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La gestione dell'emergenza

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli in tv a 7Gold.

Si poteva discutere della proroga dello stato di emergenza fino al 31 ottobre, ma secondo me era sbagliato, perché come era ovvio l’estate è stata più tranquilla e sembrava essere rientrato tutto nella normalità ma di fronte alla situazione che c’è oggi - non tanto nel nostro Paese che, ancora una volta, sta gestendo la pandemia meglio di altri in Europa - tutto consiglia di continuare a mantenere lo stato di emergenza. È sufficiente vedere cosa avviene in Francia, in Spagna o in Gran Bretagna per capirlo.
Lo stato di emergenza è ciò che consente di intervenire tempestivamente nel momento in cui si verifica la necessità di interventi per contenere un’eventuale escalation del virus.
Oltretutto, mi pare che sia superata la cosiddetta “questione democratica”, in quanto si discute e si decide tutto in Parlamento: ogni provvedimento è stato discusso dalle Camere e sia il Ministro della Salute che il Presidente del Consiglio vengono in Parlamento a illustrare i provvedimenti.
Mi pare, quindi, che la proroga dello stato di emergenza sia dovuta per proseguire il percorso di contenimento del virus che abbiamo fatto e, come riconosciuto anche dall’OMS, abbiamo fatto bene e siamo stati esemplari, per cui è importante continuare su questa strada.

Lo stato di emergenza non c’entra niente con il funzionamento delle Camere e gli altri decreti in essere ma è quel provvedimento che consente al Ministro della Salute o al Presidente del Consiglio di creare delle zone rosse o di imporre determinati comportamenti, cosa che già succede ed è bene che succeda in futuro.
Il Parlamento, anche prima del covid, non funzionava come vorremmo ma è una questione che riguarda le riforme istituzionali e non lo stato di emergenza.

Rispetto alle irregolarità di chi ha percepito i sussidi, sicuramente bisogna stringere i controlli e anche i Comuni devono fare la loro parte perché chi non ha diritto non deve ricevere sussidi.
Penso che Conte abbia ragione sulla questione del reddito di cittadinanza: il PD non lo ha votato ma oggi c’è, è uno strumento per il contrasto della povertà e su cui occorre fare un tagliando perché è evidente che non funziona. Sicuramente c’è un abuso, ne sono stati scoperti tanti e, quindi, vuol dire che i controlli funzionano. Il problema, però, è che manca il passaggio dalle politiche attive del lavoro per cui si dovrebbe aiutare le persone per un periodo con un sussidio ma, nel frattempo, si dovrebbero creare opportunità di lavoro e di incontro tra aziende e persone che hanno bisogno di lavorare. Nel momento in cui si verifica che solo il 2% di chi ha avuto il reddito di cittadinanza ha avuto opportunità di lavoro e ha trovato un impiego, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona e, dunque, occorre fare un tagliando.
Su questo, però, mi pare che anche M5S abbia tutto l’interesse a far funzionare bene uno strumento che, appunto, non voleva essere solo assistenziale ma che dovrebbe e dovrà essere finalizzato al lavoro.

Quota 100 doveva durare 3 anni e, quindi, in ogni caso, il prossimo anno non ci sarà più, a prescindere da che Governo ci sia e da cosa dica l’Europa. L’effetto reale, al di là degli aspetti mediatici, è stato di circa 160mila persone, in prevalenza dipendenti pubblici, che sono potute andare in pensione prima. È evidente che adesso serve un’ulteriore riforma delle pensioni, per non tornare alla legge Fornero e un’ipotesi è quella della flessibilità in uscita, cioè di creare meccanismi che, da un certo punto in poi della vita lavorativa, consentano di scegliere quando andare in pensione a seconda del reddito che si potrà percepire.
L’Ape Social è una delle ipotesi: oggi esiste, non comporta perdite di reddito da parte di chi va in pensione e, sostanzialmente, consente che dopo i 63 anni di età, in base ad alcune condizioni (molto legate al tipo di lavoro svolto) si può scegliere di andare in pensione. Sostanzialmente vale per i lavori usuranti o per persone disoccupate da tempo.
A mio avviso, l’Ape Social è uno strumento da estendere e, in ogni caso, penso che la filosofia debba essere quella di consentire la possibilità di andare in pensione prima a chi svolge i lavori più pesanti e, complessivamente, ai lavoratori di poter scegliere il momento in cui andare in pensione e con quale reddito.

