Il PD dovrà aggiornare le strategie

Intervista della Stampa .
La scissione di Renzi è un'operazione che riporta al passato, riproponendo la distinzione tra sinistra e centro, superata 12 anni fa con la creazione del Pd. Lo dice Piero Fassino in un'intervista a La Stampa. Secondo l'ex sindaco di Torino per il nuovo governo, con Italia Viva, c'è un rischio oggettivo: "Dovendo crescere, il nuovo partito sarà costretto a conquistarsi uno spazio e una visibilità, mettendo ogni giorno in campo proposte che si distinguano. E proponendosi come l'alternativa a Salvini finirà per offrirgli una rendita di posizione, che il leader della Lega sfrutterà per uscire dal proprio isolamento".
Il Pd deve reagire, "costruendo una forte e larga unità", non facendosi marginalizzare, né arroccandosi in vecchi recinti. Va riproposta "senza incertezze la natura di partito riformista, radicato in Europa, fortemente innovatore, aperto alla società, capace di riforme economiche, sociali, istituzionali" per rimettere in moto il Paese, combattere le disuguaglianze e vincere sfide globali, come il climate change l'immigrazione. Fassino sottolinea come l'addio di Renzi sia stato accolto, "da un largo sentimento di disagio e di irritazione. Il popolo progressista ha imparato a proprie spese che, quando viene meno una forte unità di intenti, la prospettiva delle riforme si indebolisce". E parla di una rottura "a freddo" senza profonde ragioni, motivata dal fatto che Renzi, capace da primo ministro di scelte "anche coraggiose", non però ha mai fatto i conti "con le sconfitte". Quando si passa dal 40 al 18%, "non puoi dire che è colpa del fuoco amico" osserva Fassino, ma vuol dire che "milioni di cittadini hanno tolto la loro fiducia al Pd non condividendone le politiche e non sentendosi ascoltati".
La scissione di Renzi è un'operazione che riporta al passato, riproponendo la distinzione tra sinistra e centro, superata 12 anni fa con la creazione del Pd. Lo dice Piero Fassino in un'intervista a La Stampa. Secondo l'ex sindaco di Torino per il nuovo governo, con Italia Viva, c'è un rischio oggettivo: "Dovendo crescere, il nuovo partito sarà costretto a conquistarsi uno spazio e una visibilità, mettendo ogni giorno in campo proposte che si distinguano. E proponendosi come l'alternativa a Salvini finirà per offrirgli una rendita di posizione, che il leader della Lega sfrutterà per uscire dal proprio isolamento".
Il Pd deve reagire, "costruendo una forte e larga unità", non facendosi marginalizzare, né arroccandosi in vecchi recinti. Va riproposta "senza incertezze la natura di partito riformista, radicato in Europa, fortemente innovatore, aperto alla società, capace di riforme economiche, sociali, istituzionali" per rimettere in moto il Paese, combattere le disuguaglianze e vincere sfide globali, come il climate change l'immigrazione. Fassino sottolinea come l'addio di Renzi sia stato accolto, "da un largo sentimento di disagio e di irritazione. Il popolo progressista ha imparato a proprie spese che, quando viene meno una forte unità di intenti, la prospettiva delle riforme si indebolisce". E parla di una rottura "a freddo" senza profonde ragioni, motivata dal fatto che Renzi, capace da primo ministro di scelte "anche coraggiose", non però ha mai fatto i conti "con le sconfitte". Quando si passa dal 40 al 18%, "non puoi dire che è colpa del fuoco amico" osserva Fassino, ma vuol dire che "milioni di cittadini hanno tolto la loro fiducia al Pd non condividendone le politiche e non sentendosi ascoltati".