Le sfide del PD al Governo

Gli ultimi eventi che si sono accavallati non ci devono far rimuovere le ragioni di quello che è successo e delle scelte che abbiamo fatto.
Per capire la situazione attuale dobbiamo ripartire da lì.
L’8 agosto abbiamo chiuso l’attività del Senato convinti che il Governo giallo-verde sarebbe rimasto in piedi mentre poco dopo c’è stata la scelta assolutamente consapevole di Salvini di chiudere quell’esperienza e di chiedere le elezioni anticipate per avere “tutti i poteri per risolvere i problemi dell’Italia”.
Le scelte che abbiamo fatto e la tempistica in cui le abbiamo fatte sono una conseguenza di quel messaggio.
Il Presidente della Repubblica ha detto subito che non si poteva pensare di temporeggiare molto perché bisognava fare la Legge di Bilancio, evitando l’esercizio provvisorio.
Ci sono state delle discussioni e la prima sconfitta che ha subito Salvini è stata in Parlamento sulla votazione del calendario dei lavori. Salvini avrebbe voluto accelerare al massimo i tempi per andare a votare.
Il PD, nel frattempo, ha cominciato a recuperare protagonismo.
Abbiamo ottenuto di rimandare di una settimana la discussione sulla fiducia al Governo, la quale si è potuta svolgere grazie al fatto che il Presidente Conte, invece che recarsi subito dal Presidente della Repubblica a dare le dimissioni, ha scelto di parlamentarizzare la crisi, rimettendo al centro il Parlamento e, in questo contesto, Salvini è andato in difficoltà.
Deve esser chiaro, però, che Salvini aveva in mente un’idea precisa, che corrisponde a ciò che ha enunciato: sfruttare il consenso che risultava avere dai sondaggi per andare subito alle elezioni, vincerle e fare una Legge di Bilancio che ci portasse fuori dall’Europa.
Non è vero che Salvini non aveva il coraggio di fare la Finanziaria: avrebbe fatto una Legge di Bilancio con il 5% di sforamento del deficit, contenente la Flat Tax, e poi avrebbe chiamato il Paese a difendere una manovra - che avrebbe venduto come “fatta nell’interesse per l’Italia” - dall’odiata Europa e questo avrebbe creato un sommovimento notevole.
Di fronte a questa situazione, il PD inizialmente ha detto che avrebbe accettato la sfida di andare al voto. Non si poteva fare altrimenti.
In tutta questa vicenda, infatti, Nicola Zingaretti ha avuto la consapevolezza e la capacità di sapere che questa fase l’avremmo potuta gestire solo se il PD restava unito. Fino alla dichiarazione di apertura di Renzi, la strada del tentare la costruzione di un Governo alternativo ai giallo-verdi che impedisse il voto, era impraticabile se si voleva salvaguardare l’unità del PD.
L’apertura di Renzi ad un altro Governo ha cambiato le carte e il PD ha potuto andare unito alla formazione del nuovo Governo, dall’inizio alla fine delle trattative.
Abbiamo costruito un percorso difficilissimo che ha portato alla formazione del Governo grazie anche alla capacità del Segretario Zingaretti di tenere unito il PD.
C’erano e ci sono ragioni importanti che stanno alla base della scelta che abbiamo fatto, che non era né facile né scontata.
Quella scelta, innanzitutto, voleva mostrare che non è normale che un Paese vada al voto ogni anno e mezzo perché chi risulta in testa nei sondaggi decide di interrompere la Legislatura per capitalizzare il consenso, sapendo ciò che comporta rispetto all’interesse del Paese.
Noi, comunque, non stiamo facendo un Governo contro Salvini: non reggerebbe un Governo se avesse solo quella motivazione per stare in piedi.
Faremmo un regalo a Salvini se governassimo pensando a costruire un Governo esclusivamente contro di lui.
Penso, però, che in Italia ci fossero rischi seri per la nostra democrazia: stavano provando a cambiare la qualità della democrazia del nostro Paese.
La frase “datemi tutti i poteri” detta da Salvini non è un’idea campata in aria ma è l’idea di Orban e di Putin; è l’idea di una democrazia in cui il rapporto è diretto tra il capo e il popolo e tutto ciò che sta in mezzo (il Parlamento, le autorità di garanzia, il Presidente della Repubblica, chi garantisce il fatto che il Paese sia di tutti) non serva e, quindi, vada sminuito e delegittimato. E questo è ciò che ha cercato di fare la Lega in questo anno e mezzo.
