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Sinergie tra SAI e Commissione Antimafia per la lotta alla criminalità delle diverse forme di tratta

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli su “Sinergie tra SAI e Commissione Antimafia per la lotta alla criminalità delle diverse forme di tratta” (video) nell'ambito del convegno “L’accoglienza di vittime di tratta nel SAI alla luce della legge 173/2020” organizzato dal Comune di Trezzano sul Naviglio con Sistema Accoglienza Integrazione di Trezzano Sul Naviglio, Associazione Villa Amantea, Giostra e con il patrocinio di Avviso Pubblico.

Ringrazio l’Associazione Villa Amantea per quello che fa e per l’organizzazione di questo convegno.
Ringrazio per le stesse ragioni il Comune di Trezzano sul Naviglio.
Cercherò di dire quanto sia importante parlare della tratta, un fenomeno che appare come residuale ma che purtroppo invece coinvolge moltissime persone.
Dirò alcune cose in rapporto alla legislazione e in rapporto anche al lavoro che la Commissione Antimafia nella scorsa Legislatura ha fatto proprio su questo tema. È un lavoro importante e corposo che ha prodotto una Relazione utile, sia dal punto di vista dell’inquadramento della questione, sia dal punto di vista delle possibili iniziative e proposte utili per implementare una legislazione come quella italiana che comunque su questo tema è considerata avanzata e a cui fa riferimento una parte importante dell’Europa.
Non può esistere una riflessione sul contrasto della criminalità organizzata del traffico e della tratta separata dall’assistenza e dai percorsi che le associazioni attive sul tema hanno messo in campo.
È fondamentale riconoscere le vittime della tratta e per fare questo è fondamentale costruire un rapporto di fiducia e farla emergere, così come è fondamentale questo rapporto di fiducia per interrompere i vincoli di paura e di riconoscenza che molte vittime della tratta continuano ad avere nei confronti di chi le ha sfruttate.
Questo vuol dire che le politiche di respingimento che non separano le vittime dai criminali che gestiscono il traffico e la tratta, rischiano di creare un’ulteriore barriera con le vittime, che dobbiamo tutelare ma che possono anche collaborare e aiutare le istituzioni a svelare il traffico.
Il primo punto del Piano Nazionale d’azione contro la tratta, che oggi va rinnovato, è proprio quello di individuare, proteggere e assistere le vittime della tratta.
Ogni vittima deve avere diritto alla tutela. L’articolo 18 del Testo Unico dice che lo Stato garantisce comunque l’assistenza a chi è vittima di tratta o di immigrazione forzata e sostiene che debba essere dato il permesso di soggiorno a chi collabora per colpire la tratta ma anche permesso per ragioni umanitarie a chi è vittima della tratta anche se non collabora, perché comunque ha diritto ad essere tutelato.
Penso che ci siano anche una serie di interventi e di questioni specifiche da affrontare riguardo ai settori su cui la tratta si esercita maggiormente.
Ovviamente, il primo settore di azione è lo sfruttamento della prostituzione.
Su questo punto, penso che si tratti di capire come questa questione possa essere affrontata in un ragionamento che la politica fa troppo spesso sulle vicende legate alle politiche contro la prostituzione o sulla prostituzione. Mi pare evidente, infatti, che la vicenda della tratta mostri con grande chiarezza che l’idea di liberalizzare la prostituzione, proprio di fronte a ciò che la tratta produce, non funziona perché sicuramente non tutela la salute di nessuno e inoltre rischia di favorire la tratta.
C’è, quindi, il problema di capire come si riesce a costruire una regolamentazione diversa che davvero possa colpire il racket. Questo vuol dire anche ridurre la domanda illegale e facilitare l’offerta legale.
Credo che ci si debba muovere dentro a questo spazio.
Un’altra questione riguarda lo sfruttamento del lavoro.
Riguardo a questo, c’è un punto che credo che dobbiamo valutare. Mentre è chiarissimo all’opinione pubblica quanto sia odioso lo sfruttamento della prostituzione, non lo è sullo sfruttamento del lavoro, cioè sulla scelta di portare qui le persone e poi costringerle a lavorare lasciando loro un’unica possibilità, lasciandole senza documenti e sottopagate e in condizioni di vero e proprio sfruttamento, perché sui territori le mafie forniscono anche i servizi, dal trasporto all’alloggio, facendoli pagare agli sfruttati.
Su questo tema c’è una sensibilità molto inferiore da parte dell’opinione pubblica, quasi che l’idea di lavorare per avere manodopera a basso costo sia una cosa comunque tollerata e tollerabile.
C’è, quindi, ancora lavoro da fare rispetto alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica anche se penso che, nella scorsa Legislatura, abbiamo fatto un passo avanti approvando la legge sul caporalato. Non tutto sta funzionando come pensavamo: probabilmente bisognerà fare un tagliando alla legge, però, l’idea di colpire le organizzazioni ma colpire anche la connivenza dei datori di lavoro è un tema che abbiamo posto; si sono inasprite le pene. È evidente, infatti, che anche i datori di lavoro stanno sfruttando e approfittando di persone che sono in uno stato di bisogno e di sottomissione rispetto a chi li sfrutta e a chi li ha portati e chi intermedia il loro lavoro.
Questo è un fenomeno che appare meno odioso agli occhi dell’opinione pubblica rispetto allo sfruttamento del corpo delle donne però è molto diffuso.
