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In Italia è diminuita l’attenzione verso la mafia

Written by Don Luigi Ciotti.

Articolo pubblicato da La Stampa.

«Oggi, che piaccia o no, nonostante il grande impegno della magistratura e delle forze dell’ordine, a cui va sempre la nostra riconoscenza, a fare la differenza in Italia è l’indifferenza». A sottolineare questo punto per ribadire invece l’importanza di mantenere sempre alta l’attenzione per la battaglia contro la criminalità organizzata è il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, durante il suo lungo e accorato intervento nell’aula del consiglio comunale di Milano a Palazzo Marino.
Quest’anno infatti, in occasione della 28esima Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia, che ricorre il prossimo 21 marzo, il corteo si svolgerà proprio nel capoluogo lombardo. Don Ciotti, ricordando i tanti movimenti dal basso che sono nati negli anni in città contro la mafia (tra i quali ad esempio il presidio indetto dal gruppo “Le Girandole” o il girotondo di un gruppo di cittadini intorno al Palazzo di giustizia milanese), sottolinea come «venire al Nord» non sia facile, soprattutto «in un giorno feriale, di martedì» ma è un fatto simbolico per ricordare che la presenza criminale «qui è impercettibile perché sparano di meno, c’è meno sangue, invece è molto più forte perché è potente, fa i propri affari, ha delle connessioni con il potere economico, con le imprese e la politica».
In questo momento storico dove è diminuita l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti della mafia, «nonostante le esplosioni di gioia che abbiamo visto per l’arresto di Matteo Messina Denaro», diventa ancora più importante il ruolo della memoria, che non deve essere «intesa e vissuta come celebrazione: noi l’abbiamo concepita e vissuta come impegno e responsabilità. Bisogna trasformare la memoria del passato in un’etica del presente» perché un Paese senza memoria «è un paese senza verità». Ed è qui che don Ciotti denuncia come «l’80% dei familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata non conosce la verità: questo aspetto ci pone delle domande e degli interrogativi». L’atto di ricordare serve anche per dare «dignità a tutti», a tutte quelle persone che si sono sacrificate per la democrazia: «Ancora oggi non esiste un elenco dei morti uccisi dalla violenza criminale mafiosa nel paese: la prima cosa che chiediamo e che chiedono le vittime è come mai tutti coloro che sono stati uccisi prima del 1961 non sono riconosciuti». Il presidente di Libera ribadisce la necessità di una «difesa della sacralità delle istituzioni” e proprio perché sono sacre “chi le rappresenta deve essere all’altezza di quel ruolo. La stragrande maggioranza delle donne e degli uomini delle istituzioni vivono questi valori, ci sono brave persone preparate ma ci sono anche persone non degne».
A margine del suo intervento, don Ciotti lancia anche un appello per la pace, proprio nella giornata in cui ricorre il triste anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina: “Si sente solo parlare di armi, di guerre e di armamenti, di investimenti ma io, con tutto il rispetto, vorrei sentir più parlare di pace. C’è una parola che dovrebbe essere pronunciata da tutti e cioè «urgenza» perché è passato un anno. Urgenza delle Nazioni Unite e della nostra Europa per cercare dei canali di diplomazia e di dialogo, senza sconti per nessuno. C’è sofferenza, non possiamo rimanere indifferenti di fronte a queste immagini, invece si sta andando verso l’assuefazione anche della guerra, sta diventando anche questo uno dei tanti problemi”.
Infine ricorda anche «le altre 59 guerre di cui non abbiamo parlato, che sono da anni in atto con altre migliaia di vittime e di feriti. Ci sono milioni di persone che sono costrette a lasciare quelle terre e quei conflitti e noi facciamo un’altra guerra perché li respingiamo dai nostri mari e dai nostri confini. Noi, culla della civiltà, li respingiamo». Serve quindi «una riflessione complessiva nel nome della pace. Le guerre sono sempre partite da dei folli, dalla follia di qualcuno - conclude - diamoci da fare tutti insieme perché la politica faccia la propria parte».
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