asse del Nord. Gli esperti spiegano come Milano vanti nella sua area le competenze che la più agguerrita concorrenza internazionale ormai richiede in ogni campo, ma dia quotidiana dimostrazione di avere l’autorevolezza necessaria per attrarre e valorizzare il meglio degli altri territori».
Di Vico espone poi la sua proposta sul futuro delle aree di Expo: «È più sensato che il dopo Expo non adotti una soluzione a tinta unica ma che l’Università Statale di Milano e gli altri atenei della città siano pienamente coinvolti valorizzando i progetti che avevano elaborato per tempo e con costrutto. L’idea di portare a Rho le facoltà scientifiche della Statale e le residenze dei giovani ha il segno di costruire una Città Studi 2.0 con un grande campus studentesco, come quelli che abbiamo sempre invidiato agli atenei stranieri. La possibilità di ospitare migliaia di universitari nel sito dell’Expo è sicuramente funzionale anche in virtù dell’ottima dotazione infrastrutturale già realizzata e sottoposta nel frattempo a un vero stress test».

Sempre dalle pagine del Corriere della Sera, Paolo Foschini scrive: «Il piano è comunque una buona notizia, - spiega il sindaco Giuliano Pisapia – è progetto importante, un ulteriore impulso per la creazione di un luogo dedicato alla conoscenza a all’innovazione, complementare al Campus universitario proposto dalla Statale». «Idea molto interessante, anche se avrà certamente spiazzato una certa Milano che forse si aspettava annunci diversi» la definisce Stefano Blanco, direttore della Fondazione delle università milanesi. «Milano - scrive - può essere capitale della ricerca italiana e proprio per questo l’investimento del governo nel post Expo sarà molto forte. L’eredità dell’Esposizione si può giocare insieme su questa frontiera. L’idea è quella di valorizzare al massimo le proposte emerse fino a qui dall’Università di Milano, dalle istituzioni locali e da alcune associazioni, interagendo con altre realtà scientifiche forti del Paese. Un progetto integrato fra diverse realtà, di caratura internazionale, che solo a Milano si può sperimentare con questa forza». 
Per il Ministro Maurizio Martina, «Milano può essere capitale della ricerca italiana e proprio per questo l’investimento del governo nel post Expo sarà molto forte. L’eredità dell’Esposizione si può giocare insieme su questa frontiera. L’idea è quella di valorizzare al massimo le proposte emerse fino a qui dall’Università di Milano, dalle istituzioni locali e da alcune associazioni, interagendo con altre realtà scientifiche forti del Paese. Un progetto integrato fra diverse realtà, di caratura internazionale, che solo a Milano si può sperimentare con questa forza».

