In fondo al mare
Articolo di Piero Fassino.
"La più grande tragedia nel Mediterraneo": con queste parole la Commissaria europea alle migrazioni ha denunciato l'orrore che si è consumato nelle acque gelide dell'Egeo. I corpi senza più vita di centinaia di bambini, donne, uomini inermi giacciono sul fondo del mare. Povera gente imbarcatasi su una carretta - pagando un pizzo ai trafficanti - nella speranza si trovare in Europa quelle ragioni di vita e di dignità che disperava di poter avere nel proprio Paese.
Una speranza troncata per sempre dal naufragio.
Ma in fondo al mare c'è anche la nostra coscienza di donne e uomini che viviamo in società opulente, dove anche chi è povero - e ce ne sono molti - non è sottoposto alla miseria, all'indigenza, alle violenze di chi fugge dal proprio paese. E in fondo al mare c'è la coscienza dell’Europa incapace di guardare in faccia il dramma delle migrazioni e di darsi una strategia e strumenti per gestire flussi migratori che si continua a considerare un'emergenza transitoria quando invece sono un fenomeno strutturale. Tanto più in un'Europa che, in costante calo di natalità, di qui alla fine del secolo avrà 60/70 milioni di abitanti in meno (l’Italia 5/6 milioni) e dunque ha bisogno - per il proprio sviluppo e la propria prosperità - di un contributo demografico aggiuntivo che solo può derivare da flussi migratori.
È di queste settimane l'annuncio di un nuovo Patto europeo sull'immigrazione e sull'asilo che superi l'obsoleto e inadeguato Regolamento di Dublino. È un passo - peraltro approvato con la contrarietà di Ungheria e Polonia - ma molto piccolo e ancora insufficiente. Non è previsto alcun meccanismo di redistribuzione dei migranti e, al contrario, si affida a rapporti bilaterali tra Stati - per esempio tra Italia e Tunisia - di concordare la creazione di hot spot nei paesi terzi. Insomma la moltiplicazione del modello Turchia: i Paesi europei finanziano i Paesi di origine o di transito perché si tengano lí i migranti. E così "occhio non vede, cuore non duole". I migranti non sbarcano più sulle nostre coste (illusione) e noi viviamo tutti sereni. Un intreccio tra egoismo e cecità che non fermerà il traffico di migranti e moltiplicherà campi di internamento inumani e violenti.
E non si affronta seriamente il tema del salvataggio in mare - obbligo codificato da norme e trattati internazionali - lasciando così che si consumino altri tragici naufragi. Anche perché si è rivelato inefficace l'attuale meccanismo di consultazioni e concertazione tra Frontex e i governi nazionali ogni volta che si manifesta una barca in mare. Quel che invece serve è attivare una nuova missione europea sul modello di Mare Nostrum e Sofia che hanno consentito tra il 2015 e il 2020 di salvare la vita a più di 50.000 persone.
Nelle prossime settimane il testo del nuovo Patto sarà sottoposto al "trilogo" la procedura di concertazione tra Commissione, Consiglio Europeo e Parlamento Europeo. Si vedrà lì se l'Europa sarà capace di un salto o si adagerà ancora un volta su soluzioni falsamente rassicuranti.
"La più grande tragedia nel Mediterraneo": con queste parole la Commissaria europea alle migrazioni ha denunciato l'orrore che si è consumato nelle acque gelide dell'Egeo. I corpi senza più vita di centinaia di bambini, donne, uomini inermi giacciono sul fondo del mare. Povera gente imbarcatasi su una carretta - pagando un pizzo ai trafficanti - nella speranza si trovare in Europa quelle ragioni di vita e di dignità che disperava di poter avere nel proprio Paese.
Una speranza troncata per sempre dal naufragio.
Ma in fondo al mare c'è anche la nostra coscienza di donne e uomini che viviamo in società opulente, dove anche chi è povero - e ce ne sono molti - non è sottoposto alla miseria, all'indigenza, alle violenze di chi fugge dal proprio paese. E in fondo al mare c'è la coscienza dell’Europa incapace di guardare in faccia il dramma delle migrazioni e di darsi una strategia e strumenti per gestire flussi migratori che si continua a considerare un'emergenza transitoria quando invece sono un fenomeno strutturale. Tanto più in un'Europa che, in costante calo di natalità, di qui alla fine del secolo avrà 60/70 milioni di abitanti in meno (l’Italia 5/6 milioni) e dunque ha bisogno - per il proprio sviluppo e la propria prosperità - di un contributo demografico aggiuntivo che solo può derivare da flussi migratori.
È di queste settimane l'annuncio di un nuovo Patto europeo sull'immigrazione e sull'asilo che superi l'obsoleto e inadeguato Regolamento di Dublino. È un passo - peraltro approvato con la contrarietà di Ungheria e Polonia - ma molto piccolo e ancora insufficiente. Non è previsto alcun meccanismo di redistribuzione dei migranti e, al contrario, si affida a rapporti bilaterali tra Stati - per esempio tra Italia e Tunisia - di concordare la creazione di hot spot nei paesi terzi. Insomma la moltiplicazione del modello Turchia: i Paesi europei finanziano i Paesi di origine o di transito perché si tengano lí i migranti. E così "occhio non vede, cuore non duole". I migranti non sbarcano più sulle nostre coste (illusione) e noi viviamo tutti sereni. Un intreccio tra egoismo e cecità che non fermerà il traffico di migranti e moltiplicherà campi di internamento inumani e violenti.
E non si affronta seriamente il tema del salvataggio in mare - obbligo codificato da norme e trattati internazionali - lasciando così che si consumino altri tragici naufragi. Anche perché si è rivelato inefficace l'attuale meccanismo di consultazioni e concertazione tra Frontex e i governi nazionali ogni volta che si manifesta una barca in mare. Quel che invece serve è attivare una nuova missione europea sul modello di Mare Nostrum e Sofia che hanno consentito tra il 2015 e il 2020 di salvare la vita a più di 50.000 persone.
Nelle prossime settimane il testo del nuovo Patto sarà sottoposto al "trilogo" la procedura di concertazione tra Commissione, Consiglio Europeo e Parlamento Europeo. Si vedrà lì se l'Europa sarà capace di un salto o si adagerà ancora un volta su soluzioni falsamente rassicuranti.