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Così cambia l'omnibus Lorenzin

Written by Emilia De Biasi.

Emilia De Biasi
Intervista di Paolo Del Bufalo e Roberto Turno a Emilia De Biasi, Presidente della Commissione Sanità del Senato per Il Sole 24 Ore/Sanità.
Il presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato Emilia Grazia De Biasi spiega: il Ddl Lorenzin diviso in due e via libera alla prima tranche prima dell’estate. Poi sprint alla donazione di sangue da cordone ombelicale, autismo,malattie rare e responsabilità professionale.
Il Parlamento non è in stallo: la commissione Igiene e Sanità ha pronta una serie di provvedimenti che entro l’estate avranno la loro svolta. E tra questi c’è il Ddl Lorenzin, che sarà spacchettato con la prima parte già approvata entro l’estate. Non ha dubbi sulla capacità di chiudere in fretta le partite più importanti Emilia Grazia De Biasi, presidente della Igiene e Sanità di Palazzo Madama (e relatrice dell’“omnibus”).
Che mette in guardia Regioni e Governo dal trattare un Patto per la salute basato su un Titolo V che ormai non c’è più, con il ritorno, che giudica positivo, della sanità tra le braccia dello Stato. E sui risparmi parla chiaro: «L’operazione si chiama “di qui non esce uno spillo”.Non è pensabile - dice - che la sanità sia ulteriormente penalizzata: un Ssn pubblico, universale e solidale non si può reggere sui continui tagli».
Presidente, da che c’è il Titolo V il Parlamento è rimasto molto ingabbiato e se non fosse stato per i decreti legge si sarebbe prodotto poco.
Ma non è colpa del Titolo V in questo caso. Semmai lo è più dei Governi. Resta il fatto che il Parlamento è stato residuale in questi anni. Sono d’accordo. Diciamo però che abbiamo utilizzato questo tempo, in parte imposto, per procedere a indagini conoscitive che sono tra i nostri compiti. Un tempo molto piccolo, visto che abbiamo dovuto correre sui decreti. Con un problema: quello della deliberazione informata. Un conto è la velocità, altro è la possibilità di decidere avendo cognizione di causa che naturalmente comporta anche un approfondimento.
La fretta che ha Renzi di far lavorare il Parlamento non depone bene in questo senso...
C’è anche un elemento di verità in quello che dice Renzi: c’è stato molto tempo a disposizione nel passato e le riforme non si sono fatte.
Quali sono i provvedimenti su cui la commissione lavorerà più celermente?
Ci sono quelli già incardinati e istruiti come la donazione di sangue da cordone ombelicale che credo entro Pasqua sarà licenziato. Poi quello sull’autismo, su cui abbiamo varato il testo base ed entro Pasqua si presenteranno gli emendamenti. Ancora, per le malattie rare il testo base sarà pronto a maggio. Incardinato, ma molto indietro, è invece il Ddl sulle medicine non convenzionali. Ci sono poi tre indagini conoscitive: Stamina, corposa e difficile, su cui siamo al finale; il rapporto tra ambiente e tumori in Campania; la sostenibilità del Ssn, per la quale è terminata la prima fase e la seconda vorrei fosse dedicata alle buone pratiche: sperimentazioni ed esempi in Italia di buona sanità.
Poi quello che aspettate dalla Camera.
Certo. Anzitutto il provvedimento sulla responsabilità medica, su cui abbiamo un Ddl di cui è primo firmatario Amedeo Bianco. L’altro è quello sulla dipendenza da gioco patologico: una vera “dipendenza”, che per questo devetrovare spazio nei Sert, che dovrebbero tornare, degnamente, nell’ambito del ministero della Salute.
E poi i decreti...
Quello su droga e off label è alla Camera. E quello che abbiamo noi sulla “triste proroga” del superamento degli Opg. Un tema su cui abbiamo spinto moltissimo perché tutto avvenisse nei tempi, e lo abbiamo fatto già sei mesi fa, quando abbiamo chiesto alle Regioni di presentarsi in audizione. Ci hanno risposto che non eranopronte e si sono presentate solo a ridosso della scadenza: se qualcosa hanno fatto è stato comunque insufficiente.
Cosa serve agli Opg?
Che nell’anno di proroga ci sia un “riempimento” del decreto, per non arrivare a un’altra proroga. Non possiamo pensare che il superamento degli Opg sia solo una questione di urbanistica per la costruzione delle strutture. Se fosse solo questo passeremmo da un grande Opg a tanti piccoli Opg. Serve invece fare ciò che finora è mancato: un’analisi qualitativa delle persone rinchiuse. Ci sono casi di individui che per reati davvero minori sono rinchiusi anche da trent’anni, mentre altri sono pericolosi per la comunità ed è giusto che rimangano in una struttura penitenziaria. Ci sono poi anche quelli che potrebbero uscire, ma non sanno dove andare: servono comunità che siano elemento di mediazione tra queste persone e il mondo esterno. È evidente che per fare tutto c’è bisogno di una cabina di regìa tra Giustizia, Regioni e Salute. Ma c’è anche il problema della magistratura: vorrei capire a esempio perché per Stamina continuano ad autorizzare le cure, ma per gli Opg non fermano i ricoveri. Non va bene.
Ed eccoci al Ddl Lorenzin, di cui è relatrice. Quali tempi e modalità prevede?
