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Criminalità e Covid: la lotta alle mafie al tempo della pandemia

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli all'incontro organizzato da La Svolta per gli Studenti, a cui hanno partecipato anche Pasquale Angelosanto (Comandante ROS), Renato Balduzzi (Costituzionalista), Roberto Tartaglia (Vicedirettore DAP) - video.

È importante il tema che è stato scelto per questa iniziativa.
Credo, infatti, che sia importante parlare di queste questioni.
Penso che una delle cose più importanti che ha fatto la Commissione Parlamentare Antimafia in questi anni, dal 2013 in poi, anche grazie alla collaborazione con Nando Dalla Chiesa, sia stato il fatto di studiare un fenomeno importantissimo come quello della ‘ndrangheta e arrivare a dire, nella Relazione Conclusiva dei lavori della scorsa Legislatura, che le mafie sono insediate in tutto il Paese, anche nel Nord e non si tratta soltanto un’infiltrazione, non è solo la mafia che viene a riciclare i frutti delle attività illecite dove ci sono i soldi e dove c’è la Borsa ma c’è qualcosa di più.
C’è un vero e proprio insediamento delle mafie anche territoriale.
C’è una grande capacità da parte delle mafie di penetrazione nell’economia.
Le inchieste anche di questi ultimi anni raccontano che le mafie sono in grado e si propongono per dare servizi alle imprese e, in questa fase di crisi, il tema è decisivo.
C’è anche una parte del mondo delle imprese che è disponibile a chiedere servizi finanziari, di recupero crediti, per agevolare le pratiche amministrative alle mafie.
Le mafie, quindi, sono insediate anche qui al Nord e non solo. Ormai, infatti, le mafie sono un fenomeno internazionale: si sono globalizzate molto più della politica e sono in grado di muovere ingenti capitali in ogni parte del mondo.
Abbiamo una mafia autoctona come la ‘ndrangheta che ha sedi e “Locali” in Australia, in Canada, in tutta Europa ed è in grado di lavorare molto e, quindi, il contrasto va fatto a quel livello.
Questi insediamenti hanno una caratteristica: la scelta che hanno fatto le mafie è quella di nascondersi, di utilizzare il meno possibile la violenza e i tradizionali metodi mafiosi per suscitare un basso allarme sociale.
C’è un allarme sociale molto basso proprio perché le mafie non si vedono, non sparano, non fanno attentati.
La gran parte dell’opinione pubblica non si accorge che ci sono le mafie e non ne vede la pericolosità ma così diventa più difficile contrastarle, diventa più difficile cogliere la loro esistenza mentre in realtà siamo di fronte ad un fenomeno davvero pericoloso per la nostra democrazia.
In questi anni, è stata immessa nell’economia legale una quantità enorme di denaro che proviene dai traffici illeciti.
Non c’è, dunque, solo un problema di concorrenza del mercato che viene in qualche modo colpita e sregolata ma c’è un problema vero e proprio di democrazia.
Far capire questo e tenere alta la guardia e l’attenzione su questi temi non è facile. Bisogna far capire che le mafie continuano a fare grandi danni alla libertà di molte realtà del Paese, alla libertà di fare impresa e anche concretamente ai cittadini. Questo si intuisce, ad esempio, guardando a ciò che fanno le mafie con la movimentazione dei rifiuti; smaltendo i rifiuti speciali e tossici in luoghi dove possono generare pericolo e dove possono generare situazioni insalubri per i cittadini.
È così che le mafie guadagnano i soldi.
Le mafie guadagnano anche con il gioco d’azzardo illegale, con il traffico di droga, offrendo servizi alle imprese e poi vessando quegli imprenditori che hanno chiesto i loro servizi, spesso espropriandoli delle loro stesse imprese.
In questi giorni, le mafie stanno lavorando per acquisire esercizi commerciali e riciclare così il denaro.
Credo, quindi, che il lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia in questi anni sia stato importante per approfondire questi temi.
Insieme all’Università degli Studi di Milano e a Nando Dalla Chiesa, che hanno fatto ricerche molto importanti sulla ‘ndrangheta, si è scoperto un mondo che oggi va raccontato ai giovani e all’opinione pubblica perché va raccontata una pericolosità delle mafie che è grandissima anche se non si vede.

