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La guerra, l'Europa e il Governo

Written by Franco Mirabelli.

Intervento di Franco Mirabelli al Circolo PD di Niguarda.

È evidente che siamo di fronte ad una vicenda totalmente nuova per la nostra generazione.
Dopo 70 anni di pace, è scoppiata una guerra in Europa, alle nostre porte ed è chiaro che questo richiede e comporterà cambiamenti molto significativi sullo scenario globale. Dovranno cambiare molte cose anche rispetto all’Europa in materia di politica estera e di politica di difesa.
È lecito avere tanti dubbi ma in ogni caso mai nessuno del PD ha sostenuto la guerra o la volontà di vincere la guerra.
L’obiettivo comune è la pace.
Io sono stato obiettore di coscienza, ho fatto 20 mesi di servizio civile e ho partecipato anche diverse volte alle Marce della Pace Perugia-Assisi, quindi, la mia partecipazione al pacifismo credo di testimoniarla con i fatti.
Il punto è cosa si intende per pace.
Su questo, credo che il Presidente Mattarella sia stato molto chiaro: non c’è la pace se si fermano le armi ma chi è aggredito vede violati i suoi diritti; non c’è la pace se passa il principio che, nel cuore dell’Europa, un Paese può aggredirne un altro e portarsi via dei pezzi di territorio.
Noi siamo tutti perché cessino le armi: un po’ perché c’è una paura legittima, egoistica ma condivisibile, che si allarghi il conflitto anche fuori dall’Ucraina e un po’ perché lì stanno morendo migliaia di persone.
L’obiettivo, quindi, resta quello di fermare le armi ma il punto è come si raggiunge questo obiettivo e cosa vuol dire lavorare per la pace e arrivare al cessate il fuoco.
Ci sarebbe una strada molto semplice ma penso che sarebbe sbagliato intraprenderla ed è quella della resa dell’Ucraina.
Questa guerra avrà conseguenze in ogni caso ma penso che sia sbagliata la resa dell’Ucraina perché diventerebbe un atto che legittima l’aggressione e l’idea di potenza e che violare le sovranità nazionali è possibile.
La via della pace, quindi, è stretta e penso che parta dal dare aiuto all’Ucraina, come lo stiamo facendo: accogliendo i profughi e aiutando la resistenza.
Noi siamo molto orgogliosi della nostra Resistenza ma se non ci avessero paracadutato le armi da fuori, probabilmente la guerra sarebbe finita lo stesso ma il protagonismo del nostro Paese nella costruzione della nuova Italia sarebbe stato diverso.
Il sostegno all’Ucraina è una scelta che abbiamo fatto all’inizio di questo conflitto e che continuo a condividere.
Questa è stata una scelta che ha unito l’Europa.
Un’altra questione riguarda il fatto che la pace si costruisce e si mantiene se ci sarà un’Europa capace di essere protagonista.
Dopo quanto avvenuto con la pandemia, anche questa volta, di fronte all’emergenza, l’Europa può fare dei passi avanti e li ha fatti.
Dei passi avanti sono stati fatti quando l’Europa ha preso una posizione di condanna nei confronti degli aggressori e di sostegno verso gli aggrediti. Questo è stato fatto con le sanzioni economiche e con il sostegno militare. Questo è stato fatto come Europa e, come Europa, nessuno ha mai detto che l’obiettivo era quello di vincere la guerra: si è sempre detto che l’obiettivo era arrivare alla pace ma che si costruisce non abbandonando gli ucraini.
Questa credo che sia la linea che deve continuare ad andare avanti, anche se non è semplice.
Nessuno è in grado di dire oggi cosa accadrà: in questi mesi sono cambiate tante cose.
Innanzitutto sono cambiati gli obiettivi di Putin e della Russia: all’inizio dell’aggressione, infatti, Putin non mirava solo ad ottenere il controllo delle zone del Donbass ma voleva conquistare l’Ucraina, arrivare a Kiev, far tornare al governo del Paese il precedente leader filorusso, che era stato mandato via con elezioni democratiche.
Il conflitto porta anche a delle conseguenze che ad oggi sono più evidenti. Alcune in apparenza ci riguardano meno ma potrebbe non essere così, ad esempio la questione del blocco navale sulle forniture di grano è molto seria: influisce sui prezzi al consumo (che però stavano già crescendo prima della guerra) e, soprattutto, viene subito da intere parti del mondo, come l’Africa, in modo drammatico, dove le persone rischiano di rimanere senza mangiare.
Questo tema va affrontato e Draghi ha fatto bene a intestare l’iniziativa diplomatica all’Italia e al Governo, parlando con i leader russo e ucraino, affinché si creino le condizioni perché le navi con il grano possano tornare a partire e si possa evitare una crisi alimentare che sarebbe drammatica.
Un’altra questione riguarda l’energia.
In questi anni abbiamo sottovalutato i rischi di una dipendenza eccessiva nei confronti della Russia per il gas.
