Politiche abitative e ruolo delle cooperative
Voglio provare a ragionare sia di cooperazione che di politiche abitative, sapendo che le due cose stanno insieme. Credo, infatti, che la cooperazione possa e debba svolgere un ruolo fondamentale nel momento in cui si comincia a ridisegnare un’idea di intervento pubblico sulle questioni della casa – come abbiamo cercato di fare con la legge per far fronte all’emergenza abitativa, approvata lo scorso anno in Parlamento – e un’idea di politiche pubbliche che tentino di rispondere al problema dell’abitazione che non riguarda più solo i cittadini più poveri ma che è ormai un problema generalizzato, perché in questi anni non ci sono state politiche abitative e, nel frattempo, è anche cambiato il mondo.
Il modello che abbiamo conosciuto fino ad oggi, secondo cui ciascuno poteva comprare un’abitazione, magari vicino al posto di lavoro, dove ci si rimaneva per quarant’anni, ormai, è chiaro a tutti che non funziona più in quanto è cambiato il mercato del lavoro, la demografia e anche i valori economici delle case oltre che i livelli reddituali delle persone. Tutto questo sistema, dunque, è andato in crisi e, quindi, bisogna trovare altre risposte alle esigenze abitative.
Dentro a queste risposte la cooperazione può avere un ruolo importante.
Oggi, il settore si misura con due questioni che impongono una riflessione e un rinnovamento vero nelle scelte che fano le cooperative.
Una prima questione riguarda la crisi economica, perché è evidente che questa ha colpito anche le cooperative.
Sono tanti i cooperatori che raccontano la fatica con cui rispetto al passato si riesce a gestire una cooperativa a proprietà indivisa anche a causa dei livelli di morosità incolpevole più alta, determinata dal fatto che a volte le persone hanno perso il lavoro. Sono tanti anche i cooperatori che raccontano che, in questi anni, il numero di alloggi invenduti è aumentato e questo mette in discussione gli equilibri economici e finanziari delle cooperative stesse.
La crisi economica costringe, quindi, ad una riflessione su come rilanciare il sistema cooperativo sulla casa da ora in avanti.
L’altra questione riguarda ciò che è emerso in questi mesi: ci sono state molte vicende non trasparenti e di illegalità che hanno avuto al centro pezzi di alcune cooperative o dirigenti di cooperative.
Rispetto alla dimensione del movimento cooperativo, si tratta di vicende marginali che avrebbero potuto anche essere derubricate ma, tuttavia, hanno creato un serio problema reputazionale.
Uno dei grandi temi su cui la cooperazione deve investire, infatti, è la sua credibilità, anche rispetto alla sua missione sociale e alla gratuità della vocazione a mettere insieme persone per aiutare altri.
È chiaro che vicende, non solo come quella di Roma ma anche quelle di alcune aziende che operavano in Expo o quelle riguardanti la CPL Concordia, mettono in discussione la reputazione del sistema cooperativo.
Non è un caso che alcune forza politiche (non solo gli avversari del PD) cerchino di fare un’equazione tra cooperazione e malaffare, puntando su questi scandali.
È evidente, però, che così facendo si dà un colpo ad un pezzo importantissimo dell’economia di questo Paese perché la cooperazione è anche questo.
Credibilità, reputazione, legalità, dunque, sono un temi che non vanno sottovalutati anche perché una parte di queste questioni sono legate ad un altro problema emerso di recente. Il sistema cooperativo, infatti, deve anche domandarsi come riuscire a alzare le difese rispetto alla criminalità organizzata e, in particolare alla ‘ndrangheta che, come mostrano alcune inchieste legate ad Expo e alcune vicende legate all’inchiesta Aemilia, oggi non si occupa più solo di aggredire gli appalti pubblici ma cerca anche di penetrare dentro l’economia legale e le cooperative rischiano di essere un tramite se non si ha la forza di creare delle barriere. Occorre, quindi, innanzitutto essere consapevoli che c’è questo rischio e poi saper costruire argini forti.
La cooperazione, comunque, di fronte agli scandali di questi mesi ha avuto una reazione forte e coerente, mettendo in campo una serie di proposte, tra cui quella della raccolta di firme per realizzare una legge contro le false cooperative o la scelta dell’Alleanza delle Cooperative Italiane rispetto a norme più stringenti sul prestito sociale e le garanzie. Si tratta, dunque, di cose importanti per cercare di ricostruire credibilità e fiducia. Inoltre, viste le vicende di Roma e non solo, è stata positiva anche la scelta di separare la vita delle cooperative dalla vita dei partiti - anche con atti eclatanti come quelli assunti in tutti i congressi regionali della Lega delle Cooperative - e, quindi, stabilire una moratoria rispetto ai finanziamenti ai partiti da parte delle cooperative. Non perché lì ci fosse necessariamente del malaffare, anzi il più delle volte non è così: si trattava di sostenere il mondo da cui ha avuto origine il movimento cooperativo. Eppure, in questa fase così delicata, è giusta anche questa scelta.
È bene, quindi, che ci sia stata una reazione importante da parte delle cooperative perché oggi c’è bisogno di valorizzarle. C’è bisogno, infatti, che le cooperative assumano un ruolo rispetto alla soluzione dei problemi abitativi in questo Paese, recuperando fino in fondo la loro funzione sociale che resta il tratto distintivo di esse e della loro attività.
