Print

Le mafie ai tempi della pandemia e del Recovery Plan

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli al videoevento organizzato da Zona Dem a cui hanno partecipato anche Mimmo Bevacqua (Consigliere Regionale PD della Calabria) e Federico Cafiero De Raho (Procuratore Nazionale Antimafia).

Ringrazio il Procuratore De Raho per la partecipazione a questo incontro, per essere ancora in ufficio a tarda serata e per il lavoro che fa.
Il Procuratore ha illustrato bene quali sono i nodi e le questioni centrali che dobbiamo affrontare in questo momento per ridurre gli spazi della criminalità organizzata e sconfiggerla.
Il Procuratore De Raho, con la sua gentilezza, ha sfidato la politica a fare fino in fondo il suo dovere.
La magistratura, le forze dell’ordine fanno moltissimo per contrastare la criminalità organizzata e, da questo punto di vista, dobbiamo essere orgogliosi del nostro Paese. Abbiamo le mafie ma abbiamo anche capacità investigative e strumenti straordinari che il mondo ci invidia e andiamo nel mondo a spiegare come si combattono le mafie; portiamo nel mondo le norme e le scelte che qui ci hanno consentito di dare colpi durissimi alle mafie.
Ringrazio anche il Consigliere Regionale della Calabria Mimmo Bevacqua perché so che non è semplice parlare delle mafie e della ‘ndrangheta in Calabria, organizzando iniziative. Penso però che sia assolutamente necessario farlo e, quindi, va a merito del gruppo di Zona Dem l’aver organizzato questo incontro.
Personalmente, penso che la questione della lotta alla mafia deve diventare sempre di più una priorità per la politica e lo deve essere ancora di più in questo momento.
Le mafie e in particolare la ‘ndrangheta, come ha detto la Relazione conclusiva dei lavori della Commissione Parlamentare Antimafia nella scorsa Legislatura, sono insediate in tutto il Paese, sono un fenomeno internazionale e vanno combattute a quel livello.
L’idea che i mafiosi al Nord vengano soltanto per investire i soldi derivanti da attività illecite o infiltrarsi non corrisponde al radicamento che le mafie stanno costruendo in tutto il Paese.
Questo radicamento, purtroppo, suscita un allarme sociale molto basso rispetto alla gravità e ai pericoli che le mafie portano con sé.
Credo, quindi, che la politica debba sempre di più mettersi in campo e spiegare che combattere le mafie significa combattere per la libertà delle persone, del mercato, di un Paese che altrimenti rischia di essere sopraffatto senza accorgersene da quei fiumi di denaro che possono inquinare ogni attività, a partire da quelle economiche.
Guardando alla fase in cui siamo, dobbiamo ricordare che le mafie hanno una grande capacità di sfruttare le crisi economiche, come già abbiamo visto nel 2008.
Tante inchieste anche al Nord hanno mostrato che le mafie si propongono alle imprese come società di servizi che forniscono finanziamenti, recupero crediti, la possibilità di accelerare qualche pratica amministrativa e, in questo modo, coinvolgono pezzi importanti dell’economia, condizionano tante attività e spesso se ne appropriano, utilizzano queste attività per riciclare il denaro.
È, dunque, evidente che in una fase come quella che stiamo attraversando, le mafie lavoreranno per tentare di acquisire pezzi di economia legale, pezzi di commercio. C’è, infatti, il rischio che le mafie acquisiscano tanti esercizi commerciali: quelli che rischiano di non riuscire a sopravvivere di fronte alla crisi.
Bisogna, quindi, alzare la guardia su tutto questo; bisogna verificare da dove arrivano i soldi.
Forse dovremmo fare un po’ di più anche a livello legislativo, come ad esempio reintrodurre le norme che obbligano a segnalare le compravendite di negozi, di esercizi commerciali o per il divertimento: si tratta di norme che c’erano e sono state eliminate ma ora potrebbero servire molto agli investigatori per capire quali sono le anomalie e contrastarle.
Un altro aspetto riguarda le persone che, soprattutto al Sud dove c’è un’economia sommersa, sono rimaste senza lavoro e quindi senza reddito. Qui c’è un rischio molto concreto che le mafie diventino una sorta di stato sociale parallelo. Fino ad ora abbiamo evitato questa situazione ma il rischio resta elevato.
Di fronte a questo, la politica non deve lasciare spazi alla criminalità e questo significa sostenere le attività commerciali, le imprese, rendere più facile l’accesso al credito e il rientro dilazionato. Bisogna, cioè, evitare che chi non trova il credito nelle banche si rivolga alla criminalità organizzata. Per fare questo occorre si creino le condizioni per favorire che ci sia la possibilità di non essere strozzati dai debiti che si sono contratti in precedenza e che nel momento di crisi si fa fatica ad onorare. Questo sarebbe anche il modo migliorare per combattere l’usura.