Noi avevamo un piano per la transizione ecologica che prevedeva di dismettere le centrali a carbone, ridurre la produzione energetica che necessita dei derivati del petrolio e puntare sull’energia rinnovabile (idrogeno, eolico, solare, geotermico). Il superbonus del 110% è servito anche per dare una spinta per rinnovare gli edifici andando in questa direzione.
Questa transizione si sarebbe dovuta alimentare con il gas, che però importiamo in gran parte dalla Russia.
La crisi ucraina ci pone il problema di accelerare il percorso della transizione energetica e, per questo, stiamo facendo una serie di interventi normativi per togliere gli elementi burocratici che limitano le installazioni dei pannelli solari o dei pozzi geotermici o degli impianti idroelettrici. Inoltre, stiamo lavorando per diversificare le fonti energetiche e gli approvvigionamenti del gas: abbiamo fatto il TAP, abbiamo agito per fare in modo che le piattaforme in Adriatico lavorino a pieno regime, abbiamo stipulato accordi con una serie di Paesi africani per avere da loro il gas.
Siamo nelle condizioni per cui, a fine del 2023, dovremmo poter fare a meno del gas russo.
Anche sul tema dell’energia, però, abbiamo bisogno di più Unione Europea.
Se le politiche energetiche si fanno a livello di Unione Europea in modo coeso, abbiamo un potere di contrattazione e una capacità di tenere bassi i prezzi molto superiore rispetto a quella che avrebbe un singolo Paese.
Vanno bene le sanzioni, quindi, e alcune scelte che si stanno facendo per contenere il prezzo del gas.
In questa guerra dobbiamo lavorare da europeisti come siamo.
Non abbiamo mai ceduto alla propaganda di Putin.
Non mi convince, in questa fase, la rappresentazione delle democrazie contro le autarchie in modo astratto. Putin, però, rappresenta un pezzo di mondo che ritiene che le democrazie siano superate, non funzionano, sono inefficienti e, quindi, ci vuole un’autocrazia in cui pochi decidono e guidano i Paesi.
Qualcuno ha considerato questo approccio rilevante e condiviso. Ora fa sorridere Salvini che dice di essere per la pace: tutti sono per la pace ma il dirlo non produce nulla.
Noi stiamo lavorando per la pace insieme all’Europa.
Sull’energia, l’Europa mette in campo un altro Recovery Fund di 300 miliardi per aiutare i Paesi che soffrono per la dipendenza energetica dalla Russia.
Un altro tema che è stato a lungo discusso in questi giorni è quello della dipendenza dall’America.
Per superare questo problema, però, è necessario costruire una Difesa europea e avere una politica estera europea. L’Europa deve diventare protagonista anche in questi campi e ha la forza per farlo.
La NATO, come disse anche Berlinguer, è una garanzia per difendere le democrazie.
Non è la NATO il fattore scatenante dell’aggressione di Putin, questo dobbiamo averlo chiaro.
Quando sono entrati nella NATO i Paesi che venivano dalla disgregazione dell’Unione Sovietica, come le Repubbliche Baltiche, al tavolo c’era anche la Russia e in cambio portò a casa tutte le armi nucleari che avevano quei Paesi.
Le cose sono cambiate quando Putin si è accorto di avere ai confini un Paese che si stava strutturando dal punto di vista della democrazia liberale, perché questo poteva mettere in discussione i valori in cui crede e che ha spiegato anche il Patriarca di Mosca. Questo, unito alla necessità di competere con gli Stati Uniti, sono stati i fattori scatenanti della guerra all’Ucraina.
Obama, anni fa, definì la Russia come una “potenza regionale” e non ha fatto bene da questo punto di vista. Sono, dunque, più legate a questo le ragioni con cui Putin giustifica l’invasione.
Oggi abbiamo di fronte un problema serio come partito e come Governo che non dobbiamo rinunciare a mettere davanti ad ogni cosa, ed è il problema che l’ennesima crisi che la guerra sta producendo non deve allargare ulteriormente le diseguaglianze sociali e non deve colpire ancora le fasce più deboli della popolazione.
Con il Decreto Aiuti si cerca di far fronte a questo, inoltre, sono stati fatti anche interventi contro il caro bollette e sulla benzina.
Credo, anche, che ci sia una questione salariale che ora diventa ancora più significativa, perché siamo il Paese in cui il potere di acquisto delle famiglie continua a scendere più che altrove. Siamo l’unico Paese in Europa in queste condizioni, per cui il tema del salario minimo e di un ulteriore taglio del cuneo fiscale per abbassare le tasse sul lavoro e lasciare più soldi in busta paga ai lavoratori è decisivo.
Cerchiamo di fare in modo che nessuno si senta solo, sia come Governo che come partito.
L’esplicitazione di tutti i dubbi, a maggior ragione con una guerra, è comprensibile e giusta, ma poi dobbiamo dare l’idea di essere un partito che lavora per dare risposte e far fronte ai problemi che stanno emergendo.

