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Legalità, giovani e periferie

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento ad un dibattito alla Festa Popolare dell'Associazione Rosvaldo Muratori a Dergano.

Provo a dare alcuni spunti di riflessione rispetto al recente dibattito politico e sociale e cercherò di mettere in luce il come vengono utilizzate le questioni della legalità e della sicurezza. Dobbiamo, infatti, partire dal come viene strumentalizzata la questione della sicurezza, spesso, senza che mai vengano affrontati i nodi veri del problema che riguardano la costruzione delle soluzioni affinché venga rispettata la legalità.
Legalità significa garantire i diritti ma anche rispettare i doveri che ogni cittadino ha. Concetti questi che, però, vengono spesso piegati all’opportunismo politico e si finisce per creare una percezione dei fenomeni diversa da quella che in realtà sono, condizionando in maniera non positiva la possibilità di risolvere i problemi.
È evidente che ci sono problemi di sicurezza, soprattutto nelle periferie ed è altrettanto evidente che la nostra società e la città di Milano sta cambiando profondamente. A Milano abbiamo Expo, ci sono state molte trasformazioni urbanistiche, ci sono nuove fondazioni culturali. Milano è anche una città diventata multirazziale; è molto elevato anche il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della presenza dei rom che, oggettivamente, mettono in discussione la sicurezza delle persone.
Ci sono, però, dei rischi nel modo in cui si stanno affrontando questi fenomeni. Il dovere della politica e delle istituzioni deve essere quello di colpire l’illegalità, favorire l’integrazione e favorire il rispetto delle regole. Sulla vicenda dei nomadi, il Comune di Milano sta facendo molto: l’Assessorato alla Sicurezza ha sgombrato 34 campi non solo abusivi negli ultimi due anni, ma il problema resta.
Tuttavia, penso che sia pericoloso per la nostra convivenza civile speculare su questi problemi, che pure esistono: usare queste persone (rom, immigrati, ex carcerati) per scaricare su di loro - a seconda della fase storica - i problemi reali che viviamo è pericoloso e sbagliato. Il rischio è che si faccia dei più deboli il capro espiatorio che spinge una parte della politica a dire che nelle periferie si sta male e a individuare in queste persone la colpa del degrado, senza che poi si aiuti a risolvere effettivamente il problema. Alla base di questa logica c’è il lasciare i problemi come stanno e gettare la croce addosso a qualcuno perché l’importante è scaricare le colpe su qualcuno.
L’altro tema su cui riflettere è quello dello speculare sulle paure della gente.
È evidente che viviamo in un’epoca storica in cui la narrazione della realtà è quella dominata dal terrorismo e dall’ISIS e questo alimenta tante preoccupazioni e tante incognite sul futuro.
Anche qui ci sono due strade: o si lavora a tutti i livelli per creare le condizioni a partire dall’educazione e dal ritrovare un senso di comunità dentro al Paese per affrontare queste preoccupazioni oppure si usano queste preoccupazioni per spaventare e per dire che dobbiamo chiuderci, rifiutando tutto ciò che è diverso da noi e colpevolizzandolo.
Il chiudersi rende la convivenza civile nostra meno ricca, è un modo per far venire meno molti dei fondamenti della cultura e della storia europea. Se cominciamo a spiegare che il problema è chiuderci o alzare barriere e difendere solo l’esistente, finirà che consegneremo un futuro non positivo alle giovani generazioni.
Queste sono due considerazioni che faccio dal mio punto di vista politico, sapendo che non si tratta di problemi semplici da affrontare e alcuni addirittura sono impossibili da gestire da soli.
Un tema complesso, ad esempio, riguarda i profughi, che arrivano in Italia per ragioni oggettive.
A me viene da ridere quando qualcuno spiega che i migranti arrivano in Italia perché sanno che qui accogliamo tutti perché lo vedono in televisione. Francamente, penso che i migranti arrivino in Italia perché è il posto più vicino e, se guardano la televisione, vedono che ogni giorno ci sono centinaia di persone che muoiono sui barconi e capisco che quelle persone pur di andare via e di avere un’opportunità sono disposti anche a rischiare la vita. Un problema così non è semplice da affrontare.
