Nuove politiche UE per il Mediterraneo
Nei giorni scorsi il sottosegretario Gozi è venuto a riferire sui risultati delle ultime riunioni svoltesi in Europa e all'ONU sul tema delle politiche di accoglienza dei profughi e del governo dell'immigrazione. Finalmente si discute e si decide dopo troppi ritardi, superando gli egoismi nazionali, consapevoli che serve uscire da una assurda contrapposizione tra due estremi: "accogliamoli tutti" oppure "chiudiamo ogni varco e pensiamo a difendere i nostri confini". Queste due idee, entrambe sbagliate, confondono i profughi che scappano dalle guerre e dalle dittature con chi cerca di entrare clandestinamente per ragioni economiche.
Forse siamo finalmente di fronte ad una svolta in Europa rispetto alle questioni che riguardano l’immigrazione e le politiche per il Mediterraneo. Il rammarico è quello espresso anche da Federica Mogherini intervenendo ad Expo e cioè che si sia dovuto attendere che ci fossero tragedie come quelle che si sono verificate recentemente per costringere l’Europa ad affrontare in maniera concreta il tema dell’immigrazione.
Ora si sta costruendo un’operazione europea che lavori per un governo di unità nazionale in Libia che consenta di combattere gli scafisti e le mafie che li organizzano (anche potendo intervenire lì da dove partono), organizzi il riconoscimento degli aventi diritto di asilo in loco creando un corridoio che li porti in Europa senza dover salire sui barconi e definisca un piano di accoglienza di cui si faccia carico ogni Paese europeo, dando la disponibilità ad accogliere un numero condiviso di profughi, senza rinunciare a salvare chi rischia la vita in mare.
Sembra in questi giorni si sia arrivati alla consapevolezza che una politica europea che si limita a difendere le frontiere del continente pensando così di garantire la propria sicurezza, sia una politica inefficace. Non si ottiene il risultato se non si affrontano le questioni partendo da ciò che sta accadendo in Nord Africa e avviando lì una nuova politica di cooperazione, guardando soprattutto al Mediterraneo.
C'è poi certamente un tema che riguarda l’emergenza e che oggi si affronta modificando la missione europea Frontex, rifinanziandola in maniera significativa e attribuendole obbiettivi chiari che riguardano aiuto in mare e interventi sia umanitari sia di contrasto agli scafisti in Libia. Questo aspetto emergenziale, però, affrontato da solo non può risolvere i problemi; c’è quindi la necessità di affrontare il tema delle emergenze e contemporaneamente la necessità di mettere in campo politiche nuove dell’Europa su tutta l’area del Mediterraneo e sull’immigrazione.
Su questo il Governo è impegnato in una nuova politica sui rimpatri che consenta di distinguere meglio - anche agli occhi dell’opinione pubblica - tra profughi e clandestini. Oggettivamente il dato europeo che dice che solo il 26% dei clandestini espulsi vengono effettivamente rimpatriati è un dato preoccupante che suscita allarme sociale e che, insieme alla difficoltà con cui molti Paesi stanno recependo il trattato "Dublino2" che facilita i ricongiungimenti famigliari e altre forme di ingresso legale, produce clandestinità e difficoltà di integrazione. Anche la difficoltà dei rimpatri trova ragione in una questione che rende tutte le politiche sull'immigrazione più complicate: c’è un’assenza di interlocutori nei Paesi di provenienza e gli esperti segnalano che siamo di fronte ad una dissoluzione delle istituzioni degli Stati in tutto in Nord Africa e non solo.
Di fronte a ciò l'Europa è stata a lungo assente e ha lasciato solo il nostro Paese, oggi invece si assume la responsabilità di intervenire e questa scelta, non solo può finalmente farci superare una inerzia colpevole e rispondere alle esigenze umanitarie e di sicurezza che sono ancora irrisolte, ma è anche una scelta che rafforza l'Europa, il suo ruolo, il suo peso e la sua credibilità.
Forse siamo finalmente di fronte ad una svolta in Europa rispetto alle questioni che riguardano l’immigrazione e le politiche per il Mediterraneo. Il rammarico è quello espresso anche da Federica Mogherini intervenendo ad Expo e cioè che si sia dovuto attendere che ci fossero tragedie come quelle che si sono verificate recentemente per costringere l’Europa ad affrontare in maniera concreta il tema dell’immigrazione.
Ora si sta costruendo un’operazione europea che lavori per un governo di unità nazionale in Libia che consenta di combattere gli scafisti e le mafie che li organizzano (anche potendo intervenire lì da dove partono), organizzi il riconoscimento degli aventi diritto di asilo in loco creando un corridoio che li porti in Europa senza dover salire sui barconi e definisca un piano di accoglienza di cui si faccia carico ogni Paese europeo, dando la disponibilità ad accogliere un numero condiviso di profughi, senza rinunciare a salvare chi rischia la vita in mare.
Sembra in questi giorni si sia arrivati alla consapevolezza che una politica europea che si limita a difendere le frontiere del continente pensando così di garantire la propria sicurezza, sia una politica inefficace. Non si ottiene il risultato se non si affrontano le questioni partendo da ciò che sta accadendo in Nord Africa e avviando lì una nuova politica di cooperazione, guardando soprattutto al Mediterraneo.
C'è poi certamente un tema che riguarda l’emergenza e che oggi si affronta modificando la missione europea Frontex, rifinanziandola in maniera significativa e attribuendole obbiettivi chiari che riguardano aiuto in mare e interventi sia umanitari sia di contrasto agli scafisti in Libia. Questo aspetto emergenziale, però, affrontato da solo non può risolvere i problemi; c’è quindi la necessità di affrontare il tema delle emergenze e contemporaneamente la necessità di mettere in campo politiche nuove dell’Europa su tutta l’area del Mediterraneo e sull’immigrazione.
Su questo il Governo è impegnato in una nuova politica sui rimpatri che consenta di distinguere meglio - anche agli occhi dell’opinione pubblica - tra profughi e clandestini. Oggettivamente il dato europeo che dice che solo il 26% dei clandestini espulsi vengono effettivamente rimpatriati è un dato preoccupante che suscita allarme sociale e che, insieme alla difficoltà con cui molti Paesi stanno recependo il trattato "Dublino2" che facilita i ricongiungimenti famigliari e altre forme di ingresso legale, produce clandestinità e difficoltà di integrazione. Anche la difficoltà dei rimpatri trova ragione in una questione che rende tutte le politiche sull'immigrazione più complicate: c’è un’assenza di interlocutori nei Paesi di provenienza e gli esperti segnalano che siamo di fronte ad una dissoluzione delle istituzioni degli Stati in tutto in Nord Africa e non solo.
Di fronte a ciò l'Europa è stata a lungo assente e ha lasciato solo il nostro Paese, oggi invece si assume la responsabilità di intervenire e questa scelta, non solo può finalmente farci superare una inerzia colpevole e rispondere alle esigenze umanitarie e di sicurezza che sono ancora irrisolte, ma è anche una scelta che rafforza l'Europa, il suo ruolo, il suo peso e la sua credibilità.
Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook