La destra sbatte contro il lavoro povero
Articolo di Chiara Braga.
E’ da quattro mesi che in Commissione Lavoro discutiamo della proposta presentata in maniera unitaria dall’opposizione per approvare anche in Italia una legge sul salario minimo. La destra nelle scorse settimane ha presentato in Commissione un unico emendamento, interamente soppressivo del nostro provvedimento, sottraendosi a ogni confronto sul merito.
Alla fine però sono stati costretti a fare i conti con la realtà e hanno dovuto fare marcia indietro: perché le ragioni dei 3,5 milioni di lavoratori e lavoratrici poveri sono più forti della loro arroganza.
La maggioranza non ha avuto il coraggio di votare quell’emendamento soppressivo e ieri ha preso il via il confronto in aula sulla nostra proposta di legge. L’escamotage per sfuggire ancora una volta al confronto è stato quello di presentare una sospensiva, per rinviare la discussione in autunno. O meglio cercare di buttare la palla in tribuna, pensando così di cancellare l’urgenza.
Ma questo non sarà possibile. Meloni e il suo Governo si dovranno misurare con il consenso diffuso nel Paese di chi chiede l’introduzione di una retribuzione minima garantita: esiste in Italia un problema di lavoro povero, di lavoratrici e lavoratori sfruttati e mal pagati. L'inflazione continua a galoppare e in sei mesi si è già mangiata, così ci dicono le rilevazioni statistiche, il 6 per cento del potere d'acquisto dei lavoratori. Ciò significa che il lavoro povero crescerà ancora e se consideriamo anche il processo di deindustrializzazione del nostro Paese in costante crescita, si comprenderà bene come il lavoro povero rischia davvero di diventare un problema strutturale e riguardare una fascia sempre poi ampia di lavoratori italiani. Giovani e donne, ma non solo.
Per le opposizioni unite (con la sola eccezione di IV) quello che è avvenuto in questi mesi è un risultato importante. Come Pd ci siamo spesi con grande determinazione e impegno per costruire una posizione condivisa tra le opposizioni. Abbiamo portato in Parlamento una battaglia per la dignità del lavoro, per vedere riconosciuto il diritto sancito dall’articolo 36 della Costituzione che stabilisce che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.” Perché sotto una certa soglia non si può più parlare di lavoro ma di sfruttamento.
Abbiamo messo il lavoro al centro, abbiamo costretto la destra e il Governo a cambiare l’agenda e a misurarsi con una urgenza che tocca la vita quotidiana di milioni di cittadini e cittadini e di famiglie. Su questo tema non ci sono ragioni valide per nessun ritardo: per questo siamo pronti a confrontarci in qualunque momento con il Governo e la maggioranza, anche sul merito delle loro proposte (che oggi non ci sono) . Ma questa settimana ci batteremo in Parlamento perché non ci sia nessun riunivo e finalmente si scoprano le carte: Meloni e la destra dicano finalmente se vogliono occuparsi di tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri o solo dei guai giudiziari dei loro Ministri e sottosegretari.
E’ da quattro mesi che in Commissione Lavoro discutiamo della proposta presentata in maniera unitaria dall’opposizione per approvare anche in Italia una legge sul salario minimo. La destra nelle scorse settimane ha presentato in Commissione un unico emendamento, interamente soppressivo del nostro provvedimento, sottraendosi a ogni confronto sul merito.
Alla fine però sono stati costretti a fare i conti con la realtà e hanno dovuto fare marcia indietro: perché le ragioni dei 3,5 milioni di lavoratori e lavoratrici poveri sono più forti della loro arroganza.
La maggioranza non ha avuto il coraggio di votare quell’emendamento soppressivo e ieri ha preso il via il confronto in aula sulla nostra proposta di legge. L’escamotage per sfuggire ancora una volta al confronto è stato quello di presentare una sospensiva, per rinviare la discussione in autunno. O meglio cercare di buttare la palla in tribuna, pensando così di cancellare l’urgenza.
Ma questo non sarà possibile. Meloni e il suo Governo si dovranno misurare con il consenso diffuso nel Paese di chi chiede l’introduzione di una retribuzione minima garantita: esiste in Italia un problema di lavoro povero, di lavoratrici e lavoratori sfruttati e mal pagati. L'inflazione continua a galoppare e in sei mesi si è già mangiata, così ci dicono le rilevazioni statistiche, il 6 per cento del potere d'acquisto dei lavoratori. Ciò significa che il lavoro povero crescerà ancora e se consideriamo anche il processo di deindustrializzazione del nostro Paese in costante crescita, si comprenderà bene come il lavoro povero rischia davvero di diventare un problema strutturale e riguardare una fascia sempre poi ampia di lavoratori italiani. Giovani e donne, ma non solo.
Per le opposizioni unite (con la sola eccezione di IV) quello che è avvenuto in questi mesi è un risultato importante. Come Pd ci siamo spesi con grande determinazione e impegno per costruire una posizione condivisa tra le opposizioni. Abbiamo portato in Parlamento una battaglia per la dignità del lavoro, per vedere riconosciuto il diritto sancito dall’articolo 36 della Costituzione che stabilisce che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.” Perché sotto una certa soglia non si può più parlare di lavoro ma di sfruttamento.
Abbiamo messo il lavoro al centro, abbiamo costretto la destra e il Governo a cambiare l’agenda e a misurarsi con una urgenza che tocca la vita quotidiana di milioni di cittadini e cittadini e di famiglie. Su questo tema non ci sono ragioni valide per nessun ritardo: per questo siamo pronti a confrontarci in qualunque momento con il Governo e la maggioranza, anche sul merito delle loro proposte (che oggi non ci sono) . Ma questa settimana ci batteremo in Parlamento perché non ci sia nessun riunivo e finalmente si scoprano le carte: Meloni e la destra dicano finalmente se vogliono occuparsi di tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri o solo dei guai giudiziari dei loro Ministri e sottosegretari.
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