Impegno comune contro violenza e orrore
Vivere la vita che ci è data senza lacerazioni, ferite, strappi alla delicata stoffa di cui è fatta la nostra casa comune non può essere relegato a un sogno, a un’utopia.
Punto di partenza di questa breve riflessione sul tema della convivenza civile e dell’integrazione l’ultima citazione riportata, che serve a cogliere le tante diversità che formano il tessuto sociale del mondo occidentale, che, lungi dall’essere una minaccia, sono una ricchezza.
Nel libro di Guido Barbujani e Pietro Cheli “Sono razzista ma sto cercando di smettere” si sottolinea la complessità del mondo in cui viviamo e, di conseguenza, il bisogno di un aiuto per non cadere facili prede di chi ricorre a infondate semplificazioni e alle paure, parlando di una identità minacciata, la nostra, e della necessità di difenderla da pericolose contaminazioni.
In quel “Sono razzista ma sto cercando di smettere”, in quell’io che si esprime così, dobbiamo riconoscerci e insieme fare lo sforzo per smettere di essere razzisti.
Quanto più urgente oggi dopo il terribile attentato al giornale Charlie Hebdo in cui sono state barbaramente uccise dodici persone, la maggior parte giornalisti, in nome di un Dio che, per i veri credenti, mai potrebbe coprire un eccidio così efferato.
Ho letto che in Francia Marine Le Pen si ripromette d’introdurre la pena di morte se le future elezioni dovessero confermare il suo partito al primo posto. In Italia Matteo Salvini cavalca da tempo l’estremismo della Le Pen e si fa portatore di paure, promotore di movimenti xenofobi, politiche di rifiuto dei tanti migranti che cercano asilo da noi, per fuggire dai loro paesi senza futuro, senza speranza di vita…
A noi tutti è demandato il difficile compito di sconfiggere tali tendenze xenofobe, di dimostrare che molti degli immigrati nel nostro paese come negli altri dell’Unione Europea sono una vera risorsa.
Alla scuola, agli insegnanti, in particolare ai maestri, è demandato un compito ancora più delicato ma di primaria importanza: aiutare le seconde generazioni a integrarsi, a sentirsi fratelli dei loro compagni di banco e di giochi, a conoscersi e ad apprezzare gli usi e i costumi di ognuno.
Se questo impegno non ci sarà o non si rafforzerà, si creeranno incomprensioni, rifiuti reciproci e si rafforzeranno le paure degli uni nei confronti degli altri.
Leggo di assalti alle Moschee in Francia, un segno che il fanatismo è forte perché ha le sue basi nell’ignoranza e nelle semplificazioni per cui gli altri, i musulmani, oggi, come gli ebrei, in passato, diventano tutti potenziali terroristi.
Facciamo in modo che questo non avvenga se crediamo nei valori democratici che sono alla base dei nostri Paesi.