Sul Corriere della Sera si scatena anche il dibattito: molto polemica Cristina Messa, Rettore dell’Università Bicocca, che non nasconde il proprio stupore e il proprio disappunto per la mancanza di ruolo attribuito all’Università Statale e a Milano all’interno del progetto annunciato [“Una scelta che rischia di scardinare il modello lombardo”, intervista a Cristina Messa, Corriere della Sera, 9 novembre 2015 – file PDF]; mentre Gianfelice Rocca, Presidente di Assolombarda, giudica positivamente il progetto ma chiede tempi certi e il coinvolgimento dell’Università Statale di Milano. [“Bene pubblico-privato. Subito una data certa entro giugno”, Intervista a Gianfelice Rocca, Corriere della Sera, 9 novembre 2015 – file PDF]. Per fugare ogni dubbio sulle sue posizioni, Rocca, poi chiarisce alle agenzie di stampa: «Il progetto del governo per il futuro delle aree Expo è un ottimo tassello, se viene integrato fortemente nel progetto generale. Noi pensiamo che sia un'idea utile purché si integri in quelle che sono le caratteristiche di forza del sistema di ricerca lombardo, purché si integri con le necessità dell'Università Statale. Noi abbiamo sempre visto molti interessi su quell'area. Non tutti ne eravamo informati in questi termini, per cui più o meno avevamo informazioni di interesse da vari centri di ricerca. Quindi fa piacere vedere che c'è questo tipo di interesse».
Visione quest’ultima confermata anche da Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) chiamato alla guida del dopo Expo, che in un’intervista al Corriere parla di una “Boston-Area” e di “Sistema Aperto” e spiega: «Nella cittadella della scienza del dopo Expo ci saranno tanti protagonisti e, insieme, il lavoro da compiere avrà l’obiettivo di migliorare la qualità della vita. La Boston Area, ad esempio, è un luogo che riunisce in un solo punto tanti soggetti, da illustri Università come il Mit e Harvard a importanti iniziative produttive. Ma potrei citare pure l’area di Berlino e i Max Planck Institutes che seguono la stessa logica. Anche il nostro piano ha due anime, quella scientifica e quella industriale. È necessario mettere insieme tutto il meglio che già abbiamo. E il mio primo passo sarà sedermi ad un tavolo con i rettori della Statale e del Politecnico perché si deve partire proprio da ciò che Milano esprime con saperi e attività eccellenti soprattutto nell’area biomedica. L’Iit, l’Isi di Torino e o la Fondazione Mach di Trento coinvolti saranno tasselli del mosaico che comprenderà le grandi realtà che già esistono. Nel delineare le scelte ci dobbiamo chiedere che cosa manca all’Italia e il nostro compito sarà di colmare le necessità per garantirci uno sviluppo e competere sulla scena europea ed extraeuropea. Dovremo darci regole molto elastiche nell’attrarre i giovani anche dall’estero fornendo loro una base per crescere dopo cinque-sei anni verso le accademie. Sarà importante stringere accordi internazionali per creare una dimensione ampia e maggiormente ricca di prospettive. Però sarebbe inefficace pensare di riprodurre pedissequamente dei modelli stranieri. E sarebbe un errore prefabbricare una realtà nuova ignorando istituzioni in grado di esprimere buoni risultati. Nel compiere questa operazione pensiamo inoltre ad un modello non circoscritto al luogo ma che, se funziona, possa trasformarsi in un modello per lo Stato da replicare in altre aree del Paese in settori diversi da quelli che seguiremo nella cittadella milanese. E’ chiaro comunque che ciò che si riuscirà a fare dipenderà anche dalle risorse che saranno messe in gioco e che speriamo ci siano. Sosterremo inoltre la nascita e lo sviluppo di nuove start-up e coltiveremo nuovi rapporti con le aziende per trasferire nuove conoscenze ma si stringeranno anche accordi con gli ospedali per garantire, pure nella pratica, ad esempio, con cartelle elettroniche, una qualità della salute più rispondente alle necessità dei cittadini».

A proposito dell’Università degli Studi di Milano, più volte citata e a cui tutti pensavano che sarebbe andata la guida del progetto, il quotidiano La Repubblica scrive che il rettore Vago cerca di guardare al nuovo pezzo del mosaico con favore: «Dividere il progetto con le bandierine sarebbe una follia. Non ne farei un questione di guide. Sono contento che ci sia condivisione generale su quella che è stata un po' una nostra idea, cioè la destinazione scientifica. Io ho in mente un progetto di sistema. Il tema è capire il contributo di ciascuno».
Da La Repubblica parla anche Mario Monti, Presidente dell’Università Bocconi, il quale approva il piano del governo e non vede problemi nel fatto che anche le Università milanesi ne diventino parte integrante, così come approva il coinvolgimento di Assolombarda che potrebbe svolgere un ruolo di rafforzamento della posizione di Milano e consentire il fatto che la città diventi cerniera tra Italia e resto del mondo. [“Il polo di ricerca confermerà Milano nel suo ruolo di ricerca tra Italia e mondo”, intervista a Mario Monti, La Repubblica, 10 novembre 2015 – file PDF].
Sempre dalla Bocconi, il rettore Andrea Sironi, in un’intervista all’ANSA, auspica che «si possa avere un progetto che coinvolga sia l'Istituto italiano di tecnologia che l'Università Statale. Vedo complementarietà non solo di soggetti ma anche di discipline tra la robotica e le scienze della vita in cui la Statale ha una competenza molto forte. Inoltre, l'area Expo è enorme ed anche il progetto della Statale ne avrebbe occupata soltanto una frazione, la mia impressione è che potrebbe essere molto positivo mettere insieme le forze, l'investimento finanziario è molto ingente, dubito che si possa fare con un solo soggetto. Vedo, quindi, con favore il coinvolgimento dell'Istituto italiano di tecnologia che può portare competenza ed un'esperienza ricca di grande valore. La Bocconi è fuori da questo progetto, ne abbiamo uno indipendente sviluppato da tempo che non ci consente di partecipare al progetto di area Expo».

