Print

Come si difende davvero l'interesse nazionale

Written by Piero Fassino.

Articolo di Piero Fassino pubblicato da Huffington Post.

Nella campagna elettorale è piombato come un detonatore “l’interesse nazionale”. In suo nome Salvini e Meloni giustificano la quotidiana polemica contro l’Europa - ben simboleggiata dal “è finita la pacchia” urlato a Milano da “Giorgia” - così come la difesa dell’interesse nazionale viene invocato ossessivamente per denunciare la “protervia predatrice” di Germania e Francia. E in nome di “prima gli italiani” Salvini giustifica la sua ambiguità sulle sanzioni alla Russia, così come la politica securitaria sull’immigrazione.
In sostanza la tesi della destra è che la sinistra neghi la categoria dell’interesse nazionale. Non è così. L’interesse nazionale esiste e la sinistra sa benissimo che esistono indiscutibili interessi nazionali che ogni Paese ha non solo il diritto, ma il dovere di difendere. La questione vera è dove e come gli interessi nazionali si difendono meglio. Alcuni esempi.
L’Italia, uno dei principali esportatori su scala mondiale, ha certamente interesse a tutelare la qualità e l’originalità dei suoi principali prodotti, dal Made in Italy (moda, arredamento, oreficeria) ai vini di cui ogni stagione ci giochiamo con la Francia la leadership mondiale, ai prodotti alimentari (dal grana padano al prosciutto di Parma) così come nella meccanica strumentale, nel tessile di qualità e in tanti altri beni. Chiedo: è utile alla tutela degli interessi del nostro Paese una costante conflittualità con Germania e Francia che da sole assorbono un quarto delle esportazioni italiane? E con l’Europa che ne assorbe il 52%? Che benefici ne trarrebbero le imprese italiane? Non dicono nulla ai leader della destra italiana gli intensi rapporti di cooperazione tra le Confindustrie di Roma, Parigi e Berlino? E quando si accusa la Francia di essere predatrice bisognerebbe almeno sapere che nel 2021 il saldo dell’interscambio Italo-francese vede un consistente attivo di molti miliardi a favore dell’Italia, così come opera sul mercato francese un numero di aziende italiane non inferiore alle imprese francesi operanti in Italia.
Analoghe considerazioni si possono fare sugli Accordi di libero scambio che l’Unione europea sottoscrive con paesi terzi, come Giappone, Canada e tanti altri per abbattere dazi e barriere protezionistiche, aprire mercati ai prodotti europei e facilitare l’interscambio su scala globale.
Mentre la destra italiana invoca l’interesse nazionale per opporsi alla ratifica di quegli Accordi, i dati dimostrano che già solo nel periodo di loro applicazione transitoria - tra la sottoscrizione e la ratifica da parte di tutti i paesi contraenti - le esportazioni italiane in Giappone e Canada hanno conosciuto una impennata. Non solo ma quegli accordi prevedono stringenti clausole di tutela dell’originalità dei prodotti contro contraffazioni e imitazioni. Risulta evidente quanto la tutela dei prodotti italiani sia più efficace se collocata dentro le politiche europee che non con una azione solitaria e bellicosa.
Così appare del tutto pregiudiziale e ideologica l’ostilità della destra all’Unione Europea quando l’Italia è la principale beneficiaria dei fondi stanziati dalla UE con il Next Generation Eu, 219 miliardi, di cui il 40% senza restituzione. Per non dire dei molti miliardi dei Fondi strutturali europei di cui hanno ampiamente beneficiato le regioni italiane. E se mai bisognerebbe interrogarsi sul loro utilizzo, per evitare che un giorno qualcuno da Bruxelles ci dica “è finita la pacchia di ricevere soldi e non saperli spendere o spenderli male”.
L’ostilità antieuropea della destra appare ancora meno giustificabile sui dossier più propriamente politici. La Meloni ha dichiarato la sua contrarietà all’adozione del voto a maggioranza qualificata, che tutti sanno è indispensabile perché la UE abbia efficacia decisionale. Salvini ha detto “basta ad accompagnare Germania e Francia”. Parole al vento. Si può pensare a una politica di difesa e sicurezza comune senza la Francia, unica potenza nucleare e unico membro permanente del CdS ONU e senza la Germania che ha appena aumentato la sua spesa militare a 100 miliardi? Si può raggiungere finalmente un’intesa per una nuova politica migratoria - preminente interesse nazionale italiano - senza un’azione comune di Roma, Parigi e Berlino che vinca l’egoismo dei paesi renitenti? E di fronte a scelte europee strategiche e impegnative - la ridefinizione del Patto di Stabilità, una politica energetica comune, l’Unione bancaria, la politica di sicurezza - davvero corrisponde all’interesse nazionale del nostro Paese tirarsi fuori e allinearsi con Orban e l’estremismo antieuropeo?
Per non parlare della politica estera dove l’azione comune è condizione ineludibile di efficacia, come si è visto nel sostegno all’Ucraina. E viceversa la vicenda libica ha dimostrato come il “fare ognuno per sé“ abbia impedito all’Europa di attivare un’azione per fermare la guerra civile. E appare perciò surreale la proposta di Salvini di contrapporre all’Unione europea una “grande alleanza mediterranea”, quando i Paesi mediterranei - molti dei quali legati all’Unione europea da accordi di cooperazione o di trattamento preferenziale - non intendono affatto allontanarsi dall’Europa, sollecitando al contrario l’UE a rilanciare con maggiore incisività la strategia euromediterranea. E peraltro è pensabile una politica mediterranea senza una concertazione con Francia, Spagna, Grecia, Malta?
Insomma, anche su questi temi la destra smetta di ingannare gli italiani facendo credere che con l’esibizione dei muscoli l’Italia affermerà meglio i suoi interessi. E meno che meno allontanandosi dall’Unione europea e dai nostri storici partner. Perché in un mondo grande un Paese che si fa piccolo, sarà solo più piccolo e i suoi interessi saranno a rischio.
Pin It