La sanità lombarda e gli aiuti del Governo

La sanità in Lombardia non ha retto all’emergenza provocata dal coronavirus.
Questo è dovuto principalmente al fatto che tutto è concentrato sugli ospedali e non sul territorio e al fatto che per anni i finanziamenti della sanità regionale al settore pubblico e al settore privato sono stati dati per pagare le prestazioni e con criteri che non tenevano conto della necessità di attrezzare ospedali e Pronto Soccorso per eventuali emergenze.
Quando ero in Consiglio Regionale ho fatto il Presidente della Commissione d’inchiesta sul San Raffaele ed era evidentissimo questo sistema: è emerso che ogni anno si spendeva un miliardo per la sanità, che veniva distribuito con criteri di volta in volta inventati per favorire alcuni ma i soldi in realtà avrebbero dovuto essere dati - sia nel pubblico che nel privato - a chi attrezzava gli ospedali con le strutture adeguate, le terapie intensive, i Pronto Soccorso ecc. per far fronte a eventualità come quelle in corso.
Noi abbiamo subito per anni il luogo comune che la Lombardia avesse una sanità di “eccellenza” e, oggettivamente, negli ospedali per curare l’ordinaria amministrazione è così ma non è così in situazioni di emergenza, tanto che ora ci si è accorti che l’aver smobilitato la sanità territoriale sta creando dei problemi. Sono favorevole al fatto che venga fatta una Commissione d’Inchiesta su quanto sta avvenendo in Lombardia in questa fase emergenziale, come ha proposto il PD in Consiglio Regionale insieme alle forze politiche di opposizione, mentre sono molto contrario all’idea del Commissariamento.
Innanzitutto non credo che esista una formula di Commissariamento legato ad un episodio come questo del coronavirus. Il Commissariamento esiste per vicende che riguardano i bilanci.
Oltretutto, in questo momento nessuno farebbe un Commissariamento perché sarebbe una follia.
Una proposta come quella del Commissariamento, inoltre, verrebbe letta più in chiave di polemica politica che è ciò che i cittadini non vogliono in questo momento.
In ogni caso, credo anche che le persone si siano accorte che dopo tre settimane di conferenze stampa e di annunci continui, la sanità lombarda non ha saputo gestire questa emergenza.
Questa fase non si risolverà tutta in un giorno.
Credo, quindi, che la Commissione d’inchiesta sia lo strumento più utile per far luce su quanto avvenuto, capire cosa non ha funzionato e mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità.
Gli aspetti che questa Commissione dovrà approfondire sono principalmente tre.
Il primo problema da chiarire riguarda il fatto che in Lombardia abbiamo una percentuale altissima di contagiati rispetto al resto del Paese e, soprattutto, siamo la Regione che ha il rapporto più alto tra mortalità e contagiati: qui abbiamo 18/19 persone morte ogni 100 malati mentre nel resto d’Italia la percentuale di morte è del 3%.
Secondariamente ci sono delle differenze grandissime nella gestione dell’emergenza tra le Regioni e queste devono essere spiegate perché, guardando ai risultati non positivi per la Lombardia, evidentemente ci sono delle responsabilità nell’aver fatto alcune scelte piuttosto che altre.
Dopo aver individuato i primi due malati cinesi a Roma, ad esempio, tutta la struttura ospedaliera laziale si attrezzata per far fronte al coronavirus mentre in Lombardia, quando sono stati trovati i primi malati a Codogno o ad Alzano Lombardo, non si è fatto niente e ancora 15 giorni dopo non c’erano le strutture e i protocolli giusti per operare, tanto che gli stessi ospedali sono diventati dei focolai diffusori del contagio, anche perché tutto si concentrava nel Pronto Soccorso. Su questa gestione ci sono delle responsabilità.
Un’altra questione riguarda il fatto che Veneto ed Emilia Romagna, che pure sono state zone molto colpite dal virus, grazie alla loro sanità territoriale hanno saputo assistere le persone in casa e hanno saputo riservare gli ospedali e le terapie intensive solo ai malati più in difficoltà mentre in Lombardia non è andata così.
Nella Commissione d’inchiesta, inoltre, bisognerà spiegare anche come mai nei luoghi in cui le persone sono istituzionalizzate, cioè gli ospedali e le case di riposo per anziani, si è aspettato più di un mese per fare i tamponi ai medici o agli ospiti e questo ha prodotto una diffusione enorme del virus.
Su tutte queste questioni va data una risposta.
La Regione cerca di fare uno scaricabarile continuo nei confronti del Governo ma le altre Regioni non hanno avuto i problemi che si sono verificati qui e la sanità è una competenza esclusivamente regionale.
Allo stesso modo, Regione Lombardia ha innescato una polemica con la Protezione Civile nazionale sulle mascherine e poi si è lanciata in annunci di fabbriche riconvertite alla produzione di dispositivi protettivi ma la realtà è che adesso sta distribuendo gratuitamente nelle farmacie solo le mascherine fornite dalla Protezione Civile nazionale, oltretutto in maniera irrisoria e senza criterio.
La situazione che stiamo vivendo, in ogni caso, cambia tutto e tutto dovrà essere messo in discussione, a partire dal fatto che non è pensabile che in un Paese come l’Italia, in vicende eccezionali come queste, ci siano 21 sanità diverse, che prevedono protocolli diversi e che i cittadini vivano di fatto una disparità rispetto ai livelli di cura e di attenzione al territorio.
