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Milano diventi la capitale dello sviluppo sostenibile

Written by Salvatore Veca.

Expo
Intervista di Repubblica a Salvatore Veca.

La definisce "il lascito di Expo", ciò che rimarrà sul fronte "degli impegni e delle responsabilità" che a vari livelli possono essere prese sul tema dell'alimentazione. Ma anche "una piattaforma" da cui si può ripartire allargando ulteriormente la rete internazionale costruita in questi mesi. Perché per il filosofo Salvatore Veca, coordinatore di Laboratorio Expo e curatore scientifico della Carta di Milano, sarà anche questa un'eredità del 2015.
Come si può costruire, concretamente, l'eredità culturale di cui parla?
"C'è già un'ampia serie di iniziative che partono dal fatto che la Carta c'è, che esiste. Penso ad esempio al centro internazionale sul diritto all'alimentazione presieduto da Livia Pomodoro, penso ad alcune commissioni del Parlamento europeo che lavorano su alcuni dei temi della Carta. Il laboratorio che abbiamo creato, però, potrebbe estendere ancora il proprio raggio di ricerca in modo che il lavoro fatto per Expo non si dissolva il primo novembre. Non abbiamo bisogno di inventarci altre cose, ma di capitalizzare un insieme di rapporti, reti e connessioni sviluppati con università e centri di ricerca italiani e stranieri. Milano potrebbe diventare, in una prospettiva inclusiva, la sede di un istituto internazionale di alti studi, ricerca e formazione legato allo sviluppo sostenibile".
Come risponde alle accuse di quanti sostengono che, in realtà, i contenuti di Expo si siano un po' perduti nell'effetto Luna Park?
"Expo non è stata soltanto un momento di convivialità, curiosità o movida serale. È stata, come accade in tutte le Esposizioni che non possono essere esclusivamente manifestazioni per accademici, tutte queste cose insieme. Ma pensiamo a tutta la gamma di occasioni di incontro e assunzioni di responsabilità che a vari livelli culmineranno con la visita di Ban Ki-moon, a quello che è accaduto con Women for Expo e in Cascina Triulza. Non possiamo negare che, accanto a chi cercava il gusto, ci sia stato un gran numero di eventi e dibattiti di ogni tipo, da quelli politici a quelli che hanno coinvolto le associazioni".
Qual è la parte della Carta che considera più innovativa?
"La connessione, il grande campo di responsabilità, da quelle individuali a quelle di istituzioni, imprese e associazioni. È la stessa struttura della Carta un tratto distintivo. Siamo partiti da un punto semplice ma così difficile da raggiungere come il diritto al cibo adeguato e sicuro per tutti e abbiamo fatto discendere una serie impressionante di aspetti connessi che riguardano la qualità della vita delle persone".
Ma quanta consapevolezza può esserci in chi ha firmato il documento?
Non c'è il rischio che rimangano solo parole? "Il Primo maggio la Carta aveva 94 allegati rappresentati dai report arrivati da varie parti. Da allora, però, si sono aggiunte altre quindici proposte e altre ancora stanno continuando ad arrivare. Sono integrazioni, alcune anche critiche: sono il segnale che la Carta c'è e che è riuscita a mettere in moto una discussione. È stata una generatrice di consapevolezza a livelli inevitabilmente molto diversi, ma senza questa piattaforma non avremmo avuto questa crescita e il confronto anche con idee alternative".
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