Sanità territoriale insufficiente e impreparata

L’emergenza Coronavirus ha svelato una volta di più la debolezza dei servizi sanitari territoriali della Regione e della sua riforma del 2015 (LR 23/2015), dimostrando perché la Lombardia finisce sempre 5^ tra le Regioni nella classifica dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Il Covid-19 si affronta su due piani: ospedaliero (per salvare le vite dei casi gravi), e territoriale (per arginare il contagio e limitarne la letalità).
Mentre sul primo piano gli ospedali lombardi - a partire dalla generosità e competenza di quelli pubblici - hanno fatto miracoli raddoppiando le terapie intensive (seppur divenendo purtroppo essi stessi luoghi di diffusione del contagio...), sul piano territoriale i Servizi di Prevenzione, i Poliambulatori, i Consultori, i Medici di Famiglia, indeboliti da anni di politiche ospedalocentriche, faticano ancora -dopo 2 mesi- a mettersi in pista in modo coordinato ed efficace. Così i casi lievi si aggravano arrivando tardi in ospedale, senza mettere tempestivamente in ‘quarantena sorvegliata’ i positivi e i loro contatti, evitando che essi diventino incolpevoli diffusori del contagio.
Ma tutto questo non dipende certo da chi opera sul territorio.
La responsabilità, a parte che per il blocco del personale, è di una governance regionale che quella riforma ha pasticciato, con la creazione del sistema ATS-ASST, che anziché aumentare l’integrazione ospedale-territorio ha finito per sacrificare il territorio, con l’accorpamento sotto un’unica Direzione Generale sia del ramo ospedaliero che del ramo territoriale delle ASST, con l’abolizione delle ASL: un unicum in Italia, che indusse il Governo ad approvare la riforma nel 2015 come “sperimentale”, da sottoporre a verifica dopo 3 anni (verifica mai avvenuta).
E così l’attenzione dei Direttori Generali delle ASST -tutti con sede in ospedale- è stata fatalmente da loro risucchiata, con una regìa dei servizi territoriali indebolita, divisa tra parte operativa di Direttori sociosanitari in cerca d’autore, e parte programmatoria di ATS dedicate alla vigilanza e deprivate di Conferenze dei Sindaci con reali competenze.
Come se non bastasse i Distretti Sociosanitari - deputati alle cure primarie sono stati aggregati in mega-Distretti con abitanti in alcuni casi 4/5 volte superiori ai Distretti originari (senza adeguamento di risorse); i Poliambulatori pubblici spesso accorpati lasciando scoperti interi territori (poi coperti dai privati); il Fondo sociale regionale dimezzato con il dirottamento sui voucher ad personam di risorse sottratte alle rete di servizi; l’Assistenza Domiciliare rimasta tra le più scarse d’Italia per persone raggiunte; la programmazione dei servizi rimasta al palo, tanto che il Piano Socio-sanitario regionale è scaduto da 6 anni, e il Piano Pandemico regionale è fermo al 2010.
E così oggi il sistema non riesce a fare le telefonate per la messa in quarantena dei positivi; i Dipartimenti di Prevenzione, sono rimasti sguarniti; i Servizi per la sicurezza negli ambienti di lavoro faticano a fare il controllo delle attività aperte; i Medici di Famiglia non sono protetti, coordinati e supportati, e la sorveglianza attiva degli assistiti non fa parte del sistema. Tutto il sociosanitario (non solo le RSA) non è adeguatamente sostenuto; le Unità Speciali per l’assistenza al domicilio sono troppo poche...
Al di là delle responsabilità giuridiche ed amministrative, c’è davvero tanto da rivedere, se si vuole migliorare il servizio socio-sanitario lombardo.
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