Sanità e tecnologia
Articolo di Giovanna Menicatti.
L’esigenza di modernizzazione del Servizio sanitario nazionale italiano e le nuove abitudini e i bisogni dei cittadini evidenziano il ruolo centrale della tecnologia e dei servizi applicati alla sanità.
Il contesto pandemico degli ultimi due anni ha rappresentato un trauma senza precedenti per il SSN.
Tutti i governi europei, e in particolare l’Italia, hanno dovuto avviare delle considerazioni sui propri modelli di erogazione dei servizi sanitari: al centro delle preoccupazioni, la capacità di risposta delle strutture alle crisi generate da eventi rari come le pandemie, e il delicato equilibrio con l’erogazione di prestazioni correnti come la gestione delle cronicità, sempre più diffuse in una popolazione con età media crescente. Queste considerazioni potrebbero portare nei prossimi anni a un’ulteriore revisione delle politiche relative alle prestazioni dei servizi sanitari pubblici, con un possibile riesame del perimetro e delle modalità di erogazione dei servizi in regime SSN. Nello specifico, il MEF ipotizza una riduzione in valore assoluto della spesa pubblica per la sanità nei prossimi anni, da 131,7 miliardi attesi a fine 2022 a 128,8 miliardi nel 2024. Tale riduzione contribuirà a contenere l’incidenza della spesa sanitaria sul Pil, ancora lontana dai livelli pre Covid: nel 2020 tale indicatore si è infatti impennato fino al 7,5%, l’obiettivo del governo è contenere tale spesa entro il 2024 al 6,3% del Pil. In parallelo, il PNRR prevederà investimenti nella modernizzazione, nella digitalizzazione e nel rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica della sanità: sono previsti oltre 4 miliardi di investimenti, di cui 1 miliardo per lo sviluppo della telemedicina, 1,45 miliardi per la digitalizzazione di quasi 300 strutture ospedaliere, e 810 milioni per il rafforzamento dell’infrastruttura del fascicolo sanitario elettronico. Se da una parte è quindi ipotizzabile che il Governo punti a una maggiore stabilità e resilienza del Ssn in caso di gravi crisi, si può ipotizzare una progressiva transizione verso la digitalizzazione delle prestazioni di routine. Gli investimenti rafforzeranno il programma di sostanziale ridefinizione del ruolo della sanità pubblica, sia a livello centrale sia a livello territoriale, come mostra ad esempio il programma di sviluppo delle case di comunità, pensate in particolare per il trattamento delle cronicità anche attraverso soluzioni di assistenza fortemente digitalizzate.
Le abitudini degli italiani nella gestione della propria salute sono cambiate in modo significativo proprio negli ultimi due anni: la crisi generata dal Covid-19, imponendo distanziamenti e riduzioni delle prestazioni, ha spinto la popolazione a ricercare nuove forme di informazione e fruizione dei servizi sanitari, in particolare attraverso la tecnologia. La recente indagine del Censis sulla sanità del futuro indica come il 66,9% della popolazione si informi sistematicamente in modo autonomo sulla propria salute, sfruttando in particolare i canali digitali, mentre il 65% auspica la creazione di fascicoli sanitari elettronici integrati con dati da dispositivi personali wearable (dispostivi da polso tipo orologio collegati allo smartphone). Sono cresciute significativamente anche le percentuali di utilizzo di canali digitali (app. e portali) per la ricerca e prenotazione di visite in regime Ssn: la propensione attuale di utilizzo è di circa l’80% della popolazione.
Questa tendenza è confermata anche dai medici, per i quali l’attitudine all’utilizzo della tecnologia nella gestione dell’attività di cura è significativa: secondo l’Osservatorio Digital Health del Politecnico di Milano, oltre il 70% dei medici è favorevole alla diffusione di soluzioni di coach digitale sullo stile di vita, e il 63% di essi si dichiara altresì favorevole all’impiego di chat di assistenza virtuale per gestire le richieste informative sulla salute da parte dei cittadini. Di fronte a tali esigenze, anche le preoccupazioni sulla riservatezza dei dati personali appaiono gestibili: il 70,1% dei cittadini è infatti disponibile a condividere i propri dati per finalità di studi, ricerche e sperimentazioni, mentre il 66,2% mostra una sostanziale fiducia nel rispetto della privacy da parte delle istituzioni pubbliche.
