Tutta la legalità possibile
Intervento all'incontro "Tutta la legalità possibile"
Nel corso di questa iniziativa abbiamo sentito interventi di persone che sono impegnate, fanno esperienze concrete e ottengono dei risultati nella lotta per la legalità e contro la mafia.
In un Paese in cui troppo spesso continuiamo a dire che va tutto male, si conferma una situazione in cui – come dice anche Rosy Bindi – è vero che la mafia è molto forte ma qui si sono anche sapute dare risposte forti e anche l’antimafia ha saputo essere molto forte.
Abbiamo saputo dare risposte vere anche grazie al lavoro delle Commissioni Antimafia in questi 50 anni e le abbiamo sapute dare perché abbiamo costruito gli ambiti in cui studiare, capire, indagare e, sulla base di questo, elaborare proposte legislative.
La normativa sui beni confiscati, ad esempio, è frutto di un’intuizione: studiando le mafie si è capito che per colpirle bisognava colpire i patrimoni e si fece la scelta di espropriare, prima ancora della fine del primo grado del processo, e riutilizzare i beni di chi era accusato di associazione mafiosa.
Il tema è quindi capire, valutare e inseguire: la mafia, infatti, continua a cambiare e noi dobbiamo continuare ad adeguare i mezzi di contrasto.
Lo abbiamo fatto anche questa legislatura. Abbiamo concretizzato la modifica dell’articolo 416 ter del codice penale con cui finalmente si punisce lo scambio politico-mafioso inteso come favori in cambio di voti (mentre prima veniva punito solo il voto in cambio di denaro); abbiamo introdotto il reato di autoriciclaggio, si è finalmente costituita un’Autorità riconosciuta da tutti che è quella dell’Anticorruzione degna di questo nome con a capo Raffaele Cantone (perché prima esistevano cose che non hanno funzionato).
La Commissione Parlamentare Antimafia ha questo scopo: ad esempio, abbiamo guardato la legge sui beni confiscati e studiato come funzionava in questa fase; abbiamo visto che non funzionavano alcune cose e abbiamo fatto delle proposte per correggerle e il Parlamento ha poi votato un documento sul tema e oggi c’è anche una proposta di revisione del Codice Antimafia che riguarda anche questo argomento. Abbiamo proposto modifiche inerenti il modo di gestire i beni confiscati perché quello in uso fino ad oggi non ha funzionato, soprattutto per impedire che le aziende falliscano nel momento in cui vengono tolte alla mafia, per rendere più veloce l’assegnazione dei beni confiscati alle mafie, per introdurre il principio che non solo ai mafiosi ma anche a chi commette altri reati di pericolosità sociale venga applicato il principio della confisca.
Abbiamo fatto, inoltre, un documento sull’Europa, votato dal Parlamento, in cui abbiamo impegnato il Governo italiano ad andare in Europa a chiedere che la questione della confisca preventiva dei beni venga applicata anche nel resto dell’UE perché altrimenti i mafiosi andranno ad investire i loro patrimoni in Paesi in cui queste regole non valgono e il contrasto diventa difficile.
Anche su Expo abbiamo fatto un’analisi attenta dei provvedimenti che sono stati presi, dei protocolli che sono stati assunti e abbiamo visto che oggi c’è in campo una rete che ha contrastato le infiltrazioni mafiose, perché il numero di aziende che sono state inibite grazie ai controlli messi in campo grazie a questa rete dimostrano che abbiamo uno strumento che si può estendere a tutte le grandi opere (purtroppo non si è riusciti a contrastare la corruzione).
Un altro importante lavoro lo stiamo facendo sul Nord con l’aiuto di Nando Dalla Chiesta e dell’Università degli Studi di Milano, perché capire le mafie al Nord è una cosa che ha ancora bisogno di ulteriore approfondimento.
Ho ascoltato molte esperienze, ci sono tante proposte in campo e cose che si possono fare ma c’è un punto però su cui credo che ci debba essere un’attenzione di tutti.
Se si guarda a Sedriano, il primo Comune lombardo sciolto per mafia, si scoprirà che la prima iniziativa sul tema è stata fatta solo un mese fa, ad un anno e mezzo dallo scioglimento del Comune.
Ecco che allora abbiamo bisogno di fare uno sforzo in più che è quello di spiegare che qui la mafia c’è e che è pericolosa anche se non spara ed ha una capacità di infiltrazione e di inquinamento dell’economia, della società e, quindi, della democrazia grandissima e rispetto a questo c’è una distanza tra la percezione dell’opinione pubblica e la gravità del problema che è troppo grande. Se non c’è un’attenzione forte dell’opinione pubblica, come dimostra chi ha fatto la lotta alla mafia in Sicilia, e se non c’è da parte dell’opinione pubblica una forte capacità di contrastare, isolare e combattere la mafia, possiamo anche migliorare le leggi, però, non riusciremo a distruggere le mafie.
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