Rispetto agli aumenti previsti a breve per le bollette di elettricità e gas, va chiarito che non è il Governo a deciderli: siamo in un regime di concorrenza per l’energia. Nel momento in cui si è verificata l’emergenza, però, le bollette si sono abbassate in maniera significativa in seguito ad un’iniziativa del Governo. Con gli aumenti di oggi, si ritorna vicini ai livelli di pagamento precedenti alla pandemia ma le bollette saranno comunque ancora più basse di prima.
Non si può pensare che tutte le misure che sono state assunte in emergenza possano durare per sempre perché l’energia prodotta costa.
Siamo un Paese all’avanguardia rispetto alle energie rinnovabili e alternative, facciamo ogni sforzo per ridurre i consumi e gli sprechi e, quindi, penso che in futuro pagheremo meno l’energia.
Oggi, però, era molto difficile pensare di poter ancora prorogare i provvedimenti che nei mesi scorsi avevano portato ad una significativa riduzione del costo delle bollette, perché legato a questo c’è anche il funzionamento delle aziende che producono energia.
Ora, quindi, le bollette aumentano ma restano comunque al di sotto di livelli pre-covid.

Non sono diminuiti gli stipendi dei lavoratori, anzi, dal 31 luglio scorso, 16 milioni di lavoratori dipendenti hanno avuto il taglio del cuneo fiscale e, quindi, hanno avuto più soldi in busta paga.
Non sono state tagliate le pensioni.
Sono, invece, state aiutate milioni di persone che non avevano mai avuto ammortizzatori sociali come i lavoratori autonomi o i dipendenti di piccole imprese, per cui sono stati erogati bonus e cassa integrazione.
In questa fase di difficoltà, quindi, si è stati molto attenti a sostenere il reddito delle famiglie. Resta che è stata una fase di grande crisi in cui molti hanno perso il lavoro, si sono chiusi esercizi commerciali ma lo sforzo del Governo è andato tutto a cercare di sostenere chi era in difficoltà.
Vedremo ora come sarà la manovra economica. Personalmente, credo che, all’interno della manovra, sia giusto ragionare di una riforma del fisco per ridurre le tasse alle famiglie e proseguire sul taglio delle tasse sul lavoro, magari andando anche a beneficio delle imprese oltre che dei lavoratori.
Diverso è, invece, il ragionamento da fare sul Recovery Fund e su quali progetti finanzieremo con quelle risorse e dovranno essere i grandi progetti per disegnare il futuro del Paese.

Qui abbiamo avuto un Governo che è intervenuto con i DPCM, ha imposto il lockdown, i cittadini hanno rispettato quella scelta e questo ci ha preservato e ci ha fatto diventare il Paese a cui tutti guardano per capire che misure mettere in campo.
In una fase di emergenza come questa, in un Paese normale, maggioranza e opposizione pensano insieme a creare le condizioni per tutelare i cittadini. In Italia non è sempre stato così.
Di fronte alle critiche dell’opposizione a qualunque provvedimento che ha fatto il Governo, anch’io mi sono domandato cos’avrebbe fatto Salvini o il centrodestra se fossero stati loro a governare.
Oggi Salvini fa gli auguri a Trump e dice che lo sostiene negli Stati Uniti. Guardiamo, però, con quali risultati Trump ha gestito la pandemia.
Registro, invece, che il modo in cui è stato affrontato il problema in Italia è un modo che nel mondo è stato riconosciuto come esemplare e viene invitato ad imitarci.
I dati mostrano che, mentre in Europa il contagio si sta diffondendo in maniera molto consistente, in Italia, grazie all’attenzione che mettono i cittadini ma anche grazie ai provvedimenti del Governo, indicano che le cose vanno meglio. Al di là delle chiacchiere e di chi agita i problemi, quindi, i dati reali e il paragone con il resto del mondo può consentire ai cittadini di giudicare.

I politici devono considerarsi cittadini come gli altri e farsi processare se la magistratura ritiene che ci siano gli estremi per configurare un reato. Mi preoccupa un Paese in cui i parlamentari vanno a manifestare davanti a un tribunale perché il loro leader va a processo.
Ci sono alcune cose sacre nella democrazia italiana e una di queste è la separazione dei poteri: politica e magistratura devono fare ciascuno la propria parte nel proprio ambito. Eviterei di cercare di condizionare politicamente una sentenza che, oltretutto, potrebbe anche essere favorevole a Salvini.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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