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Il PD, il governo e le riforme

Written by Franco Mirabelli.

Franco MirabelliArticolo pubblicato da Affaritaliani.
Le polemiche di questi giorni hanno avuto il "merito" di rispostare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle divisioni e i guai del PD, dopo che il risultato elettorale delle amministrative e la chiusura da parte dell'Europa della procedura di infrazione avrebbero potuto consentire di spostare con un po' più di fiducia l'attenzione sulle proposte, sulle cose da fare per gli italiani e sulle priorità da assumere, anche per superare il distacco sempre più preoccupante tra i cittadini, la politica e le istituzioni.
L'approvazione delle Camere della mozione che stabilisce, all'interno del dettato costituzionale, la procedura per arrivare alle riforme istituzionali è un fatto importante e, a circa un mese dalla nascita del Governo Letta, dà concretezza all'impegno che la strana maggioranza ha assunto: entro 18 mesi provare ad approvare le riforme necessarie a rendere più efficienti le istituzioni e superare le situazioni che tutti da tempo dichiariamo di voler superare.
Il testo votato alle Camere parla di questo, stabilisce che l'iniziativa del governo sulle riforme si avvarrà del contributo di una commissione formata da 40 parlamentari espressione delle forze politiche, si tradurrà in una proposta che dovrà - come recita la Costituzione - essere discussa e approvata in Parlamento e che, alla fine, sarà comunque sottoposta ad un referendum confermativo qualunque sia la maggioranza che la sosterrà. Oltre a ciò la mozione votata indica i titoli e non le soluzioni: il superamento del bicameralismo perfetto come è oggi, la riforma dei regolamenti parlamentari, ecc..
In questo contesto la discussione sulla legge elettorale non aveva e non ha senso, perché la discussione era sulle procedure e le decisioni costituivano un impegno a realizzare le riforme e non si entrava nel merito. Di legge elettorale si discuterà e discuteremo in questo contesto e lo faremo coinvolgendo, così come sul resto delle riforme, la società italiana raccogliendo contributi e creando sedi di confronto, così come deciso con la mozione.
Il tentativo di portare in una sede sbagliata una discussione necessaria ha prodotto un cortocircuito. Da una parte ha nascosto l'importanza di ciò che è successo, che un primo passo è stato fatto, che gran parte del Parlamento si è impegnato davanti al Paese a realizzare entro 18 mesi ciò che in questi anni non si è riusciti a fare e che questa volta deve essere realizzato (pena la definitiva crisi del nostro sistema istituzionale e del rapporto tra cittadini e democrazia). Dall'altra ha affrontato in maniera ideologica e di parte un tema che necessita un'ampia condivisione per essere risolto come quello dell'abolizione del Porcellum e dell'approvazione di una nuova legge elettorale. Si propone di tornare alla legge precedente (non di innovare il sistema), come leggo in questi giorni, senza fare i conti con il fatto che, ad esempio, tornare al Mattarellum, se si verificasse la stessa situazione elettorale di febbraio non risolverebbe il problema della governabilità. Il PD ha proposto da tempo il doppio turno di collegio e non capisco perché nel momento in cui si avvia un processo di riforme dovremmo abbandonare le nostre proposte.
A meno che, in tutto ciò, non si nasconda un non detto: l'idea che il problema non siano le riforme ma far durare questo governo lo spazio di un mattino. Se è così lo si dica e discutiamone. Io continuò a pensare che tornare alle urne senza risolvere i problemi sociali più urgenti e con lo stesso numero di parlamentari, le due Camere come le conosciamo oggi, gli stessi finanziamenti alla politica, sarebbe inaccettabile per i cittadini e li allontanerebbe ancora, forse definitivamente, dalle istituzioni democratiche.
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