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La chiave vincente per un futuro verde e produttivo dell’UE

Written by Patrizia Toia.

Articolo di Patrizia Toia.

Nella sessione plenaria di giugno del Parlamento europeo le norme del pacchetto “Fit for 55” proposte dalla Commissione per raggiungere gli obiettivi del Green Deal sono arrivate al voto, creando non poche polemiche, dentro e fuori l'aula, tra chi vuole obiettivi ambientali ambiziosi e chi teme le ricadute negative sul tessuto industriale ed economico. Due visioni del cambiamento ugualmente legittime e motivate ma che spesso, a mio parere, partono dalla una premessa completamente sbagliata e quasi sempre accettata acriticamente come un fatto da entrambe le fazioni: bisogna scegliere tra ambiente ed economia, tra transizione ecologica e occupazione.
Non è vero. Io sono convinta che la transizione ecologica e la decarbonizzazione dell'economia europea in direzione di una maggiore sostenibilità sociale e ambientale sia l'unica strada possibile per garantire un futuro alla nostra industria e difendere i nostri livelli di benessere. Restare fermi non è un'opzione, è soltanto un'illusione pericolosa che le destre europee cercano di vendere all'opinione pubblica per lucrare consensi elettorali. L'obiettivo della riduzione e dell'azzeramento delle emissioni per il 2050, è un’esigenza vitale alla salvaguardia dell'intero pianeta. Lo sforzo che stiamo compiendo mira ad armonizzare le nostre ambiziose politiche ambientali con quelle di sostegno del nostro comparto produttivo, favorendo quella “metamorfosi verde” che renderà la nostra industria più “pulita” ma anche più competitiva.
Lo scontro in Parlamento è stato duro, con una destra che non ci ha risparmiato il consueto ostracismo pregiudiziale e la conseguente pioggia di emendamenti. Personalmente ho difeso le posizioni realiste raggiunte nei mesi precedenti nel lavoro della commissione Industria, Ricerca ed Energia, dove siamo stati molto attenti alle esigenze delle aziende nella progressiva riduzione delle emissioni, senza mettere in discussione il quadro generale della transizione ecologica. Tra i nodi della discussione anche la questione della riduzione delle quote di emissione per le realtà più energivore, e lo strumento del CBAM. Si tratta di una carbon tax “alle frontiere” concepita per proteggere l’industria europea in fase di decarbonizzazione dalla concorrenza sleale di quei competitor non UE che non rispettano i nostri ambiziosi obiettivi climatici. Alla fine di un'estenuante seduta, con un Parlamento in stato di stallo e a fronte di un risultato poco soddisfacente, abbiamo preferito rinviare in Commissione Parlamentare per una ridiscussione.
E' passata però la proposta di eliminare i motori endotermici delle auto a partire dal 2035. Una sfida difficile per molte aziende della filiera dell'automotive italiana, ma una sfida necessaria se vogliamo difendere davvero quei 70mila posti di lavoro che secondo i produttori sono a rischio col passaggio all'elettrico. Abbassare di poco la soglia della nostra ambizione, come chiedevano le destre, non avrebbe tolto nulla alla rapidità e alla radicalità del cambiamento, ma avrebbe lasciato troppi lavoratori nel limbo delle soluzioni intermedie e nella pericolosa illusione di potersi salvare senza cambiare. Bisogna fare attenzione a non sottostimare la velocità del cambiamento che, la storia ci insegna, non è mai lineare ma procede per strappi e accelerazioni. Basta ad esempio che nel futuro prossimo ci sia qualche avanzamento tecnologico inaspettato sulle batterie, che le rendano meno costose e più energeticamente dense, per rivoluzionare il settore. E allora le auto endotermiche spariranno all'improvviso e molto prima del 2035, così come è sparito il walkman quando sono arrivati ipad e smartphone. Bisogna farsi trovare pronti. Certamente non si può stare con le mani in mano ad aspettare gli eventi.
Occorrono politiche industriali coerenti e politiche di Innovazione e Ricerca per progettare e fabbricare batterie ad alta capacità di accumulo e accompagnare la riconversione delle filiere dell’automotive soprattutto per la componentistica. Servono perciò politiche che aiutino le aziende ad affrontare il cambiamento e anche politiche del lavoro per ricollocare i lavoratori, sostenendone l’aggiornamento professionale e la riqualificazione. Questo è il momento perché l’Italia si “candidi” ad attirare capitali e realtà imprenditoriali che vogliano collocare nel nostro paese “Gigafactory” cioè fabbriche delle batterie e altri importanti impianti produttivi.
Manteniamo la barra a dritta, in direzione di una transizione ecologica sostanziale, ma anche capace di preservare la forza della nostra economia e le tutele per il mondo del lavoro. Ciò che più conta, al di là delle sfumature, è la fermezza nell’aver sposato la visione di un’Europa verde, sana, socialmente ed economicamente solida.

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