Se i migranti sono disposti a rischiare la vita per arrivare qui non sono sufficienti le risposte demagogiche del chiudere le frontiere o sparare sui barconi. Le risposte sono molto più difficili. Probabilmente le risposte sono quelle di costruire un’intensa attività diplomatica per cercare di arrivare in Libia per selezionare lì i profughi in fuga dalle guerre e portarli qui senza i barconi e distribuirli in tutta Europa. Quello è il modo per non farli morire e per far arrivare solo coloro che sono davvero profughi che hanno diritto di asilo.
Ovviamente, però, queste non sono cose semplici e realizzabili immediatamente.
Se le difficoltà oggettive che ci sono nel risolvere questi problemi vengono ogni volta usate per semplificare e accomunare tutto e far diventare il profugo che scappa da una guerra uguale all’immigrato clandestino, a sua volta uguale al delinquente e pari al rom, finiamo per costruire una società impossibile in cui si confonde tutto.
Personalmente, sono per una società in cui ci siano i doveri e chi non li rispetta venga punito.
Ma ci devono essere anche i diritti.
Se si comincia a dire che ci sono una serie di persone che a prescindere – non perché delinquono – dànno fastidio perché sono loro, perché sono diversi e creano problemi nell’organizzazione sociale e di conseguenza non devono avere diritti, penso che ci sia un problema.
Poi c’è il tema della legalità, della sicurezza, del controllo, dell’azione delle forze dell’ordine e di migliorare le leggi.
Infine, c’è anche un problema vero che riguarda la credibilità della politica.
Purtroppo abbiamo fatto l’ultima campagna elettorale per le elezioni regionali in cui, invece che discutere dei problemi dei cittadini, dell’organizzazione delle Regioni, della Sanità, della casa, delle cose di cui si occupano le Regioni, per un mese si è discusso di impresentabili.
La discussione su questi personaggi è nata ben prima che se ne occupasse anche la Commissione Parlamentare Antimafia. Si è continuato ad accreditare l’idea che ci fosse una proliferazione di impresentabili nelle liste elettorali.
Certo che ci sono anche soggetti discutibili che era meglio se non si fossero presentati. Certo che la recente vicenda romana dimostra che c’è molta pulizia da fare e questo è il compito della politica.
La politica deve riuscire a fare pulizia e riuscire a fare leggi.
Non era più accettabile che in Italia non vada nessuno in carcere per corruzione, per questo abbiamo fatto un disegno di legge contro la corruzione e, da adesso in poi, ci sarà anche chi andrà in carcere per questo. Non era più possibile che in questo Paese non venisse punito il reato di falso in bilancio che ha consentito a chi corrompe di avere le riserve di soldi in nero per poter pagare il corrotto e, per questo abbiamo reintrodotto il reato di falso in bilancio. Non era possibile che in questo Paese non fossero puniti i reati ambientali come quelli che la criminalità organizzata compie ad esempio con il traffico dei rifiuti e, per questo, abbiamo approvato il disegno di legge sugli eco-reati.
Oggi queste cose ci sono, la politica doveva fare questo. E poi deve fare pulizia al proprio interno. Sarà più difficile fare una battaglia per la legalità se le istituzioni e la politica non riescono ad essere credibili.
Sarà più difficile ricostruire una credibilità in ciò che la politica fa e rendere credibile il fatto che si sta lavorando guardando all’interesse pubblico e non per altre ragioni molto meno nobili finché continueranno a emergere scandali come quelli che si vedono dalle cronache recenti. Per ricostruire una credibilità della politica ci vorrà molto tempo.

Video dell’intervento»
Video del dibattito con Franco Mirabelli, Don Gino Rigoldi, Beatrice Uguccioni, Nadia Branca»

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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