Se il buongiorno si vede dal mattino
Articolo di Piero Fassino.
La elezione dei Presidenti di Camera e Senato ha smentito l'immagine di moderazione e di affidabilità istituzionale che la Meloni cerca inutilmente di accreditare.
Non è naturalmente in discussione il diritto di chi ha vinto le elezioni di presiedere le Camere, anche se nella storia della Repubblica ci sono illustri precedenti di Presidenze bipartisan. E peraltro la stessa Meloni in campagna elettorale aveva dichiarato di voler riconoscere alle opposizioni uno dei vertici parlamentari.
Ma quel che colpisce è la scelta di esponenti dal profilo estremo.
Ignazio La Russa ha sempre rivendicato con orgoglio il suo legame culturale e politico con il fascismo. Tant'e che ha proposto di erigere a Festa Nazionale il giorno della nascita del Regno d'Italia, con l'obiettivo neanche dissimulato di ridurre il valore del 25 aprile e del 2 giugno (per inciso qualcuno avvisi La Russa che la Festa dell'unità nazionale c'è già: è il 17 marzo istituita in occasione del 150anniversario dell'Unita d'Italia).
Fontana è esponente leghista che ha assunto ripetutamente posizioni di negazione di diritti civili, contro la legge sull'aborto, contro i diritti delle persone LGBT, contro il riconoscimento della pluralità di forme affettive e di convivenza, contro lo ius scholae per i figli italiani di genitori stranieri. E peraltro Fontana non fa mistero di posizioni putiniane, rese inconfutabili dalla sua decisione di legittimare, come "osservatore", il referendum farsa con cui Putin ha annesso la Crimea.
Nulla obbligava la destra a eleggere esponenti politici così caratterizzati, quando il ruolo istituzionale dei Presidenti delle Camere richiederebbe personalità caratterizzate da equilibrio e moderazione.
La scelta mostra in realtà il vero animus di questa destra. Scegliere Fontana e schierarsi con Orban sono due facce della stessa medaglia. Così come scegliere La Russa e allearsi con i nostalgici del franchismo di Vox.
Saranno la formazione del governo e i primi atti del nuovo esecutivo a dare la misura di questa destra, ma se il buongiorno si vede dal mattino c'è da temere tormenta e tempesta.
La elezione dei Presidenti di Camera e Senato ha smentito l'immagine di moderazione e di affidabilità istituzionale che la Meloni cerca inutilmente di accreditare.
Non è naturalmente in discussione il diritto di chi ha vinto le elezioni di presiedere le Camere, anche se nella storia della Repubblica ci sono illustri precedenti di Presidenze bipartisan. E peraltro la stessa Meloni in campagna elettorale aveva dichiarato di voler riconoscere alle opposizioni uno dei vertici parlamentari.
Ma quel che colpisce è la scelta di esponenti dal profilo estremo.
Ignazio La Russa ha sempre rivendicato con orgoglio il suo legame culturale e politico con il fascismo. Tant'e che ha proposto di erigere a Festa Nazionale il giorno della nascita del Regno d'Italia, con l'obiettivo neanche dissimulato di ridurre il valore del 25 aprile e del 2 giugno (per inciso qualcuno avvisi La Russa che la Festa dell'unità nazionale c'è già: è il 17 marzo istituita in occasione del 150anniversario dell'Unita d'Italia).
Fontana è esponente leghista che ha assunto ripetutamente posizioni di negazione di diritti civili, contro la legge sull'aborto, contro i diritti delle persone LGBT, contro il riconoscimento della pluralità di forme affettive e di convivenza, contro lo ius scholae per i figli italiani di genitori stranieri. E peraltro Fontana non fa mistero di posizioni putiniane, rese inconfutabili dalla sua decisione di legittimare, come "osservatore", il referendum farsa con cui Putin ha annesso la Crimea.
Nulla obbligava la destra a eleggere esponenti politici così caratterizzati, quando il ruolo istituzionale dei Presidenti delle Camere richiederebbe personalità caratterizzate da equilibrio e moderazione.
La scelta mostra in realtà il vero animus di questa destra. Scegliere Fontana e schierarsi con Orban sono due facce della stessa medaglia. Così come scegliere La Russa e allearsi con i nostalgici del franchismo di Vox.
Saranno la formazione del governo e i primi atti del nuovo esecutivo a dare la misura di questa destra, ma se il buongiorno si vede dal mattino c'è da temere tormenta e tempesta.