Italiani che non possono votare
Articolo pubblicato sul blog del Corriere della Sera.
«Quello che mi dispiace è non poter decidere chi mi rappresenterà nel paese in cui vivo da più di 15 anni», spiega Mali, ventunenne nato in Albania, che da quando aveva 6 anni vive a Trezzano sul Naviglio. In questo comune alle porte di Milano, ha frequentato la scuola elementare, la media, il liceo a Corsico («Una migrazione quotidiana di ben 3 chilometri!») e ora è iscritto a Scienze della Ristorazione presso la Statale di Milano. Sempre nel “suo” comune, Mali fa volontariato insegnando italiano ai richiedenti asilo ospitati dall’associazione Villa Amantea. Eppure, lui non ha diritto a scegliere chi lo rappresenterà: «Mi sento parte della comunità di Trezzano, ma non ho la cittadinanza italiana; quando sono diventato maggiorenne, non ho potuto chiederla perché ero nato all’estero. Più di un anno fa, ho fatto finalmente domanda, ma sto ancora aspettando la risposta». Per lo stesso motivo, ai suoi genitori, che volevano aprire un bar tabacchi, è stato risposto che lo Stato non concede la licenza agli “stranieri”.
Ma per Mali la beffa “politica” è doppia: addirittura, il candidato sindaco del centrosinistra Fabio Bottero gli aveva proposto di candidarsi come consigliere comunale per le elezioni di maggio, salvo poi realizzare che non avrebbe neppure potuto votare.
«Quello che mi dispiace è non poter decidere chi mi rappresenterà nel paese in cui vivo da più di 15 anni», spiega Mali, ventunenne nato in Albania, che da quando aveva 6 anni vive a Trezzano sul Naviglio. In questo comune alle porte di Milano, ha frequentato la scuola elementare, la media, il liceo a Corsico («Una migrazione quotidiana di ben 3 chilometri!») e ora è iscritto a Scienze della Ristorazione presso la Statale di Milano. Sempre nel “suo” comune, Mali fa volontariato insegnando italiano ai richiedenti asilo ospitati dall’associazione Villa Amantea. Eppure, lui non ha diritto a scegliere chi lo rappresenterà: «Mi sento parte della comunità di Trezzano, ma non ho la cittadinanza italiana; quando sono diventato maggiorenne, non ho potuto chiederla perché ero nato all’estero. Più di un anno fa, ho fatto finalmente domanda, ma sto ancora aspettando la risposta». Per lo stesso motivo, ai suoi genitori, che volevano aprire un bar tabacchi, è stato risposto che lo Stato non concede la licenza agli “stranieri”.
Ma per Mali la beffa “politica” è doppia: addirittura, il candidato sindaco del centrosinistra Fabio Bottero gli aveva proposto di candidarsi come consigliere comunale per le elezioni di maggio, salvo poi realizzare che non avrebbe neppure potuto votare.
Stessa sorte di Raja, 33 anni, arrivato dal Pakistan 14 anni fa, che lavora a Cesano Boscone (2mila stranieri su 23mila) in un’azienda metalmeccanica specializzata in trattamenti termici e, sempre nel “suo” comune, tutti i venerdì sera fa il volontario per il 118 guidando l’ambulanza. Anche a lui, il candidato sindaco del centrosinistra aveva proposto di candidarsi: «Con Simone ci siamo conosciuti in oratorio molti anni fa e ho risposto subito: “Ci sto, sono venuto in Italia per starci”. Peccato che entrambi avevamo, per un momento, dato per scontato che io fossi considerato parte della nostra comunità locale…». Si sbagliavano, Raja non potrà neppure votare: ha fatto la domanda di cittadinanza più di due anni fa, ma, per i tempi burocratici tipici di questa pratica, sta ancora aspettando la risposta. «E pensare che i miei parenti in Spagna votano alle amministrative pur essendo arrivati da pochi anni», aggiunge.
Un caso ancora più paradossale è quello segnalato da Saimon Gaiotto, candidato sindaco del centrosinistra a Pioltello (MI). «Avrei voluto candidare un ragazzo di origine pachistana, qui da 15 anni, impegnato nella società civile e nell’associazionismo locale. Nulla da fare: giurerà dieci giorni dopo il termine per la consegna delle liste dei candidati. È un “quasi italiano”». Per questo ragazzo, la beffa è che è tra i fondatori della lista civica “Pioltello anch’io”, con nel simbolo un cuore rivolto al proprio comune. Pare che invece la legge italiana non sia d’accordo su quell’«anch’io»… Gaiotto spiega che «avevamo individuato un altro candidato di origine pachistana, ma anche lui aveva il problema della cittadinanza. Alla fine, troveremo un esponente candidabile, perché ci teniamo che questa comunità, così importante per Pioltello, sia rappresentata. Per ora, nelle nostre liste ci sono una ragazza originaria dell’Ecuador e un uomo del Marocco». Gaiotto racconta che Pioltello, una comunità fatta in passato di emigrati dal Veneto, dalla Campania, dalla Sardegna e dal Sud Italia, ora ha il 23% degli abitanti che, secondo la legge italiana, è straniera. «La realtà – aggiunge – è più sfaccettata: molti di loro sono in Italia da anni e il 60% di minorenni stranieri sono nati nel Belpaese. Sono italiani a tutti gli effetti: quando litigano danno del “pirla” agli amici, come da buon manuale milanese…». La mancata candidatura del ragazzo di origine pachistana, per Gaiotto è «un tassello negativo in una bella campagna elettorale. È la miopia della legge italiana che respinge un cittadino che non chiede, ma ci mette la faccia e vuole impegnarsi. Così respingiamo il senso di appartenenza del 23% della nostra comunità, ma questa è una scelta che riguarda anche il restante 77%. Qui, noi abbiamo stabilito che gli stranieri regolarmente residenti possano votare alle primarie e ai referendum comunali: Pioltello ci è già arrivata, speriamo presto anche l’Italia…».