Video del primo intervento» 

Rispetto alle questioni del 41bis e dell’ergastolo ostativo non è semplice dare una risposta anche se dovremo farlo perché è molto probabile che la Corte Costituzionale a breve si esprima.
Io penso che l’ergastolo ostativo, così com’è, in qualche modo contraddice anche alcuni principi della nostra Costituzione.
Va considerato, però, che in Italia c’è la mafia e giustamente abbiamo introdotto degli istituti speciali per combattere le mafie, come il 41bis.
Il regime di 41bis, in astratto, non è un sistema accettabile ma è un istituto da difendere con grande forza perché è stato creato appositamente per impedire che i capi mafia possano continuare a comandare anche dal carcere e impedire che il carcere diventi addirittura uno strumento di reclutamento e di rafforzamento delle mafie.
Penso, quindi, che non dovremmo dare un giudizio astratto o più o meno propagandistico della sentenza della Corte Costituzionale. Credo, invece, che dovremo fare una legge che ci consenta di evitare che quella sentenza si trasformi nella possibilità per i condannati per mafia all’ergastolo di essere messi nelle condizioni di tornare a comandare e a riprendere i collegamenti con la propria organizzazione criminale, anche se messi agli arresti domiciliari.
Il regime di alta sicurezza 4bis, invece, non è fatto solo per i condannati per reati di mafia e credo che dovremmo fare un intervento che riguardi i condannati per mafia che consenta la richiesta dei permessi, come adesso avviene, anche fino agli arresti domiciliari ma dovremo fare in modo che l’accoglimento di queste richieste possa avvenire solo di fronte a condizioni molto chiare: non può bastare la dissociazione dalla criminalità.
Oggi, l’unica condizione richiesta è la collaborazione.
Personalmente, ho presente casi precisi di persone che hanno cambiato vita all’interno del carcere ma, a tutela dei propri familiari, non se la sentono di collaborare con la Giustizia.
In ogni caso, non può bastare la dissociazione dalla criminalità.
Dovremmo costruire una legge che metta in fila una serie di paletti e criteri che possono rendere possibile a determinate condizioni per il magistrato di sorveglianza il concedere benefici.
Penso comunque che per i condannati al 4bis serva un doppio binario, quindi, ora mi riferisco specificatamente ai condannati per mafia.
C’è, infatti, il problema che i magistrati di sorveglianza di fronte a queste richieste rischiano di essere molto condizionati dalle mafie.
Nel lavoro che abbiamo fatto in Commissione Parlamentare Antimafia su questi temi è emersa l’idea di costruire nel Tribunale di Sorveglianza di Roma una sezione speciale in cui far confluire tutte le richieste che arrivano da condannati all’ergastolo ostativo o per reati di mafia.
Questa è una cosa che potrebbe consentire anche di evitare un possibile condizionamento.
Dovremo, comunque, prendere atto della sentenza della Corte Costituzionale.
Personalmente continuo a pensare che i mafiosi, soprattutto quelli condannati all’ergastolo, non possano avere gli stessi benefici degli altri detenuti, anche se si trovano nelle stesse condizioni.
Occorre, infatti, tutelare la comunità.
Dovremo, quindi, fare una legge che riconosca la sentenza della Corte Costituzionale e per i reati di mafia stabilisca dei percorsi diversi, che abbiano restrizioni maggiori e mettano in campo criteri rigidi perché ciò che non possiamo fare, né mettendo mano al 41bis né al 4bis, è il consentire ai capi mafia di ritornare in contatto con le proprie organizzazioni.

Video del secondo intervento» 

Video della diretta» 
Video dell’evento» 

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