Ipocriti su calcio e azzardo
Articolo di Franco Mirabelli pubblicato su Avvenire.
Il grande clamore suscitato dall’inchiesta sui siti illegali di scommesse che ha coinvolto alcuni calciatori ha provocato una discussione che ha impegnato i media e le diverse componenti del mondo del calcio su un tema, come quello del gioco d’azzardo, normalmente ignorato.
Sono stati messi in evidenza i danni che, soprattutto sui più giovani, possono produrre le scommesse e il gioco patologico, si è sottolineata la necessità di trasmettere, anche nello sport, messaggi educativi e valori per contrastare la “cultura dell’azzardo”.
Ma se non si vuole essere ipocriti e si vuole evitare che questo dibattito resti fine a se stesso, bisogna denunciare il paradosso di un mondo sportivo, soprattutto quello del calcio, che da una parte per bocca dei suoi stessi vertici, si scaglia contro le scommesse e l’azzardo e dall’altra parte è diventato strumento per pubblicizzarle.
Dal 2018 la pubblicità del gioco è proibita in televisione, ma l’Agcom ha deciso di consentire la pubblicità di dati e notizie e ciò ha permesso, da una parte di promuovere i siti che richiamano a quelli del gioco che spesso sponsorizzano le maglie delle squadre e i tabelloni pubblicitari negli stadi e, dall’altra, ha permesso di propagandare in tv le quote che le diverse agenzie propongono per le scommesse, raccontando così anche su cosa è possibile giocare.
L’idea che per combattere il gioco patologico si debba intervenire per ridurre la domanda e l’offerta è quella che ha ispirato le norme del 2018 e quelle che hanno portato a ridurre le slot e le vlt.
Questa è la strada su cui occorre proseguire per realizzare gli obiettivi di cui tanto si è parlato in queste settimane. Superare questa contraddizione tra le parole spese per proteggere dal gioco patologico e i fatti che raccontano invece della disponibilità, in nome delle necessità economiche, di pubblicizzarlo, sarebbe la degna conclusione di questa vicenda.
Non serve aspettare che Agcom prenda atto dell’abuso che viene fatto delle sue linee guida, cosa peraltro necessaria, ma basterebbe una decisione della Federcalcio, delle società e degli operatori dell’informazione per essere coerenti con ciò che giustamente si sta dicendo.
Infine, è auspicabile che anche il Ministro per lo Sport Abodi sia coerente con ciò che ha detto in questi giorni e rinunci all’idea, che ha più volte esplicitato, di presentare un disegno di legge per superare il divieto di pubblicizzare giochi e scommesse.
Il grande clamore suscitato dall’inchiesta sui siti illegali di scommesse che ha coinvolto alcuni calciatori ha provocato una discussione che ha impegnato i media e le diverse componenti del mondo del calcio su un tema, come quello del gioco d’azzardo, normalmente ignorato.
Sono stati messi in evidenza i danni che, soprattutto sui più giovani, possono produrre le scommesse e il gioco patologico, si è sottolineata la necessità di trasmettere, anche nello sport, messaggi educativi e valori per contrastare la “cultura dell’azzardo”.
Ma se non si vuole essere ipocriti e si vuole evitare che questo dibattito resti fine a se stesso, bisogna denunciare il paradosso di un mondo sportivo, soprattutto quello del calcio, che da una parte per bocca dei suoi stessi vertici, si scaglia contro le scommesse e l’azzardo e dall’altra parte è diventato strumento per pubblicizzarle.
Dal 2018 la pubblicità del gioco è proibita in televisione, ma l’Agcom ha deciso di consentire la pubblicità di dati e notizie e ciò ha permesso, da una parte di promuovere i siti che richiamano a quelli del gioco che spesso sponsorizzano le maglie delle squadre e i tabelloni pubblicitari negli stadi e, dall’altra, ha permesso di propagandare in tv le quote che le diverse agenzie propongono per le scommesse, raccontando così anche su cosa è possibile giocare.
L’idea che per combattere il gioco patologico si debba intervenire per ridurre la domanda e l’offerta è quella che ha ispirato le norme del 2018 e quelle che hanno portato a ridurre le slot e le vlt.
Questa è la strada su cui occorre proseguire per realizzare gli obiettivi di cui tanto si è parlato in queste settimane. Superare questa contraddizione tra le parole spese per proteggere dal gioco patologico e i fatti che raccontano invece della disponibilità, in nome delle necessità economiche, di pubblicizzarlo, sarebbe la degna conclusione di questa vicenda.
Non serve aspettare che Agcom prenda atto dell’abuso che viene fatto delle sue linee guida, cosa peraltro necessaria, ma basterebbe una decisione della Federcalcio, delle società e degli operatori dell’informazione per essere coerenti con ciò che giustamente si sta dicendo.
Infine, è auspicabile che anche il Ministro per lo Sport Abodi sia coerente con ciò che ha detto in questi giorni e rinunci all’idea, che ha più volte esplicitato, di presentare un disegno di legge per superare il divieto di pubblicizzare giochi e scommesse.
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