La società deve darsi delle regole
Articolo pubblicato da La Stampa.
«L’altro giorno mio figlio, un po’ per scherzo, ha chiesto all’intelligenza artificiale di scrivere due articoli sull’euro, uno con lo stile di Prodi e uno con lo stile di Tremonti: sono usciti due articoli perfetti». L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi parte da questo esempio per spiegare il suo punto di vista sulle potenzialità dell’AI, che lui stesso definisce «un cambiamento totale».
Nel suo intervento alla presentazione del libro di Vittorio Bertola e Stefano Quintarelli «Internet fatta a pezzi - Sovranità digitale, nazionalismi e big tech», svoltosi oggi pomeriggio all’Università Cattolica di Milano, Prodi parla però anche dell'incertezza legata ai nuovi scenari che questo strumento aprirà: «è una rivoluzione in corso, con aspetti che non sono prevedibili. Quello che è certo è che prenderà potere non solo nei rapporti con i media e la conoscenza ma anche in tutta la trasformazione del mondo produttivo. Come economista sto cercando di capire in che modo, ma al momento non so come andrà a finire». In merito poi ai possibili pericoli legati agli sviluppi futuri dell'AI, l'ex presidente della Commissione Europea precisa: «Certo, i pericoli ci sono, come in tutte le situazioni in cui ci sono grandi concentrazioni di potere, come quelle dei nuovi media. La società deve difendersi e mettere delle regole».
Nel dialogo con gli autori del libro, coordinato da Giuseppe Riva, direttore dello Humane Technology Lab, il laboratorio dell’Università Cattolica nato per investigare il rapporto tra esperienza umana e tecnologia, si è parlato anche dei possibili stravolgimenti legati al settore della pubblicità: «Stiamo andando verso un mondo dove l'intelligenza artificiale produrrà contenuti che saranno visti da altre intelligenze artificiali che metteranno dei like e questo com'è compatibile con il modello della pubblicità che c'è adesso, che si basa sul fatto che un annuncio venga visto da un tot di persone? - si chiede Quintarelli – Bisognerebbe verificare che le interazioni e le visualizzazioni siano fatte effettivamente da esseri umani. Questa è una discontinuità che potrà rimettere in gioco le dinamiche che ci sono oggi, magari si creeranno delle nuove opportunità».
«L’altro giorno mio figlio, un po’ per scherzo, ha chiesto all’intelligenza artificiale di scrivere due articoli sull’euro, uno con lo stile di Prodi e uno con lo stile di Tremonti: sono usciti due articoli perfetti». L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi parte da questo esempio per spiegare il suo punto di vista sulle potenzialità dell’AI, che lui stesso definisce «un cambiamento totale».
Nel suo intervento alla presentazione del libro di Vittorio Bertola e Stefano Quintarelli «Internet fatta a pezzi - Sovranità digitale, nazionalismi e big tech», svoltosi oggi pomeriggio all’Università Cattolica di Milano, Prodi parla però anche dell'incertezza legata ai nuovi scenari che questo strumento aprirà: «è una rivoluzione in corso, con aspetti che non sono prevedibili. Quello che è certo è che prenderà potere non solo nei rapporti con i media e la conoscenza ma anche in tutta la trasformazione del mondo produttivo. Come economista sto cercando di capire in che modo, ma al momento non so come andrà a finire». In merito poi ai possibili pericoli legati agli sviluppi futuri dell'AI, l'ex presidente della Commissione Europea precisa: «Certo, i pericoli ci sono, come in tutte le situazioni in cui ci sono grandi concentrazioni di potere, come quelle dei nuovi media. La società deve difendersi e mettere delle regole».
Nel dialogo con gli autori del libro, coordinato da Giuseppe Riva, direttore dello Humane Technology Lab, il laboratorio dell’Università Cattolica nato per investigare il rapporto tra esperienza umana e tecnologia, si è parlato anche dei possibili stravolgimenti legati al settore della pubblicità: «Stiamo andando verso un mondo dove l'intelligenza artificiale produrrà contenuti che saranno visti da altre intelligenze artificiali che metteranno dei like e questo com'è compatibile con il modello della pubblicità che c'è adesso, che si basa sul fatto che un annuncio venga visto da un tot di persone? - si chiede Quintarelli – Bisognerebbe verificare che le interazioni e le visualizzazioni siano fatte effettivamente da esseri umani. Questa è una discontinuità che potrà rimettere in gioco le dinamiche che ci sono oggi, magari si creeranno delle nuove opportunità».