A riportare l’attenzione sul tema più proprio che ha caratterizzato Expo 2015 della nutrizione, del diritto al cibo e anche del ruolo delle donne in questi settori è stato l’intervento sul Corriere della Sera di Livia Pomodoro, Presidente del Milan Center for Food Law and Policy, la quale chiede che tutta questa esperienza non venga dimenticata e trovi spazio anche all’interno del nuovo progetto. [“Diritto al cibo. Impegno da rispettare”, lettera di Livia Pomodoro, Corriere della Sera, 10 novembre 2015 – file PDF].

Più concreto, invece, il dibattito in corso sulle pagine del Sole 24 Ore in cui viene messo in evidenza l’interesse delle imprese per il progetto e eventuali coinvolgimenti e ricadute positive in termini economici, oltre che a livello ideale e di prestigio di immagine; senza dimenticare i costi ipotizzati per i progetti presentati e le dimensioni delle aree su cui si sta ragionando. [“Dopo Expo cerca risorse e imprese”, Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2015 – file PDF].

Della partita politica e della narrazione di Renzi, si occupa invece L’Unità, che scrive: «L’obiettivo di Expo2015 era quello di dimostrare che il nostro può essere un Paese che funziona, che sa superare gli scandali che hanno preceduto la gestione affidata al commissario Giuseppe Sala e sa presentarsi al mondo con una vetrina di successo. Incassato il risultato, con un esito perfino superiore alle aspettative, ora Renzi alza ancora di più l’asticella e punta a far diventare l’Italia un polo di attrazione per le Human technologies. L’idea è di valorizzare il Dna italiano con intelligenze provenienti da tutto il mondo ed è in perfetta sintonia con la narrazione renziana: anziché piangere per la “fuga dei cervelli”, puntare sul loro ritorno, facendoli accompagnare dalle intelligenze provenienti da altri Paesi e investire sulle eccellenze, privilegiando quindi il merito e l’innovazione; creare sinergie positive tra pubblico e privato, perché non può essere lo Stato a creare da solo le condizioni per rilanciare l’economia e migliorare la vita dei cittadini».

Rassegna stampa:

Tecnologie per la qualità della vita. Dove c’era Expo, 1.600 scienziati”, Corriere della Sera, 8 novembre 2015»
Dopo Expo, Renzi coinvolga Milano, Corriere della Sera, 10 novembre 2015»
Milano resti al centro dopo Expo, Corriere della Sera, 9 novembre 2015»
“Una scelta che rischia di scardinare il modello lombardo”, intervista a Cristina Messa, Corriere della Sera, 9 novembre 2015»
“Bene pubblico-privato. Subito una data certa entro giugno”, Intervista a Gianfelice Rocca, Corriere della Sera, 9 novembre 2015»
“Formula Boston Area, sarà un sistema aperto”, intervista a Roberto Cingolani, Corriere della Sera, 9 novembre 2015»
“Il polo di ricerca confermerà Milano nel suo ruolo di ricerca tra Italia e mondo”, intervista a Mario Monti, La Repubblica, 10 novembre 2015»
“Diritto al cibo. Impegno da rispettare”, lettera di Livia Pomodoro, Corriere della Sera, 10 novembre 2015»
“Dopo Expo cerca risorse e imprese”, Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2015»
Dopo Expo, l’Italia: il piano di Renzi è un messaggio politico, L’Unità, 10 novembre 2015»
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