In termini di priorità da parte dei cittadini, sempre secondo lo studio del Censis, emerge come oltre il 94% di essi si aspetti una maggiore personalizzazione delle cure, con un ruolo ancora centrale del medico: il 92% dei cittadini ha infatti fiducia nel proprio medico, mentre quasi il 95% ritiene che i medici siano troppo occupati da oneri amministrativi, e non abbiano la possibilità di dedicare una quota maggiore di tempo ai pazienti. Nella popolazione italiana cresce inoltre la propensione verso le cure erogate a domicilio: circa due pazienti su tre sono propensi, e il 50% di essi sperimenterebbe con interesse l’assistenza domiciliare digitale, inclusiva di teleconsulto e telemedicina.
In questo nuovo campo di gioco si possono leggere diverse dinamiche competitive.
La prima riguarda le strutture tradizionali della sanità privata: si tratta in particolare quelle di diagnostica, le reti di prestazioni ambulatoriali e analisi di laboratorio. Questi soggetti stanno aumentando la propria scala dimensionale, affermandosi anche oltre i confini delle regioni dove tradizionalmente la sanità privata è maggiormente diffusa, cioè Nord e Centro. Stanno registrando tassi di crescita del fatturato, con marginalità importanti.
La seconda, i nuovi player digitali, grandi fornitori di piattaforme di digital health, si stanno affermando sempre più come punto di riferimento dei cittadini in particolare nelle grandi città, non solo per finalità di informazione, ricerca e orientamento, ma come veri e propri modelli di accesso alle prestazioni sanitarie, siano queste fruite da remoto attraverso un video-consulto o in una struttura fisica tradizionale.
E’ un mercato in fermento che tende alla concentrazione, e che non è vigilato anche perchè a volte è difficile capire a chi spetta.
Ma chi deve vigilare?
se si parla di dati: il GARANTE PRIVACY, di assicurazioni: l’IVASS, per mutue e fondi sanitari la COVIP (forse), infine il Ministero della Salute, c’è il rischio che non controlli nessuno.
L’esigenza di modernizzazione del Servizio sanitario nazionale italiano e le nuove abitudini e i bisogni dei cittadini evidenziano il ruolo centrale della tecnologia e dei servizi applicati alla sanità.
Il contesto pandemico degli ultimi due anni ha rappresentato un trauma senza precedenti per il SSN.
Tutti i governi europei, e in particolare l’Italia, hanno dovuto avviare delle considerazioni sui propri modelli di erogazione dei servizi sanitari: al centro delle preoccupazioni, la capacità di risposta delle strutture alle crisi generate da eventi rari come le pandemie, e il delicato equilibrio con l’erogazione di prestazioni correnti come la gestione delle cronicità, sempre più diffuse in una popolazione con età media crescente. Queste considerazioni potrebbero portare nei prossimi anni a un’ulteriore revisione delle politiche relative alle prestazioni dei servizi sanitari pubblici, con un possibile riesame del perimetro e delle modalità di erogazione dei servizi in regime SSN. Nello specifico, il MEF ipotizza una riduzione in valore assoluto della spesa pubblica per la sanità nei prossimi anni, da 131,7 miliardi attesi a fine 2022 a 128,8 miliardi nel 2024. Tale riduzione contribuirà a contenere l’incidenza della spesa sanitaria sul Pil, ancora lontana dai livelli pre Covid: nel 2020 tale indicatore si è infatti impennato fino al 7,5%, l’obiettivo del governo è contenere tale spesa entro il 2024 al 6,3% del Pil. In parallelo, il PNRR prevederà investimenti nella modernizzazione, nella digitalizzazione e nel rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica della sanità: sono previsti oltre 4 miliardi di investimenti, di cui 1 miliardo per lo sviluppo della telemedicina, 1,45 miliardi per la digitalizzazione di quasi 300 strutture ospedaliere, e 810 milioni per il rafforzamento dell’infrastruttura del fascicolo sanitario elettronico. Se da una parte è quindi ipotizzabile che il Governo punti a una maggiore stabilità e resilienza del Ssn in caso di gravi crisi, si può ipotizzare una progressiva transizione verso la digitalizzazione delle prestazioni di routine. Gli investimenti rafforzeranno il programma di sostanziale ridefinizione del ruolo della sanità pubblica, sia a livello centrale sia a livello territoriale, come mostra ad esempio il programma di sviluppo delle case di comunità, pensate in particolare per il trattamento delle cronicità anche attraverso soluzioni di assistenza fortemente digitalizzate.