Per il reddito di emergenza sono state presentate 160mila domande nell’arco di pochissimi giorni e anche quello è uno strumento che serve per evitare che quei lavoratori che fanno parte del sommerso e che hanno perso il reddito finiscano nelle mani della criminalità organizzata.
Questo è ciò che deve fare la politica.
Dobbiamo, inoltre, saper gestire i soldi del Recovery Fund mettendo in campo tutte le misure necessarie per evitare che se ne appropri la criminalità organizzata.
Per questo bisogna uscire dalla discussione assurda, che piace molto alla criminalità organizzata, per cui si continua a contrapporre l’idea che ci devono essere delle regole per garantire la legalità al fatto che le opere devono essere fatte rapidamente, cioè l’idea che per fare le opere rapidamente bisogna smontare le regole che garantiscano la legalità. Una discussione di questo tipo viene fatta in continuazione sul Codice degli Appalti e la presunta necessità di cambiarlo o sospenderlo.
Al di là degli effetti concreti, in quel modo si fa passare un messaggio sbagliato e cioè che si possono abbassare le tutele di legalità in nome della velocizzazione delle opere.
Nella realtà si è dimostrato che le opere si possono fare anche velocemente magari investendo sulle professionalità delle centrali appaltanti, sulle banche dati, facendo funzionare meglio e in maniera diversa gli uffici delle Prefetture che fanno un grande lavoro rispetto alla certificazione antimafia.
Le due cose, dunque, devono stare insieme. Se lanciamo il messaggio che adesso serve all’economia fare le opere in fretta e per farlo dobbiamo smontare il sistema che garantisce la legalità facciamo un errore gravissimo di cui la mafia si approfitterà.
Quando abbiamo fatto Expo a Milano eravamo in ritardo e bisognava fare in fretta eppure, proprio in quell’occasione, si mise in campo un sistema di prevenzione rispetto agli appalti e un sistema di controllo assolutamente innovativo per cui si entrava nei cantieri a verificare le cose e questo sistema ha prodotto una novantina di interdittive antimafia, impedendo alla ‘ndrangheta di entrare ma Expo si è fatto e si è fatto bene. Quel sistema poi è stato diffuso e utilizzato per altre grandi opere.
Si può fare, quindi, mettendo insieme le banche dati e il lavoro delle Prefetture; mettendo insieme i diversi corpi di polizia.
Con una serie di accorgimenti, quindi, è possibile impedire alla criminalità organizzata di penetrare negli appalti e inquinare le grandi opere.
Il Recovery Plan comprende una serie di progetti che saranno verificati passo passo non soltanto dal punto di vista della legalità e le risorse saranno assegnate con una grande attenzione rispetto ai finanziamenti, a da dove provengono i soldi che le imprese mettono e ai soci di quelle imprese. A questo si possono associare altri controlli in corso d’opera; c’è già una vasta esperienza di questo.
Il Ministro degli Interni sta lavorando molto in questi mesi per mettere in rete le banche dati e farle dialogare tra loro per consentire il massimo del controllo su chi andrà poi a beneficiare delle risorse europee.
La politica ha una grandissima responsabilità in questa fase: innanzitutto ha la responsabilità di non lasciare sole le persone e le imprese, in questo modo può riuscire a non dare spazi alla criminalità organizzata.
Per fare tutto questo la politica deve avere presente che c’è anche da garantire percorsi di legalità. Dobbiamo aiutare le imprese e le persone anche per evitare che la criminalità approfitti di un’idea di uno Stato che non è forte e che non è in grado di garantire i cittadini.
Questo è il primo lavoro che dobbiamo fare per combattere le mafie: non lasciare loro spazio né nell’economia né quello spazio che si crea quando i cittadini non ricevono risposte dallo Stato.
Credo che ce la possiamo fare.
Credo che dalla Calabria possa venire un segnale importante nei prossimi mesi da questo punto di vista.
Le Procure, come diceva il Procuratore De Raho, stanno facendo moltissimo e la ‘ndrangheta sta subendo colpi significativi; sono stati arrestati molti latitanti tra i principali boss calabresi.
Adesso bisogna che si metta in campo la politica e bisogna che si metta in campo anche la società civile. Bisogna che la politica faccia la scelta di non fare più compromessi.
Da questo punto di vista, torno a dire che non c’è nulla che possa giustificare un abbassamento dei principi o delle tutele di legalità.
Dobbiamo lavorare per garantire la legalità e questa è la prima cosa che possiamo fare per garantire più prosperità e un futuro alla Calabria e complessivamente al nostro Paese.

Video dell’intervento di Mirabelli» 

Video della diretta» 
Video dell’evento» 

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

Pin It