In molte zone del Paese, dall’edilizia all’agricoltura fino al tessile (di cui sono note le vicende delle organizzazioni cinesi, anche rispetto alla contraffazione), c’è un tema molto serio che va affrontato e su cui forse dobbiamo cominciare ad alzare l’attenzione.
Siccome il tema in discussione riguarda le mafie e l’immigrazione, credo che dobbiamo avere presente che stiamo parlando di traffico di esseri umani che spesso viene anche gestito contemporaneamente ad altri traffici, dalla droga alle armi.
In una recente visita che abbiamo fatto a New York, alla sede dell’ONU, gli organismi internazionali ci hanno raccontato di un fenomeno molto diffuso e molto preoccupante: parlano di nuove mafie.
Sono mafie transnazionali che si organizzano non solo per gestire il traffico ma che spesso costruiscono anche collegamenti nei territori di arrivo dei loro traffici di persone. Ogni realtà criminale ha la propria specificità.
A parte in Campania, queste mafie si insediano soprattutto dove è minore la presenza di mafie autoctone, tradizionali, perché c’è la tendenza a non avvalersi del contributo e dell’alleanza con le mafie tradizionali, almeno fino a quando con la Commissione Antimafia abbiamo approfondito il tema. Spesso queste nuove mafie si affidano a clandestini che mantengono le organizzazioni sui territori di arrivo.
Il ruolo che si riservano le mafie italiane è un ruolo di tolleranza, magari offrono qualche appoggio logistico, ritagliandosi vantaggi propri, come la possibilità di ricevere il pizzo per le aree di prostituzione che vengono garantite a queste organizzazioni criminali.
Storicamente abbiamo visto che le mafie italiane hanno investito di più nella gestione del business dell’accoglienza, piuttosto che nello sfruttamento delle vittime della tratta.
Stiamo parlando di mafie transnazionali che sono soprattutto nigeriane, albanesi, romene, cinesi, o vengono dai diversi Paesi dell’ex Unione Sovietica.
Tutti questi ragionamenti ribadiscono un punto: serve conoscere, serve raccogliere informazioni, serve raccogliere dati, serve un approccio che non può essere solo nazionale.
Contrastare e punire gli autori della tratta, quindi, è fondamentale che significa costruire una rete informativa utile anche per le forze dell’ordine, per le agenzie di contrasto; per questo servono anche dibattiti che diano un’informazione mirata e attenta all’opinione pubblica sulla tratta.
Sempre durante gli incontri all’ONU, è stato sostenuto che il tema della corruzione di alcuni canali diplomatici è una cosa diffusa in molti Paesi di provenienza della tratta e, quindi, c’è un lavoro da fare anche su questo.
Alla fine del lavoro che abbiamo fatto nella scorsa Legislatura sono emerse alcune proposte che credo siano quelle su cui lavorare, tenendo conto che non so se riusciremo ad aggiornare il Piano nazionale di azione. La formazione di questo Governo, infatti, è complicata e, piuttosto che arretrare, penso che sia utile tenere il punto a cui siamo arrivati.
Le proposte che sono emerse sono diverse.
Innanzitutto si chiede si considerare ogni clandestino come una potenziale vittima della tratta e, dunque, va tutelato a prescindere anche se poi sarà rimpatriato. Va, quindi, sempre costruita una tutela, come la norma a cui accennavo prima del permesso di soggiorno per le vittime della tratta.
Oggi il permesso di soggiorno viene dato a chi risulta essere sfruttato nel nostro Paese. C’è una proposta che credo che sia giusta, che è quella di estendere la possibilità di avere il permesso di soggiorno anche a chi è sfruttato durante il viaggio. Sappiamo, infatti, che sono stati segnalati più volte dei fenomeni di sfruttamento soprattutto durante la lunga attraversata del deserto e credo che queste vicende vadano svelate e punite e, quindi, vanno considerati vittime di tratta e di sfruttamento anche coloro che sono stati sfruttati durante il viaggio.
C’è poi l’idea di estendere la confisca dei beni alle aziende che sfruttano la manodopera fornita dai trafficanti e di estendere il diritto di risarcimento per le vittime dello sfruttamento lavorativo che in questo momento è assolutamente risibile.
C’è inoltre la proposta di intensificare il lavoro di condivisione delle informazioni tra i diversi Paesi, tra le agenzie di contrasto alla criminalità dei diversi Paesi, le agenzie investigative dei diversi Paesi.
Oggi siamo messi un po’ meglio perché stiamo andando verso la Procura europea e questo può sicuramente aiutare.
Se passasse l’idea della confisca dei beni a chi sfrutta consapevolmente la manodopera vorrebbe dire poter utilizzare uno strumento che oggi è utilizzabile in tutta Europa perché la possibilità di procedere alla confisca dei beni alle mafie è stata estesa in tutta Europa.
Queste sono questioni che si possono affrontare.
Anche il Protocollo a cui accennava il magistrato Alessandra Dolci, mi pare che sia ispirato da questa convinzione: non esiste un lavoro che si può fare pensando di avere separatamente da una parte il contrasto e la prevenzione e dall’altra parte l’assistenza e la tutela delle vittime: queste cose stanno insieme, devono stare insieme ed è un po’ ciò che ha ispirato il Piano Nazionale d’azione vigente e credo che bisogna continuare a lavorare in questa direzione.

Video dell'intervento»
Video del convegno»

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