La natura non fa sconti
Articolo di Piero Fassino.
La tragedia ambientale che ha travolto la Romagna e il nord delle Marche dice in modo incontestabile che l'emergenza climatica non è un'invenzione di naturalisti ideologici, ma un'amara e ineludibile realtà. Il cambiamento climatico suscitato dalla enorme quantità di emissioni chimiche è un processo in atto ormai da anni che si manifesta con la crescita delle temperature, l'innalzamento dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai, la desertificazione delle regioni calde.
Il mondo lo sa tant'è che prima con il Protocollo di Kyoto e poi con gli Accordi di Parigi si è dato strumenti e politiche per arginare quei fenomeni e fermare la compromissione della vivibilità del pianeta. Ma si assiste al paradosso filosofico di Achille e la tartaruga.
Le misure assunte sono inferiori alle necessità e gli esiti delle misure assunte sono sempre sopravanzate da processi più acuti e veloci. Ne è dimostrazione plastica la lentezza con cui si attuano obiettivi di riduzione delle emissioni e politiche di transizione energetica.
E questo vale anche per i territori in cui viviamo.
Non si tratta di arrestare lo sviluppo. Anche perché insediamenti produttivi, infrastrutture, urbanizzazioni sono stati e sono essenziali per garantire lavoro, progresso sociale, distribuzione di ricchezza, opportunità di vita.
Nessuno accetterebbe di vivere in una società in "decrescita felice". D'altra parte il rapporto tra uomo e natura - fin dalle origini del mondo - non è mai stato di sola contemplazione, ma sempre di trasformazione.
Ma proprio per questo non ci può affidare passivamente alla dinamica spontanea degli eventi. Ogni trasformazione deve essere guidata e gestita secondo criteri di compatibilità e sostenibilità. Vale per ogni angolo del pianeta, vale tanto più per l'Italia esposta fenomeni sismici e fragilità geologiche.
Insomma, la natura non fa sconti. E proprio per questo l'approccio non può essere emergenziale, intervenendo sempre e soltanto dopo che un evento catastrofico ha prodotto tragedie umane, ambientali e sociali. Serve dotarsi davvero di una strategia di programmazione, previsione, cura del territorio: i rimboschimenti e la tutela del patrimonio montano; la pulizia degli alvei e la tenuta degli argini, la sostenibilità di ogni insediamento e infrastruttura valutandone l'impatto ambientale; i piani antisisma; l'investimento in energie pulite. E questo richiede una strategia costante, con interventi non episodici e dotazioni finanziarie che permettano a amministrazioni statali, Regioni e Comuni di dare corso a programmi pluriennali e ad una azione di monitoraggio e interventi puntuale.
In queste ore le priorità sono fermare le piene, le esondazioni, le frane. E soccorrere le popolazioni, salvare vite, mettere in salvo chi è a rischio, ripristinare comunicazioni, salvaguardare impianti e siti produttivi, restituire a ogni comunità condizioni di vivibilità. Ed è commovente vedere la generosità, il coraggio, l'altruismo di migliaia di volontari, di tantissimi ragazze e ragazzi, così come l'infaticabile azione della Protezione civile, dell'esercito, delle strutture pubbliche nazionali e locali. Sostenere quell'immenso sforzo e far sentire a chi è in prima linea sostegno, solidarietà, vicinanza è compito di ciascuno di noi e dell'intera nazione.
Ma scongiurati ulteriori drammi e calmatasi la bufera, occorre mettersi al lavoro subito con la stessa determinazione di questi giorni per restituire a ogni persona e a ogni comunità sicurezza, fiducia e serenità.
La tragedia ambientale che ha travolto la Romagna e il nord delle Marche dice in modo incontestabile che l'emergenza climatica non è un'invenzione di naturalisti ideologici, ma un'amara e ineludibile realtà. Il cambiamento climatico suscitato dalla enorme quantità di emissioni chimiche è un processo in atto ormai da anni che si manifesta con la crescita delle temperature, l'innalzamento dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai, la desertificazione delle regioni calde.
Il mondo lo sa tant'è che prima con il Protocollo di Kyoto e poi con gli Accordi di Parigi si è dato strumenti e politiche per arginare quei fenomeni e fermare la compromissione della vivibilità del pianeta. Ma si assiste al paradosso filosofico di Achille e la tartaruga.
Le misure assunte sono inferiori alle necessità e gli esiti delle misure assunte sono sempre sopravanzate da processi più acuti e veloci. Ne è dimostrazione plastica la lentezza con cui si attuano obiettivi di riduzione delle emissioni e politiche di transizione energetica.
E questo vale anche per i territori in cui viviamo.
Non si tratta di arrestare lo sviluppo. Anche perché insediamenti produttivi, infrastrutture, urbanizzazioni sono stati e sono essenziali per garantire lavoro, progresso sociale, distribuzione di ricchezza, opportunità di vita.
Nessuno accetterebbe di vivere in una società in "decrescita felice". D'altra parte il rapporto tra uomo e natura - fin dalle origini del mondo - non è mai stato di sola contemplazione, ma sempre di trasformazione.
Ma proprio per questo non ci può affidare passivamente alla dinamica spontanea degli eventi. Ogni trasformazione deve essere guidata e gestita secondo criteri di compatibilità e sostenibilità. Vale per ogni angolo del pianeta, vale tanto più per l'Italia esposta fenomeni sismici e fragilità geologiche.
Insomma, la natura non fa sconti. E proprio per questo l'approccio non può essere emergenziale, intervenendo sempre e soltanto dopo che un evento catastrofico ha prodotto tragedie umane, ambientali e sociali. Serve dotarsi davvero di una strategia di programmazione, previsione, cura del territorio: i rimboschimenti e la tutela del patrimonio montano; la pulizia degli alvei e la tenuta degli argini, la sostenibilità di ogni insediamento e infrastruttura valutandone l'impatto ambientale; i piani antisisma; l'investimento in energie pulite. E questo richiede una strategia costante, con interventi non episodici e dotazioni finanziarie che permettano a amministrazioni statali, Regioni e Comuni di dare corso a programmi pluriennali e ad una azione di monitoraggio e interventi puntuale.
In queste ore le priorità sono fermare le piene, le esondazioni, le frane. E soccorrere le popolazioni, salvare vite, mettere in salvo chi è a rischio, ripristinare comunicazioni, salvaguardare impianti e siti produttivi, restituire a ogni comunità condizioni di vivibilità. Ed è commovente vedere la generosità, il coraggio, l'altruismo di migliaia di volontari, di tantissimi ragazze e ragazzi, così come l'infaticabile azione della Protezione civile, dell'esercito, delle strutture pubbliche nazionali e locali. Sostenere quell'immenso sforzo e far sentire a chi è in prima linea sostegno, solidarietà, vicinanza è compito di ciascuno di noi e dell'intera nazione.
Ma scongiurati ulteriori drammi e calmatasi la bufera, occorre mettersi al lavoro subito con la stessa determinazione di questi giorni per restituire a ogni persona e a ogni comunità sicurezza, fiducia e serenità.