Riforma del patto di stabilità
Articolo di Patrizia Toia.
Il Commissario europeo Paolo Gentiloni ha presentato la proposta per il nuovo Patto di Stabilità, che terrà maggior conto delle differenze in ambito fiscale ed economico dei singoli Stati membri. Nello specifico:
- Sebbene restino invariati i valori di riferimento del 3% e del 60% del Pil rispettivamente per il deficit e il debito pubblico, ai Paesi che superano queste soglie verranno concessi 4 anni (estendibili fino a 7) per attuare i propri percorsi di aggiustamento, purché ci sia in ogni caso un taglio annuale pari almeno allo 0,5% del Pil che garantisca una traiettoria discendente e sostenibile del debito;
- Questi percorsi saranno inseriti in Piani nazionali di medio termine, concordati con l'esecutivo Ue in termini di riforme e investimenti per a) raggiungere gli obiettivi europei legati alla transizione verde e digitale e b) correggere gli squilibri macroeconomici;
- I Paesi avranno pertanto maggiore titolarità e responsabilità nella gestione di questi percorsi, con la consapevolezza però che il rapporto debito-Pil dovrà essere inferiore alla fine del periodo coperto dal piano rispetto all'inizio di tale periodo. A fronte di un maggiore spazio lasciato ai singoli Stati membri, qualora non venissero rispettate le traiettorie di riduzione concordate verrà rafforzata la procedura di debito. In caso di deficit eccessivo la procedura attuale resta immutata; C’è quindi, rispetto al passato, un’attenzione agli investimenti e allo sviluppo, non solo al controllo del bilancio con un rigore più attenuato. Al contempo i singoli Stati vengono responsabilizzati e, negoziando il proprio piano con l’Europa, possono favorire la crescita.
La strada del cambiamento è dunque imboccata, ma l’Italia dovrà molto farsi sentire per evitare imboscate dai cosiddetti rigoristi che spingono, invece e purtroppo, per regole comuni uniformi per tutti.
Il Commissario europeo Paolo Gentiloni ha presentato la proposta per il nuovo Patto di Stabilità, che terrà maggior conto delle differenze in ambito fiscale ed economico dei singoli Stati membri. Nello specifico:
- Sebbene restino invariati i valori di riferimento del 3% e del 60% del Pil rispettivamente per il deficit e il debito pubblico, ai Paesi che superano queste soglie verranno concessi 4 anni (estendibili fino a 7) per attuare i propri percorsi di aggiustamento, purché ci sia in ogni caso un taglio annuale pari almeno allo 0,5% del Pil che garantisca una traiettoria discendente e sostenibile del debito;
- Questi percorsi saranno inseriti in Piani nazionali di medio termine, concordati con l'esecutivo Ue in termini di riforme e investimenti per a) raggiungere gli obiettivi europei legati alla transizione verde e digitale e b) correggere gli squilibri macroeconomici;
- I Paesi avranno pertanto maggiore titolarità e responsabilità nella gestione di questi percorsi, con la consapevolezza però che il rapporto debito-Pil dovrà essere inferiore alla fine del periodo coperto dal piano rispetto all'inizio di tale periodo. A fronte di un maggiore spazio lasciato ai singoli Stati membri, qualora non venissero rispettate le traiettorie di riduzione concordate verrà rafforzata la procedura di debito. In caso di deficit eccessivo la procedura attuale resta immutata; C’è quindi, rispetto al passato, un’attenzione agli investimenti e allo sviluppo, non solo al controllo del bilancio con un rigore più attenuato. Al contempo i singoli Stati vengono responsabilizzati e, negoziando il proprio piano con l’Europa, possono favorire la crescita.
La strada del cambiamento è dunque imboccata, ma l’Italia dovrà molto farsi sentire per evitare imboscate dai cosiddetti rigoristi che spingono, invece e purtroppo, per regole comuni uniformi per tutti.
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