Questo è un tema che dovremo affrontare.
Sul piano nazionale, il Pd ha scelto di non farsi trascinare dentro la quotidiana ricerca della polemica da parte di Salvini e della Meloni.
Al Governo si sta facendo ciò che serve in questa fase e i provvedimenti messi in campo non vanno sottovalutati.
Il primo decreto che è stato approvato è il “Cura Italia” e contiene interventi da 25 miliardi: più dei soldi di cui si è discusso quando è stata fatta la Legge di Bilancio.
Di questi 25 miliardi stanziati dal Governo, 2 miliardi sono stati messi subito a disposizione delle Regioni per sostenere la sanità (assunzione di medici, infermieri, strutture, attrezzature) e gli altri 23 miliardi sono stati messi - su insistenza del PD - per sostenere le persone perché nessuno si deve sentire da solo.
Abbiamo scelto, infatti, di stare accanto alle persone che hanno bisogno e lo facciamo concretamente dando bonus e sussidi a chi non ha lavorato in questo mese e mezzo.
Il Decreto Cura Italia è, quindi, un provvedimento di emergenza e come tale mette tutti sullo stesso piano perché non si distinguono le diverse situazioni.
Per i lavoratori autonomi, i professionisti e le partite iva vengono resi disponibili 600 euro, che con il prossimo decreto diventeranno 800 euro.
I soldi ci sono già: il 40% di questi sono già stati dati e, entro la fine di questa settimana, saranno dati a tutti quelli che ne hanno fatto richiesta e questo è un fatto importante.
In questo modo aiutiamo tutti.
Così come è utile il provvedimento su cui si è molto polemizzato con cui si stanziano 400 milioni per i Comuni perché possano garantire un pasto a tutti gli indigenti che non hanno reddito.
Il Comune di Milano dice che quel provvedimento sta funzionando e, grazie a quei soldi, ha preso in carico 12mila famiglie. Queste famiglie oggi vengono sostenute con i soldi del Governo, con l’iniziativa del Comune e con il contributo delle organizzazioni di volontariato.
Inoltre è prevista la possibilità della cassa integrazione anche in deroga per tutte le aziende, comprese quelle più piccole.
La cassa integrazione in deroga necessita di un mese per arrivare dopo aver fatto la domanda e le domande vengono raccolte dalle Regioni.
Regione Lombardia nei giorni scorsi non aveva ancora inviato al Ministero del Lavoro chi aveva richiesto la cassa integrazione in deroga.
Fortunatamente il Governo ha siglato un accordo con il 94% del sistema bancario italiano affinché la cassa integrazione possa essere anticipata dalle banche, anche intervenendo e lavorando da remoto.
Questo aspetto va sicuramente valorizzato di più.
Inoltre, c’è la questione del credito per le aziende.
Dobbiamo sostenere i redditi, non lasciare sole le persone ma non dobbiamo lasciare sole neanche le imprese.
Con il Decreto Liquidità, di cui si sta discutendo in questi giorni, si stanziano 400 miliardi di garanzie sui mutui, metà gestiti dalla SACE (sono quelli delle aziende che esportano) e l’altra metà destinati alle piccole e medie imprese.
Questo decreto prevede che vengano garantiti al 100% dallo Stato crediti fino al 25% del fatturato fatto da un’impresa lo scorso anno fino a 100mila euro.
Anche in questo caso, è stato firmato un accordo tra ABI e Governo e, compilando un apposito modulo, il sistema bancario può elargire i crediti senza problemi.
Tutti questi provvedimenti, tuttavia, non saranno sufficienti: restano fuori ancora molte cose.
Serviranno, ad esempio, altri interventi per sostenere i Comuni che hanno bilanci in difficoltà.
Il Comune di Milano in questo momento non ha più i ricavi dei biglietti di ATM, non ha i profitti della SEA perché gli aeroporti sono fermi, le tasse di soggiorno non entreranno perché gli hotel sono chiusi e i turisti non vengono.
È evidente che bisogna dare ristoro ai Comuni affinché continuino a garantire i servizi di cui i cittadini hanno bisogno, ancora di più in questo momento.
Ci sono poi altre questioni che riguardano la casa, la velocizzazione dell’avvio delle opere pubbliche ecc. Di tutto questo si occuperà un Decreto che faremo entro fine aprile, con cui si dovrebbero stanziare ulteriori 30 miliardi per continuare a garantire un reddito ai lavoratori e per sostenere le imprese ma ci saranno anche altri interventi perché abbiamo bisogno di mettere tutto il sistema economico del Paese nelle condizioni di ripartire subito.
La liquidità è, quindi, molto importante.
Nel 2008, di fronte alla crisi economica delle banche americane che poi è ricaduta sul resto, se avessimo avuto un Governo che avesse reso disponibili tutti questi miliardi di garanzie per i crediti delle aziende per garantire liquidità, forse la Storia del Paese sarebbe andata diversamente.
Credo, quindi, che un po’ di cose che stiamo facendo vadano anche rivendicate.
È evidente che, nonostante questi interventi di emergenza, non si risolveranno tutti i problemi che non avevamo risolto in precedenza ma le riforme che vogliamo fare da tanto tempo non credo che possano essere portate avanti in questo momento.
Il passaggio attuale richiede di non lasciare sole le persone e mettere l’economia nelle condizioni di ripartire.
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