Quando la crisi economica non c’era, in questo Paese per anni l’unica opportunità di trovare case in affitto per famiglie di lavoratori dipendenti con il reddito medio di 1.500 euro al mese sono state le cooperative a proprietà indivisa. È stata svolta, quindi, una funzione importante ed è bene rivendicare il fatto che la ragione sociale delle cooperative è il far star bene e il dare un supporto alle persone non solo rispetto alla casa ma anche in termini di aggregazione e opportunità sociali per i soci.
C’è, quindi, un valore che va recuperato fino in fondo.
Poi, per un certo periodo, la cooperazione in qualche modo ha rincorso le logiche di mercato. Forse questo è stato il vero errore fatto in questi anni dalle cooperative: si è lasciato un po’ andare su un’idea che la cooperazione in fondo si dovesse omologare per stare sul mercato. Oggi, invece, va recuperato il ruolo vero delle cooperative. Sulla questione abitativa, inoltre, si può fare meglio.
In sede parlamentare, siamo riusciti a ottenere buoni risultati legislativi: l’aver stabilito che le cooperative a proprietà indivisa sono “alloggi sociali” a tutti gli effetti è un dato importante che ha consentito oggi di non far pagare l’IMU a quegli inquilini ma, soprattutto, è stato il riconoscere il loro svolgere un ruolo pubblico – pur non essendo soggetti pubblici - in quanto parte di un sistema che affronta e dà opportunità abitative a chi altrimenti non le avrebbe.
Una battaglia da fare per il futuro riguarda la possibilità per le cooperative a proprietà indivisa di poter usufruire del bonus per le ristrutturazioni e l’efficientamento energetico: nel corso di questi anni abbiamo tentato più volte di arrivare a questo risultato e riproveremo.
La legge sull’emergenza abitativa e alcuni provvedimenti successivi, inoltre, ridisegnano un po’ lo spazio della cooperazione.
Le cooperative possono accedere ad una serie di opportunità come quella di acquisire tutti i vantaggi fiscali che oggi sono previsti per chi acquisisce appartamenti impegnandosi poi a metterli in affitto. Non si tratta solo di vantaggi fiscali rispetto all’acquisizione degli alloggi ma anche rispetto alla detrazione delle tasse sul reddito prodotto da quelle case nei sette anni successivi.
Molti sono, infatti, gli incentivi per realizzare maggior disponibilità di case in affitto.
Questo è un punto importante su cui occorrerà aprire una discussione.
A livello nazionale, infatti, è stata fatta una scelta rispetto alle politiche abitative in cui si cerca di orientare all’affitto. Oggi, in Italia, è evidente che serve che le politiche pubbliche incentivino l’affitto, dato che il modello che si usava e che ha prodotto che l’80% delle famiglie abbia una casa di proprietà e gli altri si orientino verso le case popolari, è un modello che non funziona più.
Per riuscire a orientare sull’affitto, con la legge sull’emergenza abitativa e con altri interventi che sono andati tutti in quella direzione, si è cercato di mettere chi costruisce, le proprietà e chi cerca casa nelle condizioni di realizzare e trovare opportunità abitative in affitto a canoni concordati accessibili.
Negli anni passati l’unica possibilità di trovare casa in affitto a canoni accessibili sono state le cooperative a proprietà indivisa. Oggi non può più essere soltanto così.
Sono stati stanziati circa 1,5 miliardi di euro su questo tema e sono state disegnate alcune politiche.
Sono state messe a disposizione risorse per cercare di arginare l’emergenza, coprire il Fondo Sostegno Affitti e il Fondo per la morosità incolpevole, oltre ai soldi stanziati per sistemare i tantissimi alloggi vuoti del patrimonio pubblico abitativo che altrimenti non possono essere assegnati. Oggi, infatti, sono stati resi disponibili i soldi per le manutenzioni necessarie per le case vuote di Edilizia Residenziale Pubblica ma occorre che i Comuni e, soprattutto, le Regioni facciano al più presto il bando per assegnarli.
Inoltre, è stata abbassata la cedolare secca al 10% per consentire che diventi più conveniente per le proprietà affittare alloggi a canone concordato e abbiamo costruito una serie di incentivi per chi realizza e acquista case da mettere in affitto a canoni concordati.
Credo che questa sia una strada che si può percorrere, però, solo se scende in campo anche la cooperazione insieme ad altri soggetti privati che possono trovare convenienza e incentivi in questo.
Al di là di un riconoscimento astratto del valore e del ruolo delle cooperative, infatti, ci può e ci deve essere un riconoscimento dentro a una funzione che si gioca in una scelta complessiva che riorienta le opportunità abitative sull’affitto a canone concordato o comunque accessibile.
Questo perché nel panorama complessivo italiano abbiamo comunque livelli di precarietà elevata, soprattutto tra i giovani, che non consentiranno a molti di acquistare casa e, quindi, non consentiranno di riprodurre i modelli di venti o trenta anni fa e l’alternativa a ciò è l’affitto.
Probabilmente alcuni grandi immobiliaristi possono avere meno interesse in questo perché, ovviamente, sono più orientati alla compra/vendita ma quando ridisegniamo la funzione sociale e riconosciamo il ruolo sociale della cooperazione la questione dell’affitto diventa il terreno su cui bisogna misurarsi. Ovviamente, non è semplice, così come non è semplice creare gli equilibri economici per consentire tutto questo, però il settore pubblico, la cooperazione e il privato devono provare insieme ad orientarsi su questa strada, altrimenti non si riuscirà a risolvere un problema come quello abitativo, che sta diventando drammatico soprattutto nelle nostre aree metropolitane.
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