Vogliamo spacchettarlo in due. E per farlo ci sarà il voto dell’aula, su cui c’è già accordo tra tutti i partiti e col ministro. Abbiamo deciso alcune priorità. Vanno messi nella prima tranche gli articoli fino al 10, escludendo il 9 sugli enti vigilati dalla Salute: da solo richiede tempo, come a esempio quello per la riforma di Aifa, che dovrà avere competenze e funzioni aggiornate. Nella prima parte ci saranno sperimentazione clinica, aggiornamento dei Lea sul dolore da parto, riordino di Ordini e professioni e ordinamento di quelle di biologo e psicologo, esercizio abusivo della professione, circostanze aggravanti per i reati contro la persona commessi sui ricoverati, farmacisti e farmacie, dirigenza sanitaria della Salute per aiutare la riorganizzazione del ministero. E poi la formazione medica specialistica, perché è ora di finirla; servono risorse per gli specializzandi e vanno trovate per non costringerli a specializzarsi all’estero lasciando a noi i “residui” del resto del mondo.
Che tempi prevede?
Entro l’estate il primo sì del Senato alla prima parte, anche con molte audizioni preliminari. Le faremo di sera perché di giorno non c’è tempo.
Che perplessità ha sul Ddl Lorenzin?
Le perplessità non sono nostre, semmai vengono dall’esterno e da un dibattito falso sull’ordinistica: non è vero che l’Europa non vuole Ordini. Ma allora, se dobbiamo abolirli li si abolisca tutti.
Altrimenti si riconoscano tutti.
Non sarebbe il caso di prevedere anche una maggiore capacità di intervento degli Ordini sulle sanzioni ai professionisti?
Questo è già ben scritto nel Ddl sulla responsabilità di Amedeo Bianco e la cosa confluirà lì. Ma i medici già lavorano su questo tema e, a esempio, abbiamo sentito in questo senso la scorsa settimana, nell’ambito delle audizioni su Stamina, il presidente dell’Ordine di Brescia. Ma mi domando: per quale motivo l’obiezione di coscienza dei medici di Brescia è stata più volte a rischio di sanzione,mentre imedici obiettori della 194 continuano indefessi senza nemmeno un accertamento su dove arriva la sacrosanta obiezione e dove invece entrano in gioco “promozioni sul campo” come contropartita all’obiezione?
Intanto avanza a grandi passi il Patto. Cosa ne pensa?
Vorrei capire bene in cosa si sostanzia. In mezzo c’è il nuovo TitoloV e ho un’idea molto precisa al riguardo: non è possibile proseguire con 21 modelli sanitari difformi. Un conto sono le diversità territoriali, altro la difformità che porta alla disuguaglianza. Non è possibile che a seconda di dove si vive, si sia curati di più o di meno.Ci vuole un equilibrio tra Stato e Regioni. E lo Stato deve pesare anche più del passato.
Il Patto, quindi, va costruito in base al nuovo Titolo V.
È inevitabile, a meno di non voler fare un Patto che poi si deve rifare.
Mette in guardia Governo e Regioni che vanno a grandi passi?
La sovrapposizione di funzioni è letale e c’è il tema dei costi standard da analizzare con cura, senza troppa fretta. Spero che all’interno del Patto questa vicenda venga chiarita. Prendiamo a esempio le Regioni in piano di rientro: con i costi standard sono morte. Prima di prendere decisioni bisogna capire capire bene, prima di tutto, il tema della qualità delle prestazioni. Diversamente rischiamo di arrivare al punto opposto, cioè di ridurre la qualità in alcune aree come a esempio quelle montane dove non è pensabile centralizzare le prestazioni. Per questo non ci si può “schiacciare” sui costi standard.
Descriva una sua spending review.
Al momento della sua nomina abbiamo subito convocato Cottarelli. Ha ascoltato tutti con attenzione, ma non mi pare che i risultati siano emersi. I paletti sono chiari. Primo: ogni euro risparmiato in sanità deve restare nella sanità. L’operazione si chiama “di qui non esce uno spillo”.Non è pensabile che la sanità sia ulteriormente penalizzata perché un Ssn pubblico, universale e solidale non si può reggere sui continui tagli. Altra cosa per risparmiare sono invece le centrali di acquisto su cui si può ragionare. Lavorerei poi molto anche sulla riorganizzazione ospedale-territorio dove si può davvero razionalizzare. E bisogna capire anche cosa accade nel settore amministrativo, dove torna il tema dell’analisi qualitativa. Ancora, le norme sulla nomina dei direttori e i farmaci, argomento molto spinoso. Bisogna ragionare un po’ meglio, a esempio, su quelli innovativi. C’è un protocollo di raccordo tra Aifa e prontuari regionali con tempi di attesa anche di due anni. Questo è uno spreco: la persona che deve usare quel farmaco rischia, ed è un danno alla salute pubblica. Ma c’è anche, preliminarmente, la necessità improrogabile di definire cos’è l’innovatività del farmaco, che deve essere terapeutica sennò che innovazione è? Poi naturalmente, alla base di tutto, cure e risparmi, c’è la prevenzione, un capitolo dove c’è ancora molto da scrivere.
E la sanità rispetto all’Europa?
C’è il semestre europeo e vorrei capire quali asset proponiamo. E c’è la partita sfinente dei Dlgs di attuazione delle direttive Ue: qui vorrei capire che ricaduta hanno rispetto alla loro applicazione effettiva. La ricerca, a esempio:diciamo all’Europa che l’Italia si impegna? Se lo fa, però, non deve essere nella ricerca applicata, ma in quella di base che da noi è dimenticata, con un danno economico e di sviluppo gravissimo. Poi ci sono ancora le specializzazioni dei giovani medici: siamo in grado di essere capofila nel campo dell’innovazione dei programmi e della specializzazione in Europa? Un protocollo d’intesa tra ministeri un po’ più cogente di quelli attuali non sarebbe forse il caso di farlo?
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