C’è poi anche un problema economico, soprattutto rispetto alle persone più povere del Paese: continuare sulla strada intrapresa dal Governo giallo-verde, avrebbe comportato un’esplosione dello spread.
Lo spread non lo decide l’Europa.
L’Italia è uno dei Paesi più indebitati del mondo e, per pagare quel debito, qualcuno deve prestarci i soldi. Se chi è al Governo spiega di voler aumentare il debito e di voler fare anche la Flat Tax, chi investe sul nostro debito, a fronte dei soldi che presta al Paese, aumenta gli interessi.
L’aumento dello spread, quindi, ci sarebbe costato tantissimo e, questo avrebbe significato avere meno soldi a disposizione dello Stato per pagare i servizi per i cittadini.
Altri effetti delle manovre del Governo giallo-verde ci avrebbero portati contro l’Europa e avrebbero messo in discussione l’Unione Europea come l’abbiamo conosciuta.
L’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’Unione Europea e se esce non è che non succede nulla.
Questo sarebbe stato un altro elemento di preoccupazione.
Queste, dunque, sono state delle ragioni forti che ci hanno spinto ad andare a vedere cos’era possibile fare.
Solo questo ci ha già fatto risparmiare tre miliardi di interessi sul debito (perché lo spread è sceso) e ora si possono mettere a disposizione e, se la situazione resta così, potrebbero anche aumentare, aiutando di fatto a reperire risorse per coprire la prossima manovra economica.
Inoltre, c’è stata la nomina di Paolo Gentiloni a Commissario Europeo con la delega all’economia, che è un segno evidente da parte dell’Europa che, in una situazione in cui non si verifica più lo scontro frontale che c’era con il Governo giallo-verde, sceglie di aiutare e di dare credito all’Italia.
Anche sulla questione dell’immigrazione è cambiato completamente il clima: lo stesso Salvini sta riassestando la linea. La scelta di mettere Luciana Lamorgese al Ministero degli Interni, inoltre, è stata intelligente, tanto che Salvini fa fatica a proseguire una campagna urlata sul tema dell’immigrazione. Oggi, l’immigrazione non viene più usata in maniera propagandistica, come ha fatto Salvini quando era Ministro degli Interni, e questo già ha cambiato il clima. Adesso il problema diventano gli sbarchi che avvengono con piccole imbarcazioni, che avevamo denunciato da tempo.
Salvini lasciava le persone in mare sulle navi delle ONG per fare propaganda ma non faceva niente per impedire gli sbarchi su tutte le nostre coste delle piccole imbarcazioni provenienti dalla Tunisia.
I leghisti hanno negato per mesi questo problema mentre oggi i dati del Ministero lo confermano.
Se riusciamo anche a fare un accordo con alcuni Paesi europei come Germania e Francia per decidere di rendere automatica la distribuzione dei profughi che arrivano sul territorio, già si riuscirebbe a dare un segnale, senza bisogno di urla.
Ci sono cose, dunque, che sono cambiate.
Abbiamo, comunque, di fronte una strada molto complicata.
Il nuovo Governo è una sfida molto difficile che facciamo insieme ad una forza politica che è stata nostra avversaria o addirittura nemica. Non è semplice pensare di costruire con M5S un’azione di governo in grado di dare risposte concrete alle preoccupazioni, alle ansie, alle aspirazioni e alla rabbia del Paese (che Salvini aveva tradotto in un agitare continuamente i problemi) e di evitare che fra pochi mesi ad essere favorito sia proprio il leader leghista.
Dobbiamo, quindi, provare a fare insieme delle cose e si può fare molto anche in termini di discontinuità dal Governo precedente.
Va chiusa al più presto, dunque, la discussione tutta autoreferenziale sulla scissione perché non interesse ai cittadini: se parliamo di ciò che vogliamo fare al Governo del Paese, invece, abbiamo cose interessanti da dire.
La Legge di Bilancio, ad esempio, per come la si sta delineando, parla di discontinuità vera dal Governo giallo-verde. Dire che non faremo la Flat Tax ma un’operazione per abbassare le tasse sul lavoro dipendente (quindi il cuneo fiscale) è una cosa diversa da prima.
Dopo un Governo che ha fatto 9 condoni, se diciamo che facciamo diventare una priorità della lotta all’evasione fiscale partendo dalla fatturazione elettronica che avevamo introdotto nella scorsa Legislatura e altre azioni per estendere il pagamento elettronico, diamo un messaggio diverso rispetto a quello che dava Salvini continuamente.
