Troppe ombre sulla sanità lombarda
Articolo pubblicato da Affaritaliani.
La presentazione del Libro Bianco lombardo sulla salute rappresenta un avvenimento importante per almeno due ordini di motivi: il primo è dato dal fatto che in Lombardia vive più del 10% della popolazione italiana e che i servizi sanitari di questa regione servono una quota ancor più significativa di popolazione, il secondo è che questo documento viene presentato come estremamente innovativo sia termini di processo, in quanto fortemente concertato, sia di contenuto.
Ovviamente qui non mi è affatto possibile entrare nel merito delle scelte organizzative specifiche, peraltro ancora in via di compiuta definizione, posso solo esprimere alcune prime considerazioni.
La logica di fondo del Libro Bianco mi pare del tutto condivisibile.
Passare dal “to cure” al “to care” mi sembra un passaggio forse non particolarmente innovativo ma certo opportuno. Qualche perplessità, invece, mi viene analizzando alcune considerazioni immediatamente successive.
Quando la Regione Lombardia dichiara di ritenersi una regione la cui sanità è ad alto livello e che è necessario mantenere e migliorare lo standard raggiunto credo dica di nuovo qualche cosa di condivisibile; il problema è che a riprova della virtuosità viene indicato il fatto di spendere il 5,47% del Pil invece del 7% della media nazionale.
Questo, invece, non mi pare affatto un elemento positivo: una Regione non deve spendere per la salute dei cittadini meno delle altre, deve garantire, a parità di investimento, dei servizi migliori, soprattutto se la popolazione è molto anziana e non si hanno fondi sufficienti per sviluppare adeguati investimenti sulla prevenzione. La vera perplessità, però, è di ordine metodologico. Dichiarare che si vuole passare dal “to cure” al “to care” e poi avere come punto di riferimento essenzialmente la sola spesa sanitaria appare un po’ contraddittorio, soprattutto considerando che tutto il documento fa riferimento ad una integrazione sui bisogni della persona che comporta un grande investimento assistenziale al di là della sanità pura. Credo che proprio su questo punto si potrà misurare l’effettiva novità operativa del documento: se la Regione si assumerà la responsabilità di rimodulare la spesa sanitaria destinando importanti risorse aggiuntive al comprato sociosanitario e assistenziale si potrà parlare davvero di “to care”, se invece, contenuta e controllata la spesa sanitaria, si farà pesare l’assistenza sulle spalle delle famiglie e degli enti locali, come avviene oggi, allora il libro bianco finirà per essere un semplice esercizio dialettico.