...
Oggi l’Ucraina chiede di entrare nell’Unione Europea ma ci sono anche altri Paesi che da tempo hanno avanzato questa richiesta. I tempi per l’ingresso sono molto lunghi, secondo le procedure attuali. Non è possibile far entrare ora l’Ucraina perché c’è una guerra e, invece, lasciare fuori altri Paesi che avevano già presentato domanda prima.
Inoltre, c’è anche un ragionamento per cui, secondo alcuni, è necessario mantenere un nucleo dell’Unione Europea, legato ai Paesi fondatori, che guidi il processo di trasformazione dei trattati e la questione del diritto di veto. Per questo, si pensa di aggregare i Paesi che vogliono stare in Europa all’interno di una confederazione in cui tutti possano sentirsi da subito coinvolti e poi, in un secondo momento, si stabiliranno altri ulteriori passaggi.
Ci sono alcuni che dicono che la resistenza ucraina è straordinaria, in quanto nonostante nel Paese ci siano due nazionalità diverse, queste si sono unite e la spinta a questo sia stata data dall’Europa, dal fatto che questi popoli si sentono europei e quella motivazione è aggregante.

Credo che Letta abbia fatto bene a passare sopra a molte delle polemiche di questi mesi perché questo non è il momento di inventarsi polemiche per avere qualche titolo sui giornali o per strizzare l’occhio a elettori che dichiarano nei sondaggi che vogliono la pace.
L’insistenza con cui alcune forze politiche passano sopra a qualunque vincolo di maggioranza, mettendo i numeri a rischio, pur di chiedere che Draghi venga in Parlamento il giorno dopo a spiegare la questione delle armi, sapendo che è già venuto molte volte e non può tornare continuamente, è un modo per ridurre una questione a propaganda.
Allo stesso modo è una questione propagandistica quella dell’incremento delle risorse di bilancio da destinare agli armamenti.
Nel 2014, in tutti i Paesi europei, di fronte agli Stati Uniti in cui Trump disse che si sarebbe occupato solo di America, si fece una riflessione e si decise che da lì al 2026 si sarebbero aumentate le spese militari fino al 2%. Fino ad oggi non lo abbiamo ancora fatto e dovremo farlo entro il 2026, come concordato e, spero che avvenga nell’ambito della costruzione della Difesa europea.
Nel momento in cui c’è una potenza nucleare che dimostra di aggredire un Paese e minacciare l’Europa, non capisco come si possa rispondere che non pensiamo a difenderci.

Non sono d’accordo sul dire che in questo Governo non si stiano facendo cose utili e che portano il nostro segno. Sulla Giustizia, ad esempio, abbiamo fatto riforme importanti volte a risolvere i problemi dei cittadini.
Sul fisco stiamo ottenendo, nella Delega Fiscale, di ridurre l’IRPEF per i ceti medio-bassi in maniera significativa e abbiamo fatto un’operazione vera di redistribuzione del reddito.
Chi ha lucrato sull’aumento dei costi del gas e dell’energia, cioè chi aveva comprato il gas ai prezzi precedenti, lo aveva stoccato e poi lo ha messo in vendita ora con i prezzi nuovi più alti, viene tassato e il ricavato di 6 miliardi viene utilizzato per aiutare le famiglie.
Penso, inoltre, che questo Governo sia europeista, guarda all’Europa nel modo giusto, è apprezzato in Europa e ha ruolo in Europa, grazie a Draghi e Gentiloni.
È evidente che c’è un pezzo della maggioranza che non è proprio il motore propulsivo di questa spinta europeista ed è chiaro che una vittoria della destra alle prossime elezioni ci riporterebbe indietro. È sufficiente guardare anche alle dichiarazioni di Berlusconi, che dovrebbe essere il leader degli europeisti all’interno dello schieramento del centrodestra, sulla guerra e su Putin: sono preoccupanti.
Dobbiamo, quindi, fare di tutto per non far vincere il centrodestra alle elezioni; dobbiamo lavorare per convincere tutti a fare un campo largo per provare a vincere le elezioni.
Se perdiamo, il Segretario Letta ha già detto che dobbiamo smettere di fare la “Protezione Civile” del Paese, quindi, faremo l’opposizione.
In questo momento, con il PNRR e la guerra, però, un Governo a guida Salvini, Berlusconi e Meloni mi preoccuperebbe molto.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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