Le abitudini degli italiani nella gestione della propria salute sono cambiate in modo significativo proprio negli ultimi due anni: la crisi generata dal Covid-19, imponendo distanziamenti e riduzioni delle prestazioni, ha spinto la popolazione a ricercare nuove forme di informazione e fruizione dei servizi sanitari, in particolare attraverso la tecnologia. La recente indagine del Censis sulla sanità del futuro indica come il 66,9% della popolazione si informi sistematicamente in modo autonomo sulla propria salute, sfruttando in particolare i canali digitali, mentre il 65% auspica la creazione di fascicoli sanitari elettronici integrati con dati da dispositivi personali wearable (dispostivi da polso tipo orologio collegati allo smartphone). Sono cresciute significativamente anche le percentuali di utilizzo di canali digitali (app. e portali) per la ricerca e prenotazione di visite in regime Ssn: la propensione attuale di utilizzo è di circa l’80% della popolazione.
Questa tendenza è confermata anche dai medici, per i quali l’attitudine all’utilizzo della tecnologia nella gestione dell’attività di cura è significativa: secondo l’Osservatorio Digital Health del Politecnico di Milano, oltre il 70% dei medici è favorevole alla diffusione di soluzioni di coach digitale sullo stile di vita, e il 63% di essi si dichiara altresì favorevole all’impiego di chat di assistenza virtuale per gestire le richieste informative sulla salute da parte dei cittadini. Di fronte a tali esigenze, anche le preoccupazioni sulla riservatezza dei dati personali appaiono gestibili: il 70,1% dei cittadini è infatti disponibile a condividere i propri dati per finalità di studi, ricerche e sperimentazioni, mentre il 66,2% mostra una sostanziale fiducia nel rispetto della privacy da parte delle istituzioni pubbliche.
In termini di priorità da parte dei cittadini, sempre secondo lo studio del Censis, emerge come oltre il 94% di essi si aspetti una maggiore personalizzazione delle cure, con un ruolo ancora centrale del medico: il 92% dei cittadini ha infatti fiducia nel proprio medico, mentre quasi il 95% ritiene che i medici siano troppo occupati da oneri amministrativi, e non abbiano la possibilità di dedicare una quota maggiore di tempo ai pazienti. Nella popolazione italiana cresce inoltre la propensione verso le cure erogate a domicilio: circa due pazienti su tre sono propensi, e il 50% di essi sperimenterebbe con interesse l’assistenza domiciliare digitale, inclusiva di teleconsulto e telemedicina.
In questo nuovo campo di gioco si possono leggere diverse dinamiche competitive.
La prima riguarda le strutture tradizionali della sanità privata: si tratta in particolare quelle di diagnostica, le reti di prestazioni ambulatoriali e analisi di laboratorio. Questi soggetti stanno aumentando la propria scala dimensionale, affermandosi anche oltre i confini delle regioni dove tradizionalmente la sanità privata è maggiormente diffusa, cioè Nord e Centro. Stanno registrando tassi di crescita del fatturato, con marginalità importanti.
La seconda, i nuovi player digitali, grandi fornitori di piattaforme di digital health, si stanno affermando sempre più come punto di riferimento dei cittadini in particolare nelle grandi città, non solo per finalità di informazione, ricerca e orientamento, ma come veri e propri modelli di accesso alle prestazioni sanitarie, siano queste fruite da remoto attraverso un video-consulto o in una struttura fisica tradizionale.
E’ un mercato in fermento che tende alla concentrazione, e che non è vigilato anche perchè a volte è difficile capire a chi spetta.
Ma chi deve vigilare?
se si parla di dati: il GARANTE PRIVACY, di assicurazioni: l’IVASS, per mutue e fondi sanitari la COVIP (forse), infine il Ministero della Salute, c’è il rischio che non controlli nessuno.