Salvini dava spesso il segnale che le regole c’erano ma si potevano anche non rispettare al fine di portare avanti le cose o, come con le modifiche al Codice degli Appalti, per fare più velocemente le opere.
Se cambiano i segnali che vengono mandati, si può fare la lotta all’evasione fiscale.
Inoltre, la proposta che abbiamo fatto sui nidi mette concretamente al centro la questione degli aiuti per le famiglie.
Infine, faremo a breve un decreto sulla green economy perché usare la leva fiscale per favorire l’innovazione e la nascita di nuove aziende in questo settore è una risposta alle preoccupazioni per il cambiamento climatico e alla necessità di diminuire le emissioni, per modernizzare il Paese e può anche produrre posti di lavoro e aprire una strada nuova.
Su queste cose, nonostante le differenze tra noi e M5S, ci possono essere delle visioni comuni, inoltre non abbiamo fatto un contratto. È chiusa la fase dei contratti in cui ciascuno mette le proprie cose e non si guarda se poi sono divergenti le une dalle altre.
Oggi c’è un Governo in cui le forze maggioranza insieme mettono in campo un’idea di Paese e in cui si verificheranno le questioni aperte per capire come trovare delle convergenze.
È sicuramente tutto molto difficile ma i punti che sono stati messi in campo, se realizzati, possono parlare ai cittadini e possono allontanare il rischio dei sovranisti.
Vedremo quanto durerà il Governo; al momento nessuno ha interesse a farlo durare poco ma il punto è come e se si riuscirà a fare in modo che questo Governo serva al Paese.
Dobbiamo poi capire se in questo iter, cambiando noi e chiedendo a M5S di cambiare, si riesca a mettere in campo un’alternativa ai sovranisti.
Questo deve essere il vero obiettivo, non post-porre l’eventuale vittoria dei sovranisti.
Per fare questo abbiamo bisogno di forze che si aggregano e che costruiscano un’alternativa a partire da questo Governo.
Questa è una sfida importante che, però, non si può delegare sono al Governo: abbiamo bisogno del partito.
Abbiamo davanti un’occasione positiva.
Un altro fatto positivo è che Salvini non è più al Governo. Salvini non è contento di non esser più al Governo.
Proprio perché penso che il partito sia fondamentale in questa fase, credo che la scissione sia stata un errore. A me dispiace molto.
Credo che nessuno possa gioire quando un pezzo della propria comunità se ne va.
Penso anche che non ci siano ragioni politiche per questa scissione: non le ho viste, non le ho lette nelle interviste e non le ho sentite nemmeno dai colleghi parlamentari che sono andati via.
Si è fatta una scissione a freddo che rischia di indebolire il PD e che spero che non indebolisca il Governo. Adesso, però, dobbiamo evitare il rischio di ripiegare su noi stessi mettendoci a discutere della scissione perché abbiamo un’altra priorità: siamo nati per servire il Paese; dobbiamo occuparci dell’Italia e di ciò che dobbiamo fare nell’interesse dei cittadini.
Inoltre, abbiamo di fronte una sfida, che con la scissione diventa ancora più difficile: oltre alla sfida del Governo, infatti, dobbiamo raccogliere la sfida di dimostrare che non ripieghiamo guardando al passato e che continuiamo a essere la grande forza riformista che vogliamo da sempre costruire, aperta, capace di aggregare culture diverse, di farle vivere insieme, di rappresentare culture diverse del riformismo italiano.
Pensare che dopo la scissione ci possa essere qualcuno che si occupi del centro e noi dobbiamo invece occuparci della sinistra è sbagliato e per questo dobbiamo moltiplicare alcuni segnali.
C’è un segnale che viene dal tesseramento: molti circoli dicono che c’è una reazione positiva; si è capito che è un momento difficile per il PD e ci sono persone che vogliono dare una mano.
Ci sono anche forze del riformismo liberale e liberaldemocratico che restano o che arrivano.
Un altro errore grave che potremmo fare adesso è quello di guardare con diffidenza a coloro che sono stati parte dell’esperienza di Renzi e che ora hanno scelto di non seguirlo e di restare nel PD: chi è rimasto è con noi, è parte della nostra comunità. Abbiamo bisogno di dare il segnale che in tanti restano e tanti altri arriveranno.
Qualcuno ha fatto una scelta sbagliata, noi non chiudiamo e non ci facciamo mettere nella condizione di chiuderci per difenderci: siamo in campo e ci serve un PD forte se vogliamo vincere la scommessa del Governo.
Video dell'intervento»»
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