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La Legge di Bilancio che non c'è

Written by Alan Ferrari.

Alan Ferrari
Intervento in Senato in seguito all’illustrazione della Legge di Bilancio del Governo giallo-verde fatta dal premier Conte.

Signor Presidente, ogni falsità è una maschera e, per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre a distinguerla dal volto. Per la prima volta, signor Presidente del Consiglio, per quanto lei si sforzi, lei qui è nudo, senza la maschera.
Lei è qui, peraltro, perché noi l'abbiamo obbligata a venire. L'abbiamo obbligata a rispettare il Parlamento italiano, l'unico luogo deputato ad approvare la legge di bilancio. Lo sa che giorno è oggi, presidente Conte? Oggi è il 19 dicembre: questo significa che, per ben due mesi, il Parlamento non ha visto nemmeno una riga della legge di bilancio, non ne ha approvato neanche mezzo articolo.
Allora riavvolgiamo il nastro di questa pellicola, che - ahimè - non vincerà alcun premio. Era il 28 settembre quando il suo vice presidente Luigi Di Maio si affacciava dal balcone di Palazzo Chigi, con la faccia stravolta, per festeggiare l'intesa raggiunta sulla manovra al 2,4 per cento del PIL. Di Maio la definì la manovra del popolo, che per la prima volta nella storia di questo Paese avrebbe cancellato la povertà grazie al reddito di cittadinanza (per il quale c'erano 10 miliardi di euro). Per Salvini, l'altro suo vice presidente, era la manovra del cambiamento, con tasse abbassate al 15 per cento per più di 1 milione di lavoratori e diritto alla pensione per almeno 400.000 persone. Le parole d'ordine erano tutte contro l'Europa.
Di Maio, forte della sua arroganza politica, disse addirittura: il 2,4 non si tocca, altrimenti faremo cadere il Governo. Lei, presidente Conte, ricorda che cosa è accaduto dal giorno dopo? È successo che i mercati sono impazziti, che lo spread è schizzato alle stelle superando costantemente quota 300 punti base. Lo ricorda, Presidente? Mi permetta quindi una domanda, forse ingenua: chi paga i danni che avete prodotto in quei giorni di follia allo stato puro? Perché avete ingaggiato un braccio di ferro con l'Europa intestardendovi su dei valori che non potevate permettervi e sapevate di non potervi permettere?
L'avete voluta definire «manovra del popolo»: preciso. Mai più precisi, signor Presidente: è proprio la manovra del popolo, perché mai come oggi è proprio il popolo a pagare. Ha il coraggio di dire agli italiani che, nel bel mezzo di questa vostra irresponsabile recita, ci sono 50.000 posti di lavoro in meno in questo Paese? Che stiamo pagando un miliardo e mezzo in più di interessi sul debito e che sono aumentati di conseguenza i mutui per le imprese e le famiglie? Ha il coraggio di dire che la produzione industriale è calata e che l'Italia tende alla decrescita?
Ecco, mentre accadeva tutto questo in questi mesi, voi siete passati dalla guerra all'Europa al cappello in mano. È successa una cosa incredibile: dai diktat fortissimi e feroci contro l'Europa, siete finiti a farvi scrivere la manovra, virgole comprese, da quelli che chiamava i tecnocrati di Bruxelles. Avete avviato una prima lettura alla Camera completamente falsa, un testo ancorato ancora il 2,4 per cento che, dal giorno successivo all'approvazione a Montecitorio, è diventato carta straccia.
Poi siete venuti a balbettare al Senato. Bruxelles non vi aveva ancora corretto il compitino e intanto i giorni passavano e voi non sapevate cosa dire di fronte ad un ritardo che aveva e che ha dell'incredibile. È letteralmente la prima volta che la legge più importante dello Stato ha una natura completamente extraparlamentare e viene scritta riga per riga dall'istituzione europea; è la prima volta. Altro che sovranisti, altro che mai arretrare, presidente Conte! È così vero, guarda caso, che i due vice presidenti Salvini e Di Maio, oggi non sono al suo fianco in questa informativa cruciale per la storia di questo Paese.
Ed ora eccoci qui. Ieri la nostra richiesta, del Partito Democratico e delle opposizioni, l'ha costretta a rivedere la sua agenda, a venire in quest'Aula e a venire in Parlamento. Sa, questo luogo si chiama Senato della Repubblica, presidente Conte, e questo luogo aspetta ancora le risposte che fino ad ora lei non ha dato. Lei ci deve dire chi paga i miliardi dati in fumo per la vostra follia. Ci deve dire quali tagli avete operato per rispettare gli ordini della Commissione: 10 miliardi in meno di quanto avevate propagandato nei giorni scorsi.
A breve avremo forse l'onore, finalmente, di poter leggere la vostra manovra; più che vostra, quella di Junker. Ne parleremo nelle prossime ore, però nulla potrà più cambiare il giudizio del Partito Democratico su questa pagina nerissima del Governo: un giudizio drastico, perché il suo, presidente Conte, lo dico con rispetto, senza maschera è il volto di un pugile affaticato che non è finito al tappeto semplicemente perché ha lasciato il ring; il problema è che ha lasciato l'Italia fuori dal ring, a scappare da quel ring.
Nella vita tutto è perdonabile, ma lei è il Presidente del Consiglio, e al Presidente del Consiglio del nostro Paese non potremo mai perdonare di avere, in soli sei mesi, compromesso l'immagine di un Paese stimato da tutto il mondo per la sua umanità, di aver isolato l'Italia in un mondo che corre, di aver soprattutto preso in giro ogni giorno gli italiani rendendoli perlopiù più poveri.
Noi non glielo perdoneremo e l'Italia non lo permetterà più.
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