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Cinecittà raddoppia con i fondi del Recovery

Written by Dario Franceschini.

Dario FranceschiniIntervista del Corriere a Dario Franceschini.

Mario Draghi e Ursula von der Leyen insieme a Cinecittà. Perché questa scelta, ministro Dario Franceschini?
«Si tratta di un’intuizione molto intelligente del presidente Draghi. Di solito, a chi arriva in visita ufficiale a Roma, si mostrano i prestigiosi luoghi del nostro passato. Invece Draghi ha voluto mandare un chiaro messaggio all’Europa e al mondo: l’Italia ha un grande presente e un grandissimo futuro. Lo ha fatto scegliendo un luogo che è insieme industriale e culturale, cioè Cinecittà. Dove si crea, certamente, ma anche e soprattutto si produce».
Il pericolo è che si rimanga nel già visto: quante volte è stato sbandierato il vessillo di Cinecittà e poi non è accaduto granché...
«Attenzione. Stavolta è completamente diverso e non è uno slogan. Cinecittà raddoppierà in pochi anni. È al centro di uno dei più grandi e significativi investimenti del Recovery fund: 300 milioni, che riguarderanno anche il Centro sperimentale di cinematografia e quindi la formazione di nuove professionalità. Senza retorica, uno dei più grandi progetti industriali del nostro Paese almeno degli ultimi dieci anni. Sappiamo bene che ormai il confine tra cinema e audiovisivo è sempre più sottile e che quel settore è un fattore di enorme crescita in tutto il mondo. La nostra scommessa è Cinecittà che da srl è diventata spa con vertici rinnovati, la presidente Chiara Sbarigia e l’amministratore delegato Nicola Maccanico. Nuova governance per gestire progetti molto ambiziosi. La Cassa depositi e prestiti cederà un suo terreno vicino che consentirà di raddoppiare l’offerta di Cinecittà».
Andando oltre gli slogan, cosa c’è di concreto? Cosa si vedrà e cosa nascerà, al di là di queste cifre?
«Moltissimo. A Cinecittà nasceranno 5 nuovi teatri di cui uno da 4.000 metri quadrati e uno da 3.500. In tutto, nell’attuale area, la capacità produttiva crescerà di 12.000 metri quadrati con un +60% rispetto a oggi. Verrà risistemato il famoso e richiestissimo Set di Roma antica con la costruzione di un nuovo Teatro romano. Arriverà una nuova piscina indoor per le riprese subacquee allo Studio 12, un’altra scommessa avanguardistica. Nel nuovo terreno di Cassa depositi e prestiti verranno costruiti altri 8 teatri da 1.000 metri quadrati».
Tutto questo sforzo per ottenere cosa?
«Per fare di Cinecittà un polo di produzione competitivo a livello mondiale. Prima molte troupe arrivavano qui, giravano alcune scene chiave e poi finivano il film in Paesi più competitivi dal punto di vista fiscale. Ora è tutto cambiato, nel 2021 il Fondo cinema e audiovisivo è arrivato a 756 milioni, erano 250 nel 2016, e di questi 575 milioni sono in incentivi fiscali in forma di credito d’imposta, cioè il Tax credit. Cinecittà non è solo un simbolo legato a un passato glorioso del nostro cinema. È anche un brand che riguarda un presente, insisto, industriale e internazionale».
In che senso, ministro Franceschini?
«Recentemente un grande produttore internazionale, di cui non farò il nome né indicherò il Paese, ci ha proposto di comprare Cinecittà. Io ho risposto che non se ne parlava e ho chiesto perché non costruisse un polo produttivo nel suo Paese. Mi ha risposto che tutti, nel mondo, vogliono lavorare a Cinecittà: i divi, le troupe, i registi, i produttori. Perché Cinecittà è un simbolo forte di prestigio ma è anche una garanzia di qualità. Lo stesso discorso vale per il Centro sperimentale di cinematografia, ora affidato alla nuova presidente Marta Donzelli. Per tutte queste ragioni, una Cinecittà messa al passo con le sfide tecnologiche all’avanguardia, quindi più forte e competitiva, sarà anche un rinnovato marchio del Made in Italy e un traino per il grande turismo mondiale. Rinverdiamo i fasti di Vacanze romane».
The Guardian ha raccontato, proprio due giorni fa, che l’Unione europea ha parlato di «presenza sproporzionata» delle produzioni britanniche sul mercato europeo. Il riferimento è a grandi successi come The Crown. Bruxelles si starebbe preparando a un contrattacco anche perché tanta presenza sulle piattaforme europee, che ha fruttato all’industria televisiva britannica 490 milioni di sterline nel 2019-2020, viene vista come «una minaccia alla diversità culturale dell’Europa». La nuova Cinecittà servirà anche per questa sfida?
«Sì e sarà centrale. In quanto al merito del problema, mi sembra ovvio che se la Gran Bretagna esce dall’Unione europea, la sua produzione diventa extra-europea e non rientra nelle quote comunitarie. L’Europa dovrà rispondere sul piano industriale e dei contenuti. E Cinecittà sarà strategica su questo fronte comunitario».
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