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Serve un radicale cambio di passo sull'immigrazione

Written by Piero Fassino.

Articolo di Piero Fassino.

Se c'era ancora bisogno di una prova del carattere conservatore e reazionario della destra che oggi governa l'Italia, il modo con cui viene affrontato il tema migratorio ne è una inconfutabile conferma.
Di fronte alla tragedia di Cutro - su cui peraltro a tutt’oggi non sono state chiarite le responsabilità - la destra ha reagito proponendo ancora una volta l'impianto securitario e emergenziale che ha già ampiamente dimostrato di essere fallimentare.
Proclamando lo stato di emergenza si vuole accreditare nell'opinione pubblica una condizione di allarme per giustificare l'adozione di misure che sono in palese violazione di articoli della Costituzione, di Convenzioni internazionali, di direttive dell'Unione Europea e dei principi di rispetto della dignità umana.
Misure che privano migliaia di profughi e rifugiati del regime di "protezione speciale" in vigore peraltro nella maggioranza dei paesi europei. E con la decisione di aprire altri hotspot stipandovi gli immigrati, si ripristinano gli squallidi CIE luogo di segregazione e violenza.
La verità è che la destra non vuol accettare un dato di realtà: i flussi migratori non sono un fatto congiunturale, ma strutturale. L'Italia - come l'intera Europa - è già oggi una società multiculturale. Sono più di 5 milioni i cittadini stranieri regolarmente e legittimamente residenti nel nostro Paese, presenti in ogni attività: oltre il 50% delle colf e badanti che curano le case degli italiani sono straniere; frutta e ortaggi che giungono sulle nostre tavole sono raccolti da lavoratori stranieri; nei cantieri edili, nei servizi turistici e in mille altre attività si ritrovano lavoratori stranieri che con il loro lavoro e la loro fatica contribuiscono ogni giorno alla crescita dell'Italia. Una presenza radicata e integrata, testimoniata anche da un milione di ragazzi nati in Italia da genitori stranieri.
Peraltro l'Italia - da anni in decremento demografico - necessita per il suo sviluppo di risorse umane che possono venire soltanto dal contributo demografico aggiuntivo costituito dai flussi migratori. Tant'è che sono le stesse organizzazioni imprenditoriali a sollecitare l'apertura a più ampie quote di ingressi che soddisfino le esigenze delle imprese.
Continuare a evocare l'immigrazione ossessivamente come un pericolo per la nostra sicurezza o un rischio per la nostra identità è irresponsabile e significa soltanto alimentare un clima di paura, intolleranza e discriminazione.
Quel che serve è una strategia del tutto diversa, anche per gestire i flussi irregolari che approdano sulle nostre coste.
Almeno tre scelte appaiono necessarie.
Intanto occorre che nella gestione dei flussi migratori sia riconosciuto un ruolo centrale ai Sindaci. Una gestione centralizzata soltanto sulle prefetture non è in grado di garantire quei percorsi di accoglienza e integrazione che solo le amministrazioni locali possono realizzare mobilitando sia le risorse proprie, sia le tante opportunità delle proprie comunità.
In secondo luogo occorre che la distribuzione dei migranti eviti concentrazioni e invece sia diffusa secondo un rapporto di proporzionalità tra dimensione demografica del comune ospitante e migranti da ospitare, in ragione da rendere sostenibile l'accoglienza e l'integrazione.
E infine occorre rimuovere ogni ostacolo all'impiego dei migranti in attività di lavoro, misura essenziale per favorire sia la loro integrazione, sia la loro accettazione da parte della popolazione ospitante.
Tre scelte che a loro volta richiedono che nel bilancio dello Stato siano previste risorse adeguate per le amministrazioni comunali e le loro politiche di accoglienza e integrazione.
Un impianto di questo genere richiede naturalmente un quadro europeo diverso dall'attuale: il Regolamento di Dublino - lo strumento con cui fino ad oggi nella UE si regolano i flussi migratori - appare chiaramente inadeguato a governare un fenomeno che ha impatti rilevanti sulla vita della società. E appare ancor più sconcertante che si pensi di utilizzare fondi europei non per promuovere politiche di accoglienza, ma per finanziare la costruzione di muri ai confini dell'Unione europea. Muri che non solo non fermeranno flussi migratori, ma favoriranno ancor di più l'attività dei mercanti di clandestini.
Insomma, serve in Italia e in Europa un radicale cambio di passo, condizione indispensabile e ineludibile per evitare laceranti conflitti e far dell’immigrazione un’opportunità per chi